Society | Giornalismo

Cominciare a far pagare i contenuti online

Stefano Feltri, vicedirettore de Il Fatto Quotidiano, cerca di immaginare il futuro dei media parlando con gli studenti dell'Università di Trento.

Il dibattito sui contenuti online a pagamento per i lettori è atavico. La scelta del Corriere della Sera e quella che intraprenderà Il Fatto Quotidiano sembra però aver dato una direzione al dibattito.

Stefano Feltri, classe 1984, non è figlio di Vittorio Feltri ed ai ragazzi accorsi a Sociologia a Trento ha fatto capire come nella sua esperienza nel mondo del giornalismo abbia trovato un 50% di raccomandati ed un 50% di persone che ce l'hanno fatta con la propria forza ed il proprio impegno.

Incalzato dal professor Claudio Giunta il giornalista modenese ha cominciato spiegando qual è la sua dieta mediatica: «leggo poca carta, mi piacciono soprattutto le newsletter, come quella de IlPiù (Gruppo Internazionale), i riassunti di Good Morning Italia, il playbook de “Il Politico”, Financial Times ed Economist». Tra ciò che non piace a Feltri «gli articoli dove si leggono i retroscena politici, scritti per interessi di pochi e che non interessano ai lettori».

Nel mondo del giornalismo in cambiamento, «quello che resta, quello che cambia, quello che sparisce» è il titolo del ciclo di incontri proposto dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, anche i think tank fanno giornalismo, mentre

«una volta organizzavano noiose tavole rotonde. Molti propongono informazione qualificata, come Ispi, Brooklyn Institute, European Council of Foreign Relations, Centre for European Policy Studies, Bruegel».

Tra il “cosa cambia” nell'editoria Feltri vede le stesse regole dell'economia, quelle della domanda e dell'offerta e spiega come oggi pochi grandi giornali possano permettersi degli inviati internazionali. Cambiano i tempi di lavoro, ad esempio Il Fatto Quotidiano chiude tra le 22 e le 22.30, con il giornalista che scrive su carta che ha un orario dalla tarda mattinata fino alla prima serata. Mentre online si comincia alle 8.30 del mattino, i maggiori click provengono durante l'orario d'ufficio, quindi vi è un calo e l'interesse torna a salire dopo cena.

Complesso riuscire a lavorare creando un modello di business indipendente. «Oggi ad esempio i giornali – spiega Feltri – non raccontano molte attività di lobbying sul governo Renzi. Per molti anni inoltre ad esempio non si scriveva mai di Eni, che ai bei tempi aveva a disposizione un bilancio di 100milioni di euro annui per pubblicità e pubbliche relazioni».

Come cambiare? Feltri cita il caso del Boston Globe, che ha sganciato per sei mesi dalla propria redazione quattro giornalisti che hanno prodotto un'inchiesta poi diventata film, “Spotlight” sugli abusi verso i minori all'interno del clero.

«Se i giornali cartacei non fanno così finiscono stritolati da quelli online. La domanda è se la gente è disposta a pagare per i contenuti online di qualità. Il margine c'è, sono fiducioso».

Si passa quindi a la storia de www.ilfattoquotidiano.it, esperienza nella quale giornale cartaceo e giornale online sono scollegati. «Nel 2009 l'avventura è partita con una forma di crowdfunding e con il blog “L'antefatto”. Vennero sottoscritti 30mila abbonamenti. Il pubblico segue sulla carta Antonio Padellaro e Marco Travaglio, mentre Peter Gomez ha reso il giornale online il terzo o quarto sito italiano di categoria».

Quasi 400mila sono gli utenti unici giornalieri di www.ilfattoquotidiano.it, con 2milioni di fans su Facebook. «Il punto critico rimane il fatto che il sito costi 4milioni di euro e ne incassi 3. Sulla carta stanno scendendo molto le vendite, una volta erano fino a 70mila giornaliere, oggi arriviamo a 40mila, tra le quali 10mila abbonati». Feltri spiega che «i giornali mediamente hanno una resa del 50% e attualmente chiudono edicole e falliscono ditte di distribuzione. Il Fatto Quotidiano vende molto poco da Roma in giù mentre va bene in Sardegna».

Sul web secondo il vicedirettore de Il Fatto Quotidiano è da archiviare il

«modello dei click che non funziona. In una fase intermedia, che è in corso attualmente, sembrava che funzionassero i video da 10 secondi».

La terza fase è quella del pagamento dei contenuti online. «www.corriere.it ha messo un paywall per chi supera i 20 articoli al mese, dichiarando di aver avuto nel primo mese 26mila abbonati. E il Corriere ha una dimensione da poter fissare uno standard anche per altri media».

Il Fatto Quotidiano fra un mese lancerà la sua strategia di rilancio, puntando sul proprio essere “giornale comunità”. «Ci saranno delle formule di abbonamento – spiega Feltri – alle quali saranno collegati degli sconti. In una sezione del sito vi saranno dei contenuti Premium con un pagamento iniziale molto basso».

Nel modello comunità sono compresi anche delle esperienze dal vivo, un programma di corsi legati al giornalismo da tenere a Milano (social media management) ed a Roma (banche dati, cronaca giudiziaria, querele), pubblicazione di libri da parte dei giornalisti de Il Fatto Quotidiano.

Il FQ ha portato in Italia anche il modello Huffington Post dei blog tenuti dagli utenti, prima ancora che venisse aperta l'esperienza di Huffington Post Italia. «I blog non sono pagati, per anni prima dell'esplosione di Facebook chi aveva da dire qualcosa lo faceva attraverso i blog. È stato un fattore che ha guidato la nostra crescita nell'epoca nella quale si guardavano molto i click».

Oggi l'editoria nazionale è in una fase di profondi cambiamenti anche negli assetti proprietari, con l'Espresso che acquisirà La Stampa ed Il Secolo XIX, la Fiat che non sottoscriverà l'aumento di capitale del Corriere della Sera, la cessione del ramo libri di Rcs per 120milioni di euro a Mondadori, una possibile vendita della Gazzetta dello Sport.

«Con un settore molto concentrato – afferma Feltri – lo spazio per noi può aumentare, visto anche che i giornalisti saranno più vincolati».

Il Fatto Quotidiano è una spa, con piccoli imprenditori e quattro giornalisti soci: Lillo, Gomez, Padellaro, Travaglio. «Si è sviluppata una governance nella quale i giornalisti hanno potere di veto sulla parte editoriale».

Feltri ha quindi raccontato come ce l'ha fatta a diventare giornalista, definendosi «il più nuovo dei vecchi». Dalle collaborazioni al liceo con La Gazzetta di Modena fino alla scelta degli studi universitari in Bocconi, seguendo il consiglio di «non studiare giornalismo, ma sviluppa una conoscenza in qualche campo». Feltri l'economista passa poi per la gavetta a Radio24, quindi l'Erasmus a Parigi con la collaborazione per Il Foglio. «Cercavo di riuscire a crearmi buone occasioni». Poi è venuto lo stage a Roma a Il Foglio, quindi un anno a Il Riformista e infine l'approdo a Il Fatto Quotidiano.

Feltri considera utili le Scuole di giornalismo solo per l'opportunità che danno di fare stage all'interno dei giornali. Cerca quindi di delineare una figura del giornalista del futuro.

Un libero-professionista con grande flessibilità, che sa costruirsi una reputazione online. Un professionista che punta su enormi economie di scala, vedendo una storia per un blog, per un libro, per il teatro, come progetto nelle scuole, immaginandosi come consulente su una determinata materia. Feltri ha citato il caso di Gabriele Del Grande, che scriveva di migranti quando non c'era ancora così tanto interesse ed ha fatto con “Io sto con la sposa” un film che è stato premiato al Festival di Venezia. L'obiettivo quindi è anche quello di cercare di sviluppare competenze che ai giornali mancano.

Feltri infine dà quattro suggerimenti ai giornalisti per evitare guai giudiziari, vista anche l'ampia esperienza in materia raccolta a Il Fatto Quotidiano: sentire sempre la controparte per far sì che non ci sia una verità sbilanciata, non usare aggettivi, non cercare di “collegare puntini” unendo vari elementi di una storia, evitare documenti artefatti le cosiddette “polpette avvelenate”.

Il percorso dedicato al giornalismo in Unitn continuerà mercoledì 9 marzo in aula Andreatta alle 18 con Luca Sofri, direttore de Il Post. Quindi l'8 aprile alle 17 in aula Kessler sarà la volta di Giovanni de Mauro, direttore di Internazionale, il 13 alle 17 in aula Kessler di Claudio Cerasa direttore de Il Foglio, il 22 alle 17 sempre in aula Kessler di Giovanni Caprara, ex responsabile della redazione scientifica del Corriere della Sera.