Il virus etnico
La pandemia da covid-19 ha fatto molti danni. I morti, anzitutto. E poi le perdite economiche, lo stravolgimento della vita sociale, l'isolamento in casa... Nella nostra provincia, rischia di aggiungersi un danno in più: quello alla comprensione e al dialogo tra gruppi linguistici. Almeno in quella parte di vita pubblica che si è scelto di tenere rigidamente separata per gruppi, e cioè la scuola. Un dirigente giorni fa riconosceva sconfortato che un anno di covid-19 ha portato indietro le lancette di decenni. Ultimo è il caso dei test nasali autosomministrati – i famosi tamponcini – ma prima ne sono venuti altri come la scuola d'emergenza o l'obbligo delle mascherine ffp2. Tutti casi in cui l'autonomia provinciale ha introdotto norme diverse da quelle nazionali, in sé magari utili, ma senza il confronto e la mediazione culturale con i destinatari del mondo italiano.
Sembrano sinceri il presidente Kompatscher e i suoi assessori quando si stupiscono delle resistenze tra famiglie o insegnanti di lingua italiana. Il problema vero però è proprio la loro sorpresa, indice di una pericolosa ignoranza reciproca.
Nel modello della scuola tedesca, particolarmente nelle valli, gli insegnanti hanno un ruolo più ampio della sola didattica, sono figure a disposizione della comunità tant'è, per fare un solo esempio, che ancora oggi accompagnano i bambini in chiesa alla prima comunione. E' scontato perciò che siano a disposizione per la scuola d'emergenza, o per fare i test sanitari. Non è così nel mondo urbano segmentato, in particolare quello italiano. Che dà invece maggiore attenzione al ruolo pedagogico e didattico dentro la classe, e salvaguarda di più l'autonomia degli istituti scolastici.
Stessa cosa sulla reazione delle famiglie ai tamponcini, dopo la grande enfasi data dall'Azienda sanitaria al fatto di somministrarseli da soli. Del tutto accettabile in contesti dov'è diffusa la cultura dell'automedicazione, e di pratiche associate come la medicina naturale, il parto in casa o simili. La mentalità cittadina di una parte del mondo italiano, invece, l'ha vissuto con allarme perché ha una cultura più medicalizzata, dove diagnosi e cura vanno affidate a personale competente. E' un tema che tocca la percezione del corpo, non si può derubricare a capriccio, anche se certo c'è poi chi lo ha fomentato per tornaconto politico. Ma l'errore è stato da un lato presentare male una pratica in sé non pericolosa. E dall'altro vincolarla come obbligatoria.
E qui siamo a un aspetto cruciale della diversità: il mondo di lingua italiana ha – possiamo anche dire colpevolmente – un tasso di riconoscimento verso le istituzioni provinciali minore del resto della popolazione, come si ricava dai dati sulla partecipazione al voto o alla vita delle organizzazioni sul territorio. Inoltre frequenta molto più i media nazionali che quelli locali. Non può sorprendere allora che misure importate dall'estero, non presenti nel resto d'Italia, introdotte come obbligatorie e contro il parere degli organi consultivi (Consulta dei genitori, dirigenti scolastici...), possano faticare a trovare attuazione. Se alla fine l'adesione c'è stata, qualcuno dice “è stata estorta”, non trascuri Kompatscher che il malcontento è rimasto. Di più, interventi simili sono destinati ad aumentare il distacco del mondo italiano dalla vita provinciale, anziché colmarlo.
Forse presidente e assessori potevano essere più espliciti e trasparenti. Ammettere che l'obbligo dei test serve a tutelare le scuole di valle, dove ci si confronta con numeri molto superiori di genitori e insegnanti perplessi o contrari all'uso delle mascherine, al distanziamento e alle misure di prevenzione in genere. Non sono leggende, basta farsi un giro sul territorio. Motivi anche comprensibili – gli spazi a disposizione più ampi, le opportunità maggiori di stare all'aria aperta, la diffidenza contadina verso le regole... - ma che differenziano quelle realtà dalle scuole urbane. E che avrebbero potuto suggerire di sfruttare l'autonomia di ciascun Istituto con regole ad hoc.
Ormai però non si torna indietro. Il virus ha fatto il suo ennesimo danno, scavando ancora un po' il solco tra le comunità della nostra terra. E' un solco che nasce da quel “più ci dividiamo e più ci comprendiamo” che ha governato per molti anni la politica provinciale. Un terribile errore culturale non ancora sanato, e che il covid-19 rischia di aggravare. Per guarirlo, temo, non basterà una semplice puntura di vaccino.
Die Unterschiede zwischen
Die Unterschiede zwischen Deutschen und Italienern beruhen nicht auf der Corona-Epidemie, sondern auf der Tatsache, dass Italien im Mai 1915 Österreich und damit Tirol mit einer imperialistischen Aggression überfallen hat und bis heute nicht einsehen will, dass das südliche Tirol nicht Italien ist.
In reply to Die Unterschiede zwischen by Hartmuth Staffler
Herr Staffler, das hat mit
Herr Staffler, das hat mit dem Thema gar nichts zu tun. Im Gegenteil, in Sachen stumpfsinniger Ablehnung wissenschaftlicher Fakten sind sich Teile beider Sprachgruppen nicht nur sehr ähnlich, sondern sogar deckungsgleich.
So einen Schmarren habe ich
So einen Schmarren habe ich schon lange nicht mehr gelesen...
In reply to So einen Schmarren habe ich by Veronika Stirner
Dasselbe gedacht wie V.
Dasselbe gedacht wie V. Stirner...
Caro signor Cereghini, a
Caro signor Cereghini, a giudicare dal comportamento molto diffuso al di fuori della parte germanofona della penisola (comizi di Salvini, commemorazioni di calciatori defunti, scudetti e aperitivi vari da nord a sud), ci sono molti più "valligiani" al di fuori della Provincia Autonoma. Non pare quindi che il problema sia frutto di una questione etnica, ma della diffusa avversione verso le regole.
Coloro che obiettano a qualsiasi misura, magari anche non coronate da grande successo, per contrastare i contagi, sono accomunati invece da un pensiero retrogrado e non certo divisi da atteggiamenti riconducibili alle proprie radici.
In reply to Caro signor Cereghini, a by Manfred Klotz
Ringrazio Mauro Cereghini per
Ringrazio Mauro Cereghini per l'intervento che mi ha dato modo di vedere sotto una interessante lente cose che non so, perché non a contatto con la scuola dell'obbligo in Suttirolo e perché sono uno di quelli che segue più la stampa nazionale (e internazionale) che quella locale.
Vorrei rispondere al sig. Klotz e ad altri commenti solo a partire da quanto scrive Cereghini, vista appunto la mia ignaranza sulla situazione più in generale. E il mio vuol essere un invito a a leggere con attenzione e commentare in modo pertinente.
1) e specificatamente in risposta al sig. Klotz: non è Cereghini a sollevare una questione etnica riguardo la risposta al virus, ma, a quanto lo stesso Cereghini dice, il governo provinciale. Cereghini infatti scrive: "il presidente Kompatscher e i suoi assessori si stupiscono delle resistenze tra famiglie o insegnanti di lingua italiana". Immagino che Cereghini faccia riferimento a dichiarazioni effettive del presidente e/o dei suoi assessori, avendo questi sollevato la questione in questo modo (io non so se sia così, ma assumo che sia così);
2) successivamente Cereghini cerca di offrire una spiegazione del perché di una certa risposta, che apparentemente ha una sua prevalenza nella comunità di lingua italiana e offre dei motivi, a mio parere, plausibili. Di quelli si dovrebbe discutere (è plausibile pensare che le persone di lingua italiana non seguano il dibattito locale? è plausibile pensare che le persone di lingua italiana in quanto più urbanizzate sono abituate a certe pratiche mediche e non altre? è plausibile pensare che data una certa abitudine, ci siano più resistenza se si viene invitati a comportarsi in modo diverso da questa abitudine? ecc.)
3) infine dice che se le ipotesi che lui fa sono plausibili, allora la provincia deve essere più sensibile alle differenze che lui elenca - e questo, aggiungo io, non tanto per rispetto delle differenze, ma magari per essere più efficaci nelle misure che si intende realizzare.
Io ho un unico dubbio: che una differenza tra aree urbane e valli sia stata letta come una differenza etnica, dal governo provinciale e poi, di conseguenza, da Cereghini. Bisognerebbe capire come si sono comportati e con che atteggiamento gli abitanti urbani di lingua tedesca.
Saluti
Alvise Mattozzi
In reply to Ringrazio Mauro Cereghini per by Alvise Mattozzi
Caro signor Mattozzi, è
Caro signor Mattozzi, è evidente che lei non ha capito bene né il contributo di Cereghini, né il mio commento.
Leggere i commenti che questo
Leggere i commenti che questo articolo ha attirato non fa che confutare le tesi di chi lo ha scritto. E trovo tutto questo abberrante! Mia mamma faceva l'insegnante di italiano a Taisten e mi raccontava che la chiamavano walscherin, ma senza cattiveria, perché poi si venivano a creare legami umani forti da persone di mondi che in sostanza non si erano mai conosciuti. (perché che che ne pensino i razzisti siamo tutti uguali) Ma questo succedeva più di 40 anni fa! E invece scopro che sotto sotto certe cose non sono cambiate. E la cosa mi sconforta non poco. Guai giudicare tuo fratello! E sì, “più ci dividiamo e più ci comprendiamo” fa comodo ad alcuni. Però nel merito le colpe sono anche di molti Italiani di lingua italiana, che non hanno mai compreso l'importanza dell'autonomia provinciale.
Onestamente non so quali danni possano aver arrecato queste disposizioni anti covid, anche perché nel merito io sono favorevole. Il nemico è il virus no la Provincia, o colui che non la pensa come me.
Concludo affermando che se tutti avessimo la possibilità di fare un viaggio in aereo a Londra o New York, forse vedremmo il mondo in modo differente, e pure le nostre convinzioni verrebbero influenzate.
In reply to Leggere i commenti che questo by Massimo Mollica
La sua ultima frase racchiude
La sua ultima frase racchiude una grande veritá!! Io ho avuto la fortuna di girare il mondo, dagli angoli piú nascosti del Canada ai mari della Tasmania, passando per varie tribú dell'Africa. Quando mi chiedono quale sia la mia Heimat, dove io mi senta a casa, faccio una gran fatica a dare una risposta...
In reply to Leggere i commenti che questo by Massimo Mollica
@Massimo Mollica - Per quanto
@Massimo Mollica - Per quanto mi riguarda in quanto chiamato in causa quale autore di un commento, di viaggi ne ho fatti molti come ho visto molti paesi del mondo, come ho vissuto all'estero, per cui, secondo la sua antifona, sono una mente aperta e nonostante tutto ritengo l'articolo comunque abbastanza sciocco. E mi creda, non sono assolutamente animato da pensieri etnocentrici o frenato dagli steccati intravisti da Cereghini.
Interessante. Verso gli
Interessante. Verso gli italiani del Sudtirolo c'è bisogno di grandissima sensibilità. Forse si potrebbe chiedere anche sensibilità verso i sudtirolesi di lingua tedesca da parte dello stato? Non mi pare però che i governi centrali abbiano molto a cuore le diverse realtà quando da un giorno all'altro senza tante storie impongono misure draconiane e inviano l'esercito e forze dell'ordine in larga parte monolingui a farle rispettare. Due pesi e due misure… mi pare.
E allora adeguatevi invece
E allora adeguatevi invece che distinguervi.