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Violoncellisti alla corte di Napoli

Il solista e compositore Giovanni Sollima è a Bolzano con un programma che è quasi un grande omaggio alla Napoli borbonica, con tante, tante chicche.
Sollima
Foto: Shobha

C’era una volta, alla corte di Napoli, un violoncellista di nome Gaetano Ciandelli...Potrebbe incominciare così questa storia che stranamente per una notte, il tempo di un concerto, si intreccerà con le vite del pubblico bolzanino di appassionati di musica classica, o per lo meno di quelli che decideranno di andare ad ascoltare l’Orchestra Haydn all’Auditorium il 5 aprile alle ore 20.00.

Di motivi per essere presenti a questo concerto ce n’è in realtà più d’uno. Il primo è Giovanni Sollima, personalità unica nel panorama violoncellistico italiano che sarà presente sul palco nelle vesti di solista e di direttore. Stiamo parlando di un violoncellista di fama internazionale nonché il compositore italiano più eseguito al mondo. Scorrendo il suo curriculum si trovano i nomi di molti dei più grandi musicisti degli ultimi decenni – Riccardo Muti, Yo-Yo Ma, Mario Brunello, Yuri Bashmet, Katia e Marielle Labeque... - e le sue collaborazioni spaziano dalla musica classica alla musica leggera e al jazz, con nomi come Patti Smith, Paolo Fresu, Stefano Bollani, Elisa e molti altri. Senza dubbio il suo è un animo sperimentale, amante della contaminazione e dell’esplorazione di nuovi territori sonori ed artistici.

 

 

Un secondo buon motivo per non perdersi questo concerto è il programma. E qui torniamo a Gaetano Ciandelli. Ai più questo nome è certamente sconosciuto, eppure questo musicista è stato un vero iniziatore della scuola violoncellistica italiana, allievo prediletto di Paganini che in lui vedeva “un altro me”. Un Paganini del violoncello insomma, che di recente è stato oggetto di una vera e propria ricostruzione da parte della storica Enrica Donisi nel libro “La Scuola violoncellistica di Gaetano Ciandelli”.

Incuriosito dalla sua figura Sollima, che è a sua volta un musicista centrale per la scuola violoncellistica contemporanea come insegnante della prestigiosa Accademia Nazionale di Santa Cecilia, ha recuperato il manoscritto del Concerto per violoncello in do maggiore, databile tra il 1790 e i primi anni dell’Ottocento e lo ha trascritto in notazione contemporanea contemporanea riportandolo quindi alla luce dopo più di due secoli.

“Il virtuosismo e un certo temperamento appaiono in modo dirompente fin dall’introduzione orchestrale”, racconta Sollima a proposito di questa partitura che verrà eseguita a Bolzano il 5 aprile. “E poi, un paio di chicche; il movimento lento è incorniciato da due brevi recitativi di tipo operistico e il Rondò/Presto è di grandissimo effetto”.

Un privilegio straordinario questo, poter riascoltare dopo secoli una partitura che la fine dei fasti napoletani e la caduta dei Borbone aveva sepolto insieme a molte altre cose dimenticate e che ora risuona di nuovo nelle nostre sale da concerto, eseguita da uno dei più grandi violoncellisti italiani dei nostri tempi.

 

 

 

Oltre a Ciandelli il programma prevede il Concerto per violoncello in re maggiore di Joseph Haydn, scritto non molti anni prima, nel 1783, e uno degli ultimi concerti del compositore austriaco. Senz’altro uno dei più noti pezzi del repertorio, il concerto di Haydn è altrettanto virtuosistico, con una prominente parte solistica che si concentra sulle potenzialità cantabili e timbriche dello strumento.

Non potevano ovviamente mancare con Sollima sul palco, le sue composizioni. Ne ascolteremo due, la prima Hide In Orchestra è una minuscola sinfonia ispirata ad Haydn, in cui seguendo il suo schema sinfonico Sollima riorganizza materiale vario, frammentato. “Essendo io irrimediabilmente del sud, mi sono azzardato ad allacciare antichi legami”, spiega il compositore. “Haydn e Napoli, pensando anche e soprattutto a Ferdinando IV di Borbone, suonatore di Lira organizzata, strumento (e suonatore incluso) per il quale Haydn scrisse diversi lavori”.

Su Fecit Neap 17, il secondo brano di Sollima in programma, il compositore dice “Il brano si riallaccia al glorioso ‘700 della Cappella Vicereale di Napoli, ovviamente allontanandosi anche tanto, tra modi intervallari e poliritmia, dato che mi spingo un pochino più ad est e più a sud”.

E quanto al titolo anche qui il riferimento è tanto sofisticato quanto efficace: “trae spunto da una delle tante etichette che i liutai dell’epoca preparavano da riempire successivamente, spesso utilizzando i nomi di altri liutai (Stradivari incluso), insomma un sublime concetto di fake che mi ha affascinato”.

Insomma un programma che è quasi un pastiche dal sapore borbonico e dal gusto virtuosistico, con cui Sollima promette di regalarci un concerto memorabile, probabilmente uno dei più belli di questa stagione.