Islanda, ovvero la rinascita del calcio
Il video in cui Cristiano Ronaldo rifiuta sdegnosamente di scambiare la maglietta con il capitano dell’Islanda Aron Gunnarson (“chi sei tu? vai via”) ha fatto il giro del mondo. Alimentando al contempo due miti: quello di CR7 divo pieno di boria e quello (opposto) della nazionale di calcio Islandese, maggiore sorpresa di Euro 2016 e vero e proprio ‘fenomeno’ sotto molteplici punti di vista.
In 6 anni l’Islanda è passata dal 112esimo posto del ranking mondiale FIFA al 23esimo, quando è riuscita a conquistare la partecipazione alla fase finale dell’europeo, alle spese di una nazionale di grande tradizione come l’Olanda.
Tra la sorpresa di (quasi) tutti l’Islanda è però riuscita a trasformare in una premessa il grande successo rappresentato dalla partecipazione stessa alla competizione. Iniziando ad inanellare tutta una serie di risultati positivi, a partire dal pareggio proprio con il Portogallo di Cristiano Ronaldo e poi con l’Ungheria. Per arrivare poi ai successi per 2 a 1 con Austria e poi Inghilterra.
La partita vinta dall’Islanda con la rappresentativa inglese è stata la chiave di volta in grado di sdoganare il calcio islandese, da miracolo e sorpresa a concreta realtà emergente a livello europeo. L’entusiasmo e l’energia manifestate dai giocatori nordici confrontate con la stanchezza e la disorganizzazione della nazionale di Hogson hanno dimostrato ancora una volta che all’europeo di calcio nulla è scontato e che spesso le ‘sorprese’ riescono ad andare addirittura fino in fondo. Come accaduto nel 1992 con la Danimarca e nel 2004 con la Grecia.
Certo la sorpresa rappresentata quest’anno dalla performance dell’Islanda sembra essere davvero di una categoria superiore.
Fino a 15 anni fa il calcio nel paese nordico era infatti una realtà assolutamente amatoriale e marginale, per nulla in grado di affacciarsi alla ribalta internazionale. Ma dal 2002 la piccola isola (grande più o meno come il nord Italia e (dis)abitata da soli 320mila abitanti) ha messo in atto un programma a lungo termine di promozione del proprio calcio in grado di ottenere risultati davvero esponenziali.
Il rapidissimo sviluppo del calcio islandese è transitato soprattutto attraverso la risoluzione del problema oggettivo e ambientale rappresentato dall’estrema brevità della stagione in cui è possibile giocare all’aperto, in sostanza da maggio a settembre.
L’Islanda allora ha puntato tutto sulla realizzazione di campi sintetici indoor, di cui 6 di dimensioni regolamentari e altre centinaia di più piccoli e aperti a tutti. Un secondo intervento a livello sportivo (e governativo) è stato quello di dare un grosso sostegno alla formazione degli allenatori. Basti dire che i tutti i 700 allenatori islandesi oggi sono stipendiati ed hanno potuto contare su una formazione accademica (più di 1 mister su 3 ha licenza UEFA B o superiore). Inutile dire poi che il paese nordico ha puntato tantissimo sui giovani, suscitando il loro entusiasmo e sostenendolo, fino a creare in breve tempo le condizioni affinché i più importanti club europei iniziassero a considerare una prassi più che normale l’andare a caccia di talenti nei campi indoor islandesi.
Per completare il quadro è forse importante ricordare che il paese nordico, resuscitato a fatica dalla crisi economico-bancaria del 2008, ha colto l’occasione per dare un duro colpo anche alla piaga soprattutto giovanile dell’alcolismo e del tabagismo, in sostanza trasformando una grandissima fetta di cittadini in atleti agonisti.
I numeri percentuali odierni del movimento calcistico islandese non solo straordinari ma addirittura incredibili. Nel paese si contano 20mila tesserati in società calcistiche (maschili e femminili) su 320mila abitanti. Insomma: 1 islandese su 16 gioca a calcio a livello agonistico. E quindi non c’è nulla di strano se le partite degli europei di calcio in questo periodo vengono seguiti negli stadi francesi da ben 20 mila tifosi.
La favola continua: stasera alle ore 21 il barbuto capitano Gunnarson cercherà di trascinare i suoi oltre l’ostacolo più difficile, quello rappresentato dalla nazionale francese già campione d’Europa e del Mondo oltre che padrona di casa.
Vincerà il migliore ed è assodato che all’Islanda sull’onda dell’entusiasmo (ma anche della forza mostrata sul campo) nessun traguardo è precluso.
Come ha scritto oggi sull'edizione cartacea della Gazzetta Sportiva l’inviato Fabio Bianchi: “comunque vada stasera, di sicuro Gunnarson alla fine farà il capopopolo, avvicinandosi ai tifosi e guidando l’haka del geyser”.
Dimostrazione quasi ‘antropologica’ questa del fatto che - anche nel calcio - è possibile una rinascita. Che vada al di là delle tifoserie violente, delle proprietà opulente dei grandi club. Nonché delle tristi ‘arie di superiorità’ dei palloni d’oro e dintorni, prigionieri del proprio ‘mito’ (?).