Politics | LibreOffice

Quando mancano gli argomenti…

La Provincia di Bolzano, in assenza di argomenti, giustifica il passaggio a Microsoft Office 365 con affermazioni che offendono la comunità open source.
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.

Ho letto con costernazione e sincera preoccupazione l'articolo "Lo sanno anche loro che LibreOffice non va", in quanto le offese - nemmeno velate - alla comunità del software libero che esso contiene, dimostrano, se mai ce ne fosse stato bisogno, su quali basi poggia la decisione di usare Microsoft Office 365 nella Provincia di Bolzano. Mi aspetto una smentita ufficiale, accompagnata da un messaggio di scuse che riporti la discussione nell'ambito della civile convivenza.

Prima di tutto, chiedo di motivare la decisione di affidare uno studio sull'adozione di un software di produttività a un partner di Microsoft, che propone una delle soluzioni in questione, e totalmente estranea al mondo del software open source, nonostante le dichiarazioni - prive di qualsiasi evidenza - del signor Christoph Moar.

A tale proposito, chiedo al signor Christoph Moar di produrre le evidenze necessarie a giustificare le sue affermazioni, relative all'attività nel mondo del software open source, ovvero il codice sorgente delle applicazioni sviluppate dalla ditta Alpin, insieme alle licenze open source riconosciute da Open Source Initiative (OSI) con cui le applicazioni stesse vengono rilasciate.

Ovviamente, uno studio di parte non poteva che omettere le informazioni sull'utilizzo nella pubblica amministrazione di LibreOffice, e quelle su tutti i problemi di qualità, sicurezza e interoperabilità che caratterizzano Microsoft Office.

Siccome ritengo che sia interesse della comunità venire a conoscenza di tali informazioni, cercherò di esporle usando un linguaggio comprensibile a tutti, rimanendo a disposizione per qualsiasi approfondimento.

Anche perché le informazioni consentiranno a tutti i cittadini di fare le loro valutazioni in sede elettorale sull'opportunità - o meno - di rieleggere coloro che hanno preso la decisione di passare a Microsoft Office 365, con un aggravio ingiustificato dei costi e una serie di interrogativi aperti sulle motivazioni tecniche.

Cominciamo da LibreOffice, che viene utilizzato da anni dalla pubblica amministrazione francese su circa 500.000 personal computer, senza che questo pregiudichi il funzionamento dei 15 ministeri che lo hanno adottato in sostituzione di Microsoft Office. E se questo non basta, aggiungiamo il Ministero della Difesa in Olanda con 45.000 PC, il sistema degli ospedali di Copenhagen in Danimarca con 25.000 PC, la città di Monaco di Baviera in Germania con 15.000 PC passati addirittura a GNU/Linux e non solo a LibreOffice. Tutti stupidi, o tutti fenomeni?

Senza citare il Ministero della Difesa in Italia, che sta migrando da Microsoft Office a LibreOffice, e sta già usando LibreOffice su un numero di PC superiore a quello presente nell'intera Pubblica Amministrazione della Provincia di Bolzano. E senza citare le PA italiane che sono migrate a LibreOffice dal 2011 a oggi: in ordine alfabetico, senza fare nessun tipo di ricerca, le province di Cremona, Macerata, Milano, Perugia e Trento, e i comuni di Piacenza, Reggio Emilia, Scandiano e Todi.

Per completare la lista, ci sono anche delle Aziende Sanitarie, ma eviterei di infierire, visto che dal software open source a Microsoft Office 365 è passato solo il Comune di Pesaro con 600 postazioni.

LibreOffice funziona, e funziona molto bene. Quando non funziona, il problema non sta nel software ma nel metodo con cui è stata affrontata la migrazione. I gruppi Leitner e Rubner, che - stando all'articolo - sono passati da OpenOffice a Microsoft Office 365, avrebbero fatto bene a provare LibreOffice, seguendo la metodologia di migrazione suggerita da The Document Foundation.

Che LibreOffice funziona non lo dicono solamente quelli che lo utilizzano, ma anche i dati di studi indipendenti che attestano la qualità del software [1] e il ridotto numero di vulnerabilità [2].

Per chi non ha dimestichezza con la tecnologia, le vulnerabilità sono quei problemi di un software - o dei file dello stesso software - che permettono ai malintenzionati di sferrare un attacco per impadronirsi dei dati oppure per trasmettere un virus o un altro tipo di malware, costringendo il PC vittima dell'attacco a un fermo o a un malfunzionamento.

Naturalmente, il numero delle vulnerabilità è legato a quel Total Cost of Ownership che gli esponenti di Microsoft citano molto spesso, omettendo però di metterlo in relazione con la qualità e la sicurezza del software, che rappresentano un costo importante. Intendiamoci, la sicurezza non è un vantaggio competitivo, per cui non ci sentirete mai parlare della sicurezza di LibreOffice rispetto a quella degli altri software, a meno che ci siano confronti di parte che ignorano il problema [3].

Ma il problema più grosso di Microsoft Office è un altro, ed è rappresentato dal formato non standard dei documenti che si traduce in un aggravamento dei costi di interoperabilità e di sicurezza, in quanto si tratta - secondo una ricerca Symantec del 2011 - del formato più usato per la trasmissione di malware [4].

Lo studio ignora il problema dei formati di Office 365 (che sono gli stessi di Microsoft Office, ovvero - in questo specifico momento, dato che il formato è leggermente diverso per ciascuna versione del software - OOXML Transitional 2016), e cita ODF in modo velatamente negativo nell'area relativa alla migrazione di Monaco di Baviera, dove parla del livello di adozione dello stesso ODF in Germania, quando il livello di adozione non ha nulla a che vedere con i vantaggi di un formato e gli svantaggi di un altro, anche se più diffuso.

E infatti, il problema dei formati di Microsoft Office è talmente grave che quattro governi in Europa (in ordine cronologico: Olanda, Regno Unito, Svezia e Francia) e uno in Asia (Taiwan) non ne consentono l'utilizzo per la Pubblica Amministrazione, e adottano in loro vece proprio il formato standard e aperto ODF, per le sue caratteristiche superiori.

Una volta chiariti i punti relativi a qualità, sicurezza e interoperabilità del software, rimane aperto il problema della confidenzialità dei dati gestiti in modalità cloud, che rappresenta un grosso interrogativo quando i dati sono quelli dei cittadini, e rientrano nella sfera personale di ciascun individuo.

Peraltro, sembra che il cloud - nella realtà - sia solo il paravento per una decisione che riguarda un'applicazione identica a LibreOffice, visto che la delibera stessa afferma che l'infrastruttura di rete della Provincia di Bolzano non è pronta per il cloud. E allora, quali sono i veri motivi di una scelta che sulla base del buon senso sembra solo costosa e inopportuna?

E perché affidare a un potenziale fornitore un'analisi comparativa che dovrebbe essere imparziale?

Italo Vignoli
Fondatore del Progetto LibreOffice
Presidente Onorario di Associazione LibreItalia
Director di Open Source Initiative (OSI)

[1] Il servizio Coverity Scan rileva per LibreOffice un numero di problemi inferiore alla media di tutti i software, open source o proprietari, intorno a 1 per milione di linee di codice sorgente, contro una media di 1 ogni 1.000 linee per il software open source e 1 ogni 1.200 linee per il software proprietario. Quindi, la qualità del codice sorgente di LibreOffice è superiore di almeno un ordine di grandezza rispetto alla media, e sarebbe opportuno conoscere il numero dei problemi di Microsoft Office (che non è disponibile, perché nessun software proprietario rilascia i suoi dati analitici).

[2] Secondo il National Vulnerability Database, gestito dal National Institute of Standards and Technologies (NIST) del Governo degli Stati Uniti, negli ultimi tre anni Microsoft Office è stato affetto da 144 vulnerabilità (15 negli ultimi tre mesi), mentre LibreOffice è stato affetto da 10 vulnerabilità (2 negli ultimi tre mesi).

[3] La letteratura sui costi della sicurezza è molto ampia. Cito solo un articolo del Sole 24 Ore e uno di Wired, oltre allo studio annuale di Symantec.

[4] Una percentuale superiore al 75% delle vulnerabilità di Microsoft Office è legata proprio a problemi dei file DOC, XLS, PPT, DOCX, XLSX e PPTX (questa affermazione trova conferma in un'analisi più attenta del database del NIST).

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Massimo Mollica Wed, 05/04/2016 - 10:57

Sottoscrivo in pieno quanto affermato dal sig. Italo Vignoli.
Faccio notare la modalità, oltre il contenuto, di come è stata esposta la sua tesi.

Wed, 05/04/2016 - 10:57 Permalink
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Hugo Leiter Wed, 05/04/2016 - 15:50

LibreOffice è in uso presso almeno 50 amministrazioni pubbliche (> 2.500 utenti) in Alto Adige. Tra i più grandi utilizzatori figurano l’azienda Servizi Sociali di Bolzano, il Comune di Bolzano, di Appiano, di Egna e le Comunità Comprensoriali. In tutto il mondo si stima che ci sono ben oltre 10 milioni di utenti, tra cui il Comune di Monaco (oltre 10.000 PC), la Peugeot Citroën, la “Gendarmerie Nationale” francese.
LibreOffice è open source, basato su formati aperti, è robusto, veloce e intuitivo nell’uso. Il frutto di una comunità mondiale di programmatori e di volontari coinvolti nella realizzazione di un gioiello di software. LibreOffice è disponibile in 100 lingue straniere da Afrikaans a Zulu - c’ è persino il dizionario Ladino. Funziona con Windows, Apple iOS, Linux, Android, - si, e anche su Raspberry Pi !
LO si scarica dall’internet, senza registrazione o chiave di attivazione. Non occorre conservare una prova di acquisto per la Guardia di Finanza. Non si spende 200€ per licenza d’uso.
Perché allora non usare LibreOffice anche in Provincia?
Forse perché si vuole migrare verso una soluzione Cloud, per facilitare la collaborazione?
I servizi commerciali di Cloud quali Microsoft OneDrive, Dropbox o Google Drive, salvano i tuoi dati su server sparsi per il mondo e fuori dal tuo controllo. Questo non è così, se usi una Cloud privata come “ownCloud”. Own cloud è software libero, può essere installato su server privati, gestiti localmente.
Per poter gestire dati e programmi di tutti gli enti pubblici del territorio Alto Atesino, 5 anni fa è stato messo in funzione un datacenter presso la sede dell’Informatica Alto Adige S.p.A. Un investimento di 7,5 milioni di Euro. Ora si cerca di costruire un altro datacenter per la replica/sincronizzazione dei dati tra i due centri in tempo reale. Per poter garantire una elevata sicurezza e continuità operativa in caso di disastri ambientali, il secondo datacenter sarà opportunamente dislocato dal primo. Un investimento necessario per salvaguardare la sicurezza e disponibilità dei dati della Sanità, dei Comuni e della Provincia.
Ma non fermiamoci qui. Realizziamo una Cloud su server ubicati in questi centri con il software “ownCloud”.
Una Cloud privata non soltanto per motivi di riservatezza o per motivi economici, ma per poter proseguire con codice e formati aperti, per evitare l'effetto “lock-in”, cioè la dipendenza da un unico fornitore e per mantenere in efficienza il livello tecnologico locale: un investimento a lungo termine, un investimento nelle persone.

Hugo Leiter

Wed, 05/04/2016 - 15:50 Permalink
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Guglielmo Cancelli Thu, 05/05/2016 - 03:34

In reply to by Hugo Leiter

Grazie Ing. Leiter per il suo prezioso messaggio. Mi auguro di cuore che le sue importanti indicazioni possano contribuire, unitamente a quanto scritto da Italo Vignoli e da tutti i cittadini consapevoli che stanno intervenendo, a riportare il settore IT provinciale sulla retta via. Questo per l'amore verso un'informatica libera e sostenibile in Sudtirolo, che con trasparenza, efficienza ed efficacia nell'impiego delle risorse pubbliche sia rivolta al benessere dei cittadini, delle aziende e soprattutto del mondo dell'istruzione che sta formando le nuove generazioni.

Thu, 05/05/2016 - 03:34 Permalink
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gorgias Wed, 05/04/2016 - 19:56

Dovrebbe essere categoricamente interdetto l'uso di formati proprietari. Ogni soluzione informatica per la pa dovrebbe essere concettata con l'obligo di avere una stategia exit incorporata. Cioè avere la possibilità di poter migrare tutti i dati da tutte le applicazioni su un nuovo sistema. Cosi per non farsi dipendenti in estremis da un prodotto non più sostituibile.
Un altro problema è naturalmente quello della soluzione cloud che lascia aperta la questione se i dati lasciano il territorio in paesi con legislazioni che non hanno gli stessi standard per la privacy.
Inoltre non voglio neanche essere dipendente per la riservatezza dei dati che una ditta che ha la sede negli stati uniti non venga prima o poi costretta di dare al proprio governo istrumenti per poter accedere i dati di pa estere.

E per l'ultimo la questione dei costi mi sembra in grave svantaggio per la soluzione Office 365.

Wed, 05/04/2016 - 19:56 Permalink
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Guglielmo Cancelli Thu, 05/05/2016 - 03:05

Voglio ringraziare Italo Vignoli per la chiarezza con cui ha esposto il suo contributo rendendolo comprensibile anche ai non addetti ai lavori e facendo luce su aspetti di non trasparente gestione del denaro pubblico.

Thu, 05/05/2016 - 03:05 Permalink
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kurt duschek Thu, 05/05/2016 - 07:29

Seid den 70er Jahren arbeite ich mit den verschiedensten Systemen und bin froh, bereits vor 8 Jahren auf Linux endgültig umgestiegen zu sein. Wie man hier offensichtlich sieht, wenn der politische Wille fehlt, der Druck der Lobby entsprechend hoch ist, ja dann kann ein freies System nicht funktionieren und es wird ganz offiziell "schlecht geredet"!!

Thu, 05/05/2016 - 07:29 Permalink
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S T Thu, 05/05/2016 - 09:31

Ciao Italo!

"Lo studio commissionato dalla Provincia di Bolzano, al contrario, decanta le qualità dei formati dei documenti di Microsoft Office, e afferma che essi sono migliori del formato ODF (Open Document Format) utilizzato da LibreOffice e da oltre 100 software di ogni tipo, dimostrando da un lato la parzialità dello studio stesso e dall'altro una scarsa conoscenza delle reali problematiche dei formati dei file."

Mi sai dire dove trovare questa affermazione nello studio? L'ho appena riletto tre volte, e non trovo questa affermazione da nessuna parte. Sei capace di indicarmi la pagina e il paragrafo? Visto che questo "dimostra" qualcosa mi piacerebbe trovarla veramente. Grazie!

Qui lo studio:
http://www.siag.it/de/aktuelles/mitteilungen.asp?aktuelles_action=300&a…

Thu, 05/05/2016 - 09:31 Permalink
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Italo Vignoli Thu, 05/05/2016 - 10:54

@ Guglielmo (eccetera)
Direi che congratularsi per la chiarezza e firmare "Guglielmo (eccetera)" non è molto congruente. Ho sempre detestato chi commenta in modo anonimo (e usare un nome evidentemente falso, e per di più ironicamente falso, è forse peggio che commentare in modo anonimo), e il mio giudizio non cambia se il giudizio è positivo nei miei confronti. Se sei convinto delle tue opinioni, utilizza il tuo nome per esteso, altrimenti evita di commentare.
@ AM
In effetti, lo studio decanta Office 365 e non i suoi formati (che sono gli stessi di Microsoft Office, ovvero - in questo momento - OOXML Transitional 2016), e cita ODF in modo negativo nell'area relativa alla migrazione di Monaco di Baviera, dove parla del livello di adozione dello stesso ODF in Germania (omettendo completamente il fatto che ODF è standard riconosciuto in altri cinque Paesi), quando il livello di adozione non ha nulla a che vedere con i vantaggi di un formato e gli svantaggi di un altro, anche se più diffuso (sul costo degli "standard de facto" c'è un'ampia letteratura). Lo studio, in realtà, omette completamente l'aspetto dei formati, che invece è fondamentale nell'ambito della Pubblica Amministrazione, soprattutto per garantire interoperabilità e accesso perenne ai contenuti. Siccome ho modificato il testo a più riprese, per cercare di renderlo accessibile a tutti, in questo momento non ricordo la genesi di quel paragrafo. Ho chiesto alla redazione di modificarlo, per renderlo più chiaro.

Thu, 05/05/2016 - 10:54 Permalink
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S T Thu, 05/05/2016 - 11:50

In reply to by Italo Vignoli

Grazie Italo,

Ho riletto la pagina 33, visto che Mao me la ha indicata. Mi sembra di leggere - ma correggetemi se sbaglio - che lo studio, su quella pagina, cerca di elencare alcuni field test di OpenOffice nella PA. Lista quindi, come valido esempio, l'installazione presso Monaco di Baviera, indicando come é stata fatta e indicando anche quanto sia valutata positivamente in ambiente di esperti l'implementazione di Open Standards indicati anche dalla UE e dai ministeri.

Prosegue quindi, indicando come oltre agli aspetti positivo negli ultimi anni siano affiorite anche alcune critiche all'interno del Comune di Monaco stesso, elencandone 5 di numero. La terza nell'elenco, a cui Mao fa riferimento, indica che "la fase di Standardizzazione di ODF all'interno della Germania Federale é ancora lontana da essere completata."

Non leggo, effettivamente, nessun modo negativo di leggere ODF in quella frase, ma un semplice fatto. Mi sai dire se questo fatto é sbagliato o corretto? Mi sai dare un esempio di dove e come leggere, da un fatto, una critica negativa su ODF? Non lo capisco.

Comunque é un ottima idea correggere il paragrafo, trattandosi di un imprecisazione. Scrivi effettivamente che "..lo studio decanta la qualitá, affermando che sono migliori ... dimostrando quindi la parzialitá", direi che se lo studio non lo decanta e non lo afferma, la deduzione potrebbe essere criticata.

Ciao, e auguri.

Thu, 05/05/2016 - 11:50 Permalink
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Italo Vignoli Thu, 05/05/2016 - 11:09

Ringrazio "Mao Tse Ging" per le puntualizzazioni, ma continuo a preferire chi firma in modo esteso con il proprio nome, come Hugo Leiter e Massimo Mollica. Solo la trasparenza ci consentirà di abbattere la consuetudine data dal fare le cose in modo deliberatamente offuscato, o dal non riconoscere i propri errori. Ricordiamo sempre l'esempio di Mohandas Gandhi, che con la sola forza delle idee ha abbattuto un pezzo dell'impero inglese.

Thu, 05/05/2016 - 11:09 Permalink
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Dai retta a un… Thu, 05/05/2016 - 11:26

Premessa: sono un utente, felice e di lungo corso, di Open/LibreOffice. Ma uso con soddisfazione anche 365 (che l'università dove sono iscritto mi ha generosamente "regalato")

Devo dire però che mi trovo fra incudine e martello perchè non mi convince quello che dice/fa la provincia (sotto tantissimi aspetti, in alcuni casi arrivando ad essere imbarazzante) ma mi trovo in difficoltà anche con le sue argomentazioni che sono per molti versi speculari a quelle della provincia.

Intanto mi lasci evidenziare un' imprecisione: quando dice che i formati di M$ Office sono proprietari immagino si riferisca ai vecchi formati (quelli senza la "x" finale per intenderci) perchè i nuovi formati OOXML sono standard ISO (29500:2008 per la precisione) alla pari di ODF. Fra l'altro si assomigliano abbastanza, essendo entrambe basati su strutture XML contenute in un file compresso in formato zip (che di sè rappresenta un problema in quanto ha scarsa "robustezza" e questo pone problemi di conservazione a lungo termine).

Comunque entrambe (ODF e OOXML) sono standard de iure e aperti. E questo non è un aspetto irrilevante.
Entrambe sono considerati dalla normativa italiana (CAD, e allegato b del DPCM 13 novembre 2014 ) formati validi non solo per la produzione ma anche per la conservazione a lungo termine (anche se per quello che ho scritto sopra per me mancano entrambe del requisito delle robustezza)
Non ho letto lo studio di Moar ma se davvero scrive che OOXML sarebbe "meglio" di ODF sarebbe come minimo opinabile perchè in effetti OOXML è molto complesso e presenta alcune caratteristiche oggettivamente problematiche soprattutto per chi lo deve "manipolare" cosa che lo rende (sempre a mio personale quanto modestissimo parere) un pochino meno portabile.

Ma veniamo a quello che non mi convince nelle sue argomentazioni. Lei lascia intendere, specularmente a quanto maldestramente fa la provincia con LibreOffice, che chi usa M$ Office sia sostanzialmente poco competente e spenda male i propri soldi. Beh, alla fine quali argomentazioni porta a supporto della sua tesi ? La diffusione dello strumento ? (quello Microsoft è certamente più diffuso); il formato non standard ? (vedasi sopra); la presunta vulnerabilità ? (è aspetto importante ma non derimente, tanto più che è anche abbstanza discusso nella comunità). Mi sembra poco per un'affermazione così forte.

Insomma alla fine quello che a me non piace, perchè non credo sia produttivo e utile al confronto, è l'assunto che sta alla base di tutto e ciò ossia che Open=Bene, Proprietario=Male. Sui formati non si discute, e fra l'altro per la PA lo dice anche la legge: fondamentalmente aperti. Sul sw il discorso è molto più complesso (e anche la legge è meno prescrittiva) e una posizione "agnostica" è senz'altro preferibile. Si tratta di differenti modelli di business (sempre, spero vivamente di no, che per Open non si intenda gratis) diversi che non si possono anche per ovvie ragioni di mercato, imporre.
Chiaramente si deve essere in grado di operare scelte e per farlo è necessario avere competenze robuste e non solo in ambito tecnico informatico. E' su questo che insisterei ed è su questo che una scelta prioritariamente basata sull'open porta i maggiori vantaggi.

Ma il discorso sarebbe davvero lungo, difficile da esaurire in spazi come questi. E aprire un tavolo dove SERENAMENTE e LIBERAMENTE dibatterne ? Perchè al di là dell'office automation ci sarebbero tantissime cose importanti nell'informatica (specie pubblica) che si potrebbero fare e proporre per far decollare finalmente questo settore da sempre dimenticato.

Thu, 05/05/2016 - 11:26 Permalink
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Massimo Mollica Thu, 05/05/2016 - 11:53

In reply to by Dai retta a un…

Mi scusi ma chi opera nella pubblica amministrazione o in società similari conosce benissimo il livello "culturale" informatico dei collaboratori. E si intuisce altrettanto bene che qualsiasi word processor venga utilizzato per uno 10%-20% del suo potenziale. Per non parlare poi dei fogli elettronici! Rifulgo pure io dalla mera definizione di Open=Bene, Proprietario=Male. Ma allo stato dei fatti in provincia pare sia valida proprio l'affermazione opposta! (http://www.salto.bz/article/29042016/lo-sanno-anche-loro-che-libreoffic…). Per non parlare poi della realtà formativa nelle scuole che è, soprattutto in quelle di lingua tedesca, scandalosa! Per meri capricci si pagano licenze i cui soldi si potrebbero utilizzare in altre risorse!
Poi c'è un ulteriore discorso da fare, ovvero ripensare alla pubblica amministrazione. Serve davvero WORD? La finiamo di creare documenti che inevitabilmente verranno stampati per pura abitudine? Ci sono realtà all' interno dello stesso comune o provincia che richiedono moduli e documenti che potrebbero essere evitati se il database fosse UNICO.
E quindi segue la domanda successiva: server davvero l' OS Microsoft? Dove nel 90% dei casi si legge email, si scrive appunto qualche documento o si utilizza software tipo SAP o D3?
p.s. tra un formato libero creato da una singola società e quello creato da un'associazione altrettanto libera senza scopro di lucro io preferisco la seconda!

Thu, 05/05/2016 - 11:53 Permalink
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Dai retta a un… Thu, 05/05/2016 - 18:23

In reply to by Massimo Mollica

Sig. Mollica, lungi da me da voler muovere appunti a chicessia però mi permette una domanda ?
C'è una cosa che mi incuriosisce in lei come in altri e vorrei capire un po' la logica di certe posizioni. Leggendola in altri ambiti (es nei post sulla questione Benko ecc.) si direbbe che lei sia un fautore convinto del libero mercato, della concorrenza, dell'imprenditoria privata e della libertà di impresa.
Poi però mi scrive una cosa del genere : " tra un formato libero creato da una singola società e quello creato da un'associazione altrettanto libera senza scopro di lucro io preferisco la seconda"
Me lo spiega per cortesia ? Non lo trova un po' dissonante ?
Secondo lei una società che investe (ha idea dei costi ?) non dovrebbe guadagnarci ? Pensa che gli informatici siano tutti dei benefattori ? Pensa che un formato libero non sia tale se sviluppato da un'azienda ? (una volta standard ISO il formato comunque non è controllato da chi l'ha prodotto ma da ISO, esce quindi dalla disponibilità dell'azienda)
Vede alla fine casca anche lei in quella trappola che vuole open e gratis coincidere.
L'open source va visto come uno dei possibili modelli di business, imporlo (specialmente per legge) sarebbe proprio sbagliato, soprattutto in un'ottica come la sua. (pensi che negli USA le 4 aziende a maggior capitalizzazione sono proprio informatiche e fanno molto profitto dai sw; ha idea di cosa vorrebbe dire imporre a tutte un modello di quel tipo ? oppure provi un po' a proporre una cosa simile a tutti quelli che di proprietà intellettuale vivono, es. notai, avvocati, ma anche scrittori o artisti...)

Sulle banche dati uniche le chiedo. Uniche a che livello ? Comunale, Provinciale, Regionale, Europeo ? E chi le controllerebbe potrebbe imporre la sua volontà organizzativa/gestionale a tutti gli altri che diverrebbero sudditi. Sicuro che vogliamo questo ? La Provincia lo vuole se a livello Provinciale (perchè lì comanderebbe lei), lo rifugge a livello Statale (dove sarebbe suddito)

Lo stesso risultato si potrebbe ottenere con modelli cooperativi/federati (tecnicamente fattibilissimi) dove si standardizzano i formati delle informazioni e i sistemi se le scambiano a piacimento. Insomma il modello accentrato sta a quello federato coma il formato proprietario sta a quello aperto.

Sulla necessità di produrre documenti nella PA devo dire che la seguo di più, anche se non tutti i documenti possono essere sostituiti da qualche dato in un db. Pensi ad esempio ad una delibera. Purtroppo la normativa, anche la più recente, vede nella trasposizione documentale un pilastro inamovibile, anche in quei casi dove si potrebbe tranquillamente farne a meno.
Nemmeno il concetto di archivio viene intoccato dall'informatizzazione perchè al di là del cambio di supporto (dalla carta al digitale) la strutturazione logica dell'archicio rimane assolutamente immutata (e visto il trend attuale rimarrà immutabile) così come descritta nella 445/2000 ed addirittura dai Regi Decreti di inizio 900. Ad onor del vero andrebbero fatte 4 chiacchere con qualche archivista o uno storico perchè le esporrebbe le sue motivazioni, tutto sommato in buona parte condivisibili, sul mantenimento dei documenti.

Ad ogni buon conto tutto questo can can per un aspetto tutto sommato irrilevante come l'uso di un word processor a me suona molto come fumo negli occhi per distogliere l'interesse da cose ben più importanti. Nella scelta stessa di office 365 nessuno mi sembra abbia sottolineato che si sia implicitamente scelta tutta l'infrastruttura di comunicazione e collaborazione del mondo Microsoft (senza gara), cosa questa assai più pervasiva e tecnicamente controversa e che va a completare una manovra a tenaglia per portare una piattaforma mono-produttore già in parte presente (dai sistemi operativi client, a molti di quelli server, agli strumenti di sviluppo ecc.). Strategia che va pari passo con una scelta di esternalizzazione massiccia e relativo depauperamento/svilimento delle risorse tecniche.

Thu, 05/05/2016 - 18:23 Permalink
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Massimo Mollica Fri, 05/06/2016 - 15:15

In reply to by Dai retta a un…

Gentile non so come si chiama. Mi permetta innanzitutto di ringraziarLa. E perché ha letto quanto da me scritto, e per la Sua bella risposta. Bella perché mi piace il Suo ragionamento, anche se in parte non lo condivido. Vorrei sinceramente offriLe il caffè. Non la obbligo a conoscermi (non si perde nulla) ma mi dica dove di solito lo prende, io glielo pagherò indicando un codice che potremmo concordare assieme.
Ma veniamo al Suo quesito. Premetto che è da parecchio tempo che mi sforzo (e non sempre ci riesco) a non etichettare le persone in categorie. E comunque sì, io credo nel beneficio del libero mercato, della concorrenza, ma associato a un welfare forte. Uno stato che sia presente e tuteli tutti. Se vogliamo semplificare (e di molto) io non sono ne comunista ne tanto meno liberista, io sono per la terza via. Non vedo dissonanza nel credere in un mercato libero ma regolato da regole etiche. E chi le regola dev'essere un soggetto al di fuori delle parti.
E ora vengo nello specifico. Potrei riferirLe di società che hanno fatto dell’ OPENSOURCE o FREESOFWATE (non sono la stessa cosa) il proprio business (penso a Red Hat). E tra le 4 società che Lei ha menzionato ci sarà sicuramente Alphabet, un prodotto dei quali è Android (ed è Open Source). E ancora potrei dirLe che lo stesso internet si regge su soluzione Open Source (si ricorda il bug OpenSSL?). Ma il punto non è questo! Il punto è che le 4 società da Lei considerate non sono il governo della cosa Pubblica. Non sono cioè quel soggetto che garantisce le pari opportunità. Lo stesso per esempio che promuove la cultura. Che difende le proprie tradizioni. E che appunto DOVREBBE incentivare il KNOW HOW locale. Ecco che la scelta di usare soluzione OPEN SOURCE o FREE SOWFTWARE ha una valenza etica prima che economica (GUAI CHI AFFERMA CHE COSTA DI MENO A PRESCINDERE). E’ una scelta per diffondere conoscenza, sapere LIBERO. Ed è legato SOLO ed ESCLUSIVAMENTE alla realtà governativa e relativa PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (per non parlare delle SCUOLE, luogo per eccellenza dispensatrici di sapere). Lungi dal imporre al mercato un qualsiasi modello!
Sulla questione della proprietà intellettuale però vorrei fare un approfondimento. Tralasciando figure come notai e avvocati, che nella mia personalissima visione andrebbero eliminati, io non sono minimamente contro la proprietà individuale. Gli stessi fautori del Open Source e del Free Software pongono al primo posto il riconoscimento di chi scrive codice ( a differenza di molte aziende che “sfruttano” l’intelletto dei singoli non riconoscendo nulla) . Ma c’è un aspetto particolare che secondo me merita un’ analisi. Parecchi anni fa, a un master sulla migrazione del software libero venne uno studioso di Free Software a porre l’accento sull'importanza delle licenze intellettuali. Si intuisce che tutta la ricerca aziendale si basa proprio sulla possibilità di brevettare le proprie scoperte. Ma c’è un campo in particolare nel quale io sono molto estremo, ed è la ricerca medica. Personalmente non concepisco una ricerca scientifica e soprattutto medica privatizzata che sottostia alle logiche di mercato. La vita di un essere umano non può valere meno di un brevetto di una casa farmaceutica. Per mio conto la ricerca medica e la medicina in generale dev'essere statale, finanziata con le tasse e sottostare alla logica Free Software, e questo per ogni stato nel mondo. In questo modo sono certo che molte malattie, con la collaborazione di tutti i ricercatori mondiali, sarebbero già oggi debellate, e molte vite salvate. In questo caso il liberista è Lei e il comunista sono io!
Ma veniamo alle banche dati, tema a me caro. La risposta nasce sempre da un ragionamento logico e da autonomista quale mi considero la banca dati dovrebbe essere gestita dalla Provincia (e replicata dallo stato centrale). Non capisco davvero cosa Lei intenda con “imporre la sua volontà organizzativa/gestionale a tutti gli altri che diverrebbero sudditi”. Qui si tratta di mettersi a un tavolo e far lavorare la mente per cerare il miglior database al mondo comprendente tutte le esigenze della pubblica amministrazione. Poi la Provincia lo gestirebbe ma ogni realtà pubblica sceglierebbe le proprie soluzioni per utilizzare tali dati! Viene comunque da sé la standardizzazione dei dati. Certo è, e questa cosa dev'essere chiara che tale operazione rappresenterebbe una rivoluzione epocale. E il risparmio conseguente si tradurrebbe anche in una drastica riduzione del personale. E questo va fatto gradualmente tutelando tutti gli attuali lavoratori (qui viene fuori ancora una volta la mia parte sociale).
Sul discorso documenti mi trovo in forte disaccordo con Lei (laddove è Lei a seguirmi di più). Deve sapere che sono un convinto progressista. Credo che un giorno le auto saranno elettriche a guida autonoma, credo nell’ Hyperloop e nell'intelligenza artificiale. Così come nell'internet delle cose. E quindi quando Lei mi parla di 445/200 o di regi decreti io ci vedo so,o vecchiume che va eliminato quanto prima. E già oggi è possibile per una Provincia Autonoma come la nostra. E nell'era del Cloud non c’è alcuna ragione logica di mantenere i dati in formato cartaceo. A meno che non si parli di documento storici (ma questo è un altro discorso!).
Ammetto che il mio accenno sulle banche dati centrava dall'argomento trattato dall'articolo se non ne fatto che è un accusa alla Pubblica Amministrazione stessa di essere lenta, inefficiente, costosa. E che non fa nulla per migliorare tale situazione!
Però Lei ha centrato il punto proprio alla fine della Sua risposta, e qui ritorniamo al motivo del perché la Pubblica Amministrazione dovrebbe utilizzare soluzioni Open Source e Free Software! Per evitare un “relativo depauperamento/svilimento delle risorse tecniche” locali!
La conoscenza non dev'essere a discapito di pochi. Il progresso ha bisogno dell’ apporto di tutti!
Mi scusi se sono stato prolisso e grazie ancora per il Suo prezioso contributo!

Fri, 05/06/2016 - 15:15 Permalink
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Dai retta a un… Mon, 05/09/2016 - 11:31

In reply to by Massimo Mollica

Buongiorno sig. Mollica,
sì, lo so, presentarsi sotto pseudonimo non è una bella; purtroppo manifestarsi apertamente necessita di essere in un ambiente non ostile e mi creda, questo ahimè non lo è affatto.
Abbiamo toccato tanti argomenti, tutti interessanti e stimolanti. Sarebbe davvero molto utile, oltre che interessante, poterne discutere pubblicamente e serenamente. Purtroppo, come dimostrano molti post anche in questo articolo, ma anche come dimostra il modo di agire non trasparente e impositivo della Provincia, non esistono proprio le condizioni di contorno per poterlo fare. E questo è davvero un gran peccato perchè si perdono enormi possibilità in tantissimi ambiti.
Che ci vuole fare: questo è ciò che passa il convento...

Mon, 05/09/2016 - 11:31 Permalink
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Italo Vignoli Thu, 05/05/2016 - 14:44

In reply to by Dai retta a un…

Cercherò di rispondere per punti, visto che il suo commento ne contiene diversi, e lascerò intenzionalmente per ultimo quello sui formati, che da solo meriterebbe una trattazione a parte:

1. Io non ho scritto da nessuna parte che gli utenti di Microsoft Office sono poco competenti e spendono male i loro soldi, perché non mi permetterei mai di sindacare sulle scelte delle aziende e degli individui. Ho scritto invece, e lo riaffermo, che la pubblica amministrazione deve spendere correttamente i soldi dei cittadini scegliendo strumenti open source e standard aperti, perché solo questi garantiscono l'indipendenza della pubblica amministrazione stessa rispetto alle scelte vincolanti dei vendor di information technology.

2. Le vulnerabilità dei software rappresentano sicuramente un campo minato, ed è per questo che noi non parliamo mai di vulnerabilità all'interno di un confronto competitivo (per cui un software non è intrinsecamente migliore se è caratterizzato da un numero inferiore di vulnerabilità). Purtroppo, però, nel caso dei file di Microsoft Office, le vulnerabilità - legate alla presenza di componenti binarie estranee allo standard nel formato pseudo-standard 29500:2008 - rappresentano un costo, in quanto le componenti binarie che sono spesso alla base delle vulnerabilità rappresentano il veicolo di trasporto del malware (secondo una ricerca Symantec commissionata dal Governo della Germania nel 2011, presentata alla ODF PlugFest di Berlino dello stesso anno). E siccome il report Alpin parla di costi, omettere dal calcolo la risoluzione dei problemi legati alla presenza di virus e trojan all'interno dei file DOCX, XLSX e PPTX rappresenta un problema.

3. In pura teoria, OOXML è uno standard ISO, perché nella realtà è un'altra cosa, che non saprei nemmeno come definire (perché è la prima volta nella storia degli standard che l'azienda stessa che ha proposto lo standard è la prima a fare in modo che lo standard non sia tale, attraverso un insieme di comportamenti che vanno dal continuare a usare una versione dichiaratamente non standard - la versione Transitional, ammessa nel 2008 per la durata di 9/12 mesi, e ormai usata da oltre 9 anni come formato di default da tutte le versioni di Microsoft Office a partire dalla 2007 - a condizionare la scrittura della versione standard al comportamento dell'utente, quando la prima motivazione a favore di uno standard è proprio la sua indipendenza rispetto al comportamento dell'utente).

Faccio notare che il concetto di "versione standard dello standard" è già di per se abnorme, perché gli standard - fino al 2008 - erano sempre stati univoci, e tutte le eccezioni, come la presenza di una versione di transizione per un tempo definito, che è spesso una necessità per poter garantire agli utenti un passaggio indolore, erano sempre state rispettate.

La realtà, a dispetto di quanto fanno sia il Governo dell'Unione Europea sia il Governo dell'Italia, è che OOXML non è uno standard, con l'eccezione dei documenti in formato OOXML Strict, che però sono praticamente impossibili da ottenere. Ho cercato di riassumere i problemi, utilizzando un linguaggio accessibile a tutti, in un White Paper (preparato per AgID, e da questa completamente ignorato), disponibile a questo link: http://www.slideshare.net/italovignoli/li-agidooxmlfinale-48007282. Sono passati due anni, ma i contenuti sono ancora attuali.

Ho anche scritto del problema in un post sul mio blog, con un tono molto meno serio rispetto al White Paper, anche se il contenuto è irreprensibile sotto il profilo tecnico (è possibile riprodurre tutti i passaggi, tenendo presente che i risultati di tipo random sono sempre diversi): http://www.italovignoli.org/2014/02/redmond-we-have-a-problem/. Questo post è stato fondamentale, anche perché ha scatenato una polemica con Jan Easson, consulente canadese di Microsoft deputato alla difesa di OOXML, che ha permesso di comprendere che la modalità di scrittura dei file OOXML Strict erano diverse da quelle dei file OOXML Transitional, ed erano state studiate per ridurre al minimo il "rischio" che gli utenti potessero creare un file OOXML Strict in modo semplice e senza incorrere in errore.

Per diversi motivi, compreso quest'ultimo, il Governo del Regno Unito ha riconosciuto ODF ed escluso OOXML (https://www.gov.uk/government/news/open-document-formats-selected-to-me…) dopo una consultazione che è durata due anni, in quanto è stata prolungata a causa di un problema procedurale (descritto in questo articolo della testata inglese Computer Weekly: http://www.computerweekly.com/news/2240149216/Cabinet-Office-resets-con…).

Al termine della consultazione, sono emersi altri elementi che permettono di aggiungere ulteriori elementi di valutazione sul comportamento di una delle parti: [1] http://www.computerweekly.com/news/2240233813/Microsoft-threatened-MPs-…, e [2] http://www.computerweekly.com/news/2240234078/Government-open-standards….

A differenza del Governo del Regno Unito, il Governo della Francia ha riconosciuto ODF e OOXML Strict (http://references.modernisation.gouv.fr/interoperabilite), e adesso si trova nella necessità di riconoscere OOXML Strict da OOXML Transitional. Compito non facile, perché l'estensione dei documenti è la stessa (DOCX, XLSX e PPTX) e la distinzione avviene solo per la presenza di un tag all'interno del file (compresso), per cui non è possibile per un utente comune.

Il Governo della Svezia ha scelto una strada diversa, in quanto non ha definito un formato standard, ma consente l'acquisto da parte della Pubblica Amministrazione solo di software che supporta ODF (http://www.avropa.se/Nyheter/2016/itu/dokumentet-med-oppna-standarder-o…).

Spero di aver chiarito in modo sufficientemente chiaro e accessibile a tutti i motivi per cui OOXML non può essere considerato un formato standard, se non sulla carta.

Thu, 05/05/2016 - 14:44 Permalink
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Dai retta a un… Thu, 05/05/2016 - 18:51

In reply to by Italo Vignoli

Io mi riferisco a questo passaggio, che lei anche qui ribadisce :

"la pubblica amministrazione deve spendere correttamente i soldi dei cittadini scegliendo strumenti open source e standard aperti, perché solo questi garantiscono l'indipendenza della pubblica amministrazione stessa rispetto alle scelte vincolanti dei vendor di information technology"

Io sinceramente non me la sentirei di essere così assertivo, anzi queste affermazioni così categoriche e piene di giudizi di valore le confesso che mi fanno un po' di paura. E comunque non credo proprio che questa sia la SOLA strada percorribile. Basti pensare che il modello che lei descrive non esiste in nessun altro ambito fuori dall'informatica e il mondo funziona lo stesso (magari non perfettamente ma questo è un altro discorso)
Credo anche che l'imposizione di un modello possa produrre gli stessi effetti di vincolo nefasto spostando il problema dalla PA alle imprese.

Il vincolo sui formati aperti mi appare molto più lecito e ragionevole e già di suo tende a tutelare il proprietario dei dati che liberamente può scegliere lo strumento per trattarli.

Chiudo su OOXML. A me risulta che dalla versione 2013 di Office il prodotto supporti la versione "strict" (anche se di default ha come impostazione la transitional) mentre office 365 mi pare usi strict di default. Sulla qualità di quanto prodotto dagli strumenti però probabile abbia ragione lei, specialmente conoscendo gli amici di Microsoft.
Sono anche d'accordo con lei che la scelta di ISO di accettare come standard OOXML sia criticabile se non inopportuna, anche tenendo conto che uno standard - ODF - era appena stato approvato. Ma il punto è che è ISO che certifica che si tratta di standard, non possiamo dire che ci piace quando lo standard è nostro e che fa schifo quando lo standard è della concorrenza. A meno che non si voglia dire che ISO è un'organizzazione prezzolata che fa i soli interessi dei grandi produttori (almeno se così fosse non ci dovrebbe far pagare per scaricare le specifiche...)

Concludo ringraziandola per i suoi contributi sempre assai stimolanti; non sempre mi trovo d'accordo ma se ci fosse sempre accordo non ci sarebbe confronto. Peccato che altri nel contesto locale il confronto lo neghino sempre imponendo le scelte per decreto.

Thu, 05/05/2016 - 18:51 Permalink
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Italo Vignoli Thu, 05/05/2016 - 20:01

In reply to by Dai retta a un…

Resto dell'opinione che la PA deve spendere i soldi dei cittadini scegliendo strumenti open source e standard aperti, e naturalmente associando il buon senso a questa scelta (come nel caso di qualsiasi scelta). Nel caso specifico di LibreOffice, sono ovviamente di parte, avendo fondato il progetto nel 2010 (insieme a tutti gli altri leader del progetto OpenOffice), e mi permetto di essere anche estremamente assertivo.

Passando a OOXML, per quanto mi risulta, nessuna versione di Microsoft Office salva in formato OOXML Strict come scelta di default, per una motivazione squisitamente tecnica: il formato di lavoro "interno" del software è OOXML Transitional, per cui il software trasforma in OOXML Transitional qualsiasi documento, salvo poi scriverlo nel formato richiesto dall'utente (così come LibreOffice trasforma in ODF qualsiasi documento, salvo poi scriverlo nel formato richiesto dall'utente).

E infatti, per creare un documento OOXML Strict è necessario fare quello che non fa nessun utente, ovvero salvare il file in formato OOXML Strict prima di aver fatto una qualsiasi azione (in questo caso, inserire una sola lettera è da considerare una azione che automaticamente crea un file OOXML Transitional nella memoria di lavoro del PC, per cui il salvataggio di questo file in formato OOXML Strict crea dei problemi a Microsoft Office (Excel impazzisce se sono presenti delle date, a causa del famoso "bug dell'anno bisestile" che provoca effetti collaterali devastanti).

Purtroppo, il fatto che ISO abbia accettato OOXML come standard rappresenta un problema per tutti gli utenti, di cui non possiamo che essere grati a Microsoft (e a ISO, indipendentemente dai giudizi di merito sul suo comportamento). Il fatto che non sia possibile in alcun modo - per un utente normale - distinguere tra un file OOXML Transitional e un file OOXML Strict non permette di considerare OOXML come standard, ed è questo il motivo per cui cinque governi hanno dovuto fare quello che normalmente non si fa mai con uno standard, ovvero deprecarlo in quanto non standard, e gli sviluppatori devono ricorrere al reverse engineering per ottenere la compatibilità, invece di usare le specifiche del formato.

Thu, 05/05/2016 - 20:01 Permalink
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Marco Alici Thu, 05/05/2016 - 17:57

Già me li immagino tutti questi dipendenti pubblici redigere documenti da casa con il proprio smartphone.
Vista la presenza di un datacenter, mi chiedo se si sia fatta una valutazione comparativa tra la soluzione scelta e un'alternativa che preveda dati in cloud sul datacenter della PA e LibreOffice come software, la cui licenza permette infinite installazioni.

Thu, 05/05/2016 - 17:57 Permalink