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Basta amarli, i colori

Paolo Marcheselli espone alla Biblioteca civica a Silandro le sue opere coloratissime e minimaliste. Sfuggenti a ogni categorizzazione, non sfuggono allo sguardo
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Foto: Salto.bz

È un mondo pieno di colori, il mondo artistico di Paolo Marcheselli che espone per la prima volta le sue meravigliose opere alla Biblioteca civica di Silandro. Sin dal titolo, che cita una frase di Marc Chagall, il pittore russo da lui molto amato, Tutti i colori sono gli amici dei loro vicini e gli amanti dei loro opposti, si capisce quale sia la chiave interpretativa delle sue “cartoline” in formato 10 x 13 cm, giustapposte in gruppi tematici su pannelli posizionati nella sala di passaggio per salire in biblioteca o per accedere alla sala lettura o alla sala di esposizione permanente dedicata ai Menhir, le antiche statue a stele ritrovate tra la stessa Silandro e Vezzano. I pannelli sprizzano energia vitale in quell’ambiente sobrio e austero, composto dalle grosse pietre nude che formano le mura dell’ex castello, la cui costruzione a torre risale al 1200, e di cui si è conservata integra unicamente l’ala ovest, dove appunto ha sede la biblioteca al primo piano.
Già entrare nel cortile è un’impressione mozzafiato: vi si accede da una piccola porta in legno, e la sensazione è di trovarsi in un teatro naturale con le sue arcate su due ordini, modifica apportata nel XVI secolo assieme all’espansione a residenza con l’ala est e l’ala nord.
Ci dicono che d’estate – da quando il castello è passato nelle mani del comune per insediarvi anche i suoi uffici – ci sono (stati) concerti e altre manifestazioni all’aperto. Speriamo che tornino presto…


Consigliamo di dare un’occhiata anche alle enormi due steli con le incisioni nella pietra greggia che risalgono a oltre 5mila anni fa, testimoni di come da sempre l’uomo ami lasciare tracce della propria esistenza con segni più o meno stilizzati che ricordano o fanno immaginare un mondo attorno. È possibile così aggiungere ulteriori livelli di lettura nella visione ravvicinata delle opere di Marcheselli. Pittore autodidatta, ha iniziato quasi per gioco la sua arte nel 2006: stava leggendo un libro di Jiddu Krishnamurti, Sulla paura, una raccolta di saggi apparsa nel 1998, e aveva iniziato – come capita a volte di fare, mentre si ascolta il discorso di qualcuno o si sta al telefono – a scarabocchiare con la matita sul margine esterno delle pagine. Piano piano sono nati veri e propri disegni di ornamenti e forme mitologiche. Quindi Marcheselli, di professione geometra, da sempre amante della lettura e soprattutto della musica, tutta, ha preso carta e colori decidendo di lasciar liberi mano, mente e cuore. Invece di far scorrere le lettere dell’alfabeto davanti a suoi occhi per ispirarsi, ha fatto (e fa) risuonare le melodie più diverse nell’aria, mentre stende con grande pazienza e dedizione il colore sui cartoncini. Armonie e contrappunti, melodie jazz e sonate di sassofoni, voci blues o brani sperimentali da pianoforte: sembrano essere le note a scrivere/disegnare le opere in cui Marcheselli assembla forme e colori in totale libertà. Sempre con un rigoroso concetto dietro, come nel jazz, quando i musicisti improvvisano suonando liberamente su melodie base. La sua melodia base è la libera associazione da cui nascono a poco a poco, puntino dopo puntino, occhi, volti, animali, donne, alberi, eccetera. Questa sua libertà è anche nel senso della visione, perché di fatto i suoi “quadretti” si possono guardare da destra verso sinistra, dall’alto verso il basso, o viceversa. Per esporli, l’inventore di mondi è stato costretto a dare un ordine a questi piccoli mondi, ha dovuto assemblarli, creare un ordine nel caos, che poi è un ordine libero, per l’appunto, nel pieno rispetto del pensiero base del filosofo indiano succitato, amico di scienziati, e autore di una teoria che unisce misticismo e scienza ai fini di una dimensione quantica.


Nelle opere di Marcheselli, infatti, alcuni segni sono da relazionarsi ai più diversi mondi spirituali, elaborati o destrutturati in un contesto assolutamente personale, facendo scattare in chi guarda un diretto contatto tra anima e anima trasportandoci altrove. In un mondo “altro”.
Ecco che sorgono occhi come in quel famoso simbolo egiziano, o fuoriescono animali strambi dal contesto generale per associarsi con forme di un mondo fantastico in un universo delle meraviglie. Colorate, coloratissime.


Per l’esposizione nella Biblioteca civica di Silandro Marcheselli ha scelto di abbinare colori e forme, vicini e opposti, come suggerito da Chagall nella sua frase, per cui da un pannello in cui domina il rosa si passa a uno dove regna il rosso più forte per passare alla parete opposta, in cui è il verde a dominare la scena. Da questo sguardo generale, poi, cade l’occhio in un altro angolo, dove il colore base di tre pannelli è oro e nel primo sguazza un banco di pesci colorati nel mare blu, mentre nel terzo sbuca un enorme tondo che fa pensare alla forma del nostro pianeta, in fiamme: dal centro con tanti puntini verdi, blu, rossi e bianchi si passa ad aree più piene in tono arancione, dove traspare ancora un po’ quello che può far pensare al nostro mondo e la sua vegetazione, finché nel cerchio esterno domina il rosso-oro e tutto sembra bruciare. In mezzo, tra quello che appare come un nucleo “sano” e l’ampio cerchio “malato” paiono danzare piccole forme chiare, tondeggianti o prolungate, come batteri e altri mostriciattoli a infettare il tutto. Non è questo il pannello, però, che Paolo Marcheselli, classe 1951, ha creato nel periodo del Covid, bensì quello che sta in mezzo a questi due: una serie di “quadretti” stavolta direttamente dipinti su un pannello blu scuro attaccato a quello con la base in oro. Una serie che a nostro avviso esprime quel periodo di “fermo” vissuto dal mondo intero, dalla specie umana, beninteso: il contesto generale appare più statico, i colori si muovono nella gamma del verde fino all’arancione, ma non un arancione luminoso come lo vediamo negli altri pannelli, qui regna una tonalità più scura e al contempo più velenosa che sembra rispecchiare la malattia. Le forme sono sempre le sue, libranti, ammiccanti a forme a noi note, ma ciò che nelle altre opere esprime movimento, gioia, vita, nelle persone, nell’aria, nel pianeta, qui comunica un’essenza statica. Tutto è fermo, bloccato, decorativo. L’unico che danza nell’aria, libero, è il virus… Ma Paolo Marcheselli non ce la fa a non comunicare speranza: in questa serie ha messo molto oro, l’oro dell’anima, della speranza che giunge dal profondo dell’essere e – ancora una volta - sa ricondurci nelle sfere della filosofia indiana che non smette mai di individuare semi di vita anche laddove tutto sembra ormai morto.


Come insegna il buddismo: il bellissimo fiore del loto nasce nella melma più oscura e nel cortile fuori c’è il luminoso rosso dei gerani posizionati sui davanzali delle arcate in alto a dirci che l’amore non muore mai. L’amore per l’arte, per la cultura. Che sa sempre e ovunque risollevarci dalle e nelle situazioni più difficili. Basta amarla, la cultura.