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I demoni meridiani della canicola

'Il diavolo d'estate' è il nuovo romanzo giallo di Giovanni Accardo, professore al Liceo Pascoli di Bolzano. Un giallo dalle tinte ocra ambientato in Sicilia.
Il diavolo d'estate
Foto: Ronzani Editore

Ne Il diavolo d’estate di Giovanni Accardo c’è tutto quello che serve per imbastire un classico giallo di ambientazione meridionale. Ci sono la terra arsa dal sole, l’asfalto bollente durante la controra del primo pomeriggio, gli anni ’70, i vecchi al bar e qualche stramba credenza in odor di superstizione pagana. La terra è quella di Sicilia, più precisamente quella di un piccolo paese di provincia. Su questo fazzoletto di terra spaccata dal sole vi stazionano diversi personaggi molto strani ma anche molto riconoscibili: il maresciallo, il vicesindaco, il vecchio e filantropo barone, una donna avvenente e un gruppo di ragazzi annoiati. L’innesco del romanzo scatta a partire dalle vicende di questi ragazzi di periferia, i quali tengono fede a un sacrosanto e inviolabile precetto che accomuna i ragazzi svegli: “Se nel posto dove vivi non c’è niente da fare, inventatelo tu”.

Il romanzo è raccontato dal punto di vista di Totò, un giovane ragazzino orfano di padre emigrato all’estero in cerca di lavoro, che si ritrova in mezzo a una storia più grande di lui. Una brutta storia. Totò e i suoi amici riescono, grazie al figlio del vicesindaco, a trasformare un vecchio spiazzo in una discoteca all’aperto. Finché qualcosa non va storto: a ferragosto Ignazio, l’amico eccentrico del gruppo – quello che sembrava saperla lunga – viene ritrovato carbonizzato in mezzo alle fiamme che bruciano la discoteca. La calura dei giorni del borgo siciliano recita bene il suo ruolo di ambientazione climatica per il nuovo mistero del piccolo paese. Ma anche per mostrare meta-narrativamente ciò che c’è dentro Totò. E dentro Totò c’è il ‘diavolo’. Cos’è e come uscirà dal suo corpo quell’insopportabile tremore che non gli permette di dormire di notte? Di sicuro Totò non si libera del ‘diavolo’ quando incontra Angela, la donna più chiacchierata del paese >. Ma questo lo si rimette al lettore.

 

Il diavolo d’estate è un romanzo che tende a voler mostrare un certo destino ineluttabile, un romanzo che segue lo schema del giallo che conserva l’ordine delle cose. Anche se in questo romanzo l’autore fa capire chiaramente che l’ordine delle cose è tutto fuorché roseo e dritto. Ma la vita va avanti anche se non ce ne si occupa troppo: questo è quello che fa pensare l’epilogo, che presenta in modo catalogico quello che succederà ai personaggi aldilà della vicenda romanzesca. Una vicenda che non riguarda solamente un mistero da risolvere e un ordine da ristabilire ma anche una vicenda politica e umana che serpeggia in sottofondo: c’è la politica in questo romanzo, quella di una volta: Democrazia Cristiana e Partito Comunista Italiano. Totò frequenta la sezione del secondo e i suoi parenti – manco a dirlo – sono molto preoccupati. Totò non sa se è comunista ma sa di per certo che suo padre, minatore, lo era. Totò allo stesso tempo ha il cattolicesimo come cultura di riferimento, va dal prete (ma non si confessa), sente che in corpo ha qualcosa che non va e lo chiama ‘diavolo’. I nodi si scioglieranno?

Oltre alla politica in senso stretto, che Accardo inserisce con dovuta parsimonia, c’è il tema della migrazione, quella che va dal meridione al settentrione. È un tema a cui l’autore è sensibile, si sente dal modo greve e serio con cui ne parla: la migrazione per motivi economici (diciamo pure per sopravvivenza) risulta come un dramma generale, forse più per il lettore che entra in contatto con i personaggi e guarda i loro rapporti sgretolarsi piano piano, che non per i personaggi stessi.