Society | L'intervista

Quel che resta del porno

L’emendamento di Pillon: filtro automatico per contenuti “inappropriati”. Evelin Mahlknecht, consulente di sessuologia: “È sull’educazione sessuale che bisogna insistere”
Porno
Foto: Unsplash

L’ultima trovata del senatore Simone Pillon, alfiere della Lega e fra i fondatori del Family Day, già noto alle cronache (anche locali) per il suo campionario di esternazioni sui diritti della comunità LGBT*, in particolare sulle unioni civili, nonché sull’aborto e per un controverso ddl sull’affido condiviso, culmina ora nel porno. I fatti: lo scorso 25 giugno la Camera ha approvato in via definitiva il Decreto giustizia e fra le norme che figurano nel testo ce n’è una, inserita dopo il via libera a un emendamento - l’articolo 7 bis, dal titolo: Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio - proposto dal Carroccio e a firma di Pillon, che prevede che in Italia contenuti online “inappropriati” e riservati solo a un pubblico di età superiore ai diciotto anni vengano bloccati di default. Il fine dichiarato dal parlamentare leghista è quello di proteggere automaticamente, attraverso questa sorta di parental control (funzione che peraltro esiste già in molti dispositivi e che va però attivata manualmente), i minori dalla fruizione di tutti quei contenuti “violenti, pericolosi o eccessivamente espliciti che non siano adatti a un pubblico di bambini”. Per disattivare il blocco il titolare maggiorenne del contratto del servizio di connessione internet dovrebbe inviare una richiesta al proprio gestore.

 

La modifica proposta da Pillon ha incassato l’ok dei deputati visti i tempi stretti con cui il decreto andava convertito in legge (entro il 29 giugno), ma il governo aveva accolto anche un ordine del giorno del Pd, che chiedeva che i filtri potessero essere attivati solo su richiesta del proprietario del contratto, e non in automatico su scelta del gestore. Al di là delle accuse di censura preventiva e di limitazione della libertà di espressione ciò che viene messo in discussione è l’oggettiva applicabilità della norma, senza contare che esperimenti simili introdotti in altri paesi non hanno avuto successo. Come spiega Evelin Mahlknecht, altoatesina, consulente di sessuologia, “bisogna piuttosto insistere sull’educazione sessuale dei giovani, adeguata alla relativa età, che può dare delle risposte alle loro esigenze e alla loro tutela, e che ha lo scopo di sviluppare una sessualità autodeterminata, responsabile e piacevole”. Un tema, quello dell’educazione sessuale, evidentemente privo di appeal per la Lega.


salto.bz: Mahlknecht, posti tutti i limiti operativi del caso, un’iniziativa come quella del senatore Pillon rischia di delegare responsabilità educative di genitori e insegnanti ad altri (nello specifico ai gestori delle piattaforme attraverso cui si può accedere alla fruizione di contenuti sul web)? Oltre che creare maggiori tabù sul tema della sessualità?
 
Evelin Mahlknecht: Un blocco in automatico come previsto da questa legge mi fa pensare più a una censura che a un filtro. È chiaro che certi contenuti non sono per niente adeguati per gli adolescenti e ancora meno lo sono per i bambini ed è anche chiaro che in questo senso bisogna muoversi con tanta attenzione. Di base l’idea di un filtro sarebbe anche buona, solo che in questo caso la cosa non è stata pensata fino in fondo. Ad ogni modo sono dell’opinione che i minorenni non debbano avere un accesso così facile ai siti porno (che davvero non danno nulla in termini di sviluppo sano della sessualità) e che i bambini non lo debbano avere affatto. Il filtro allora può servire ma sempre in combinazione con l’educazione sessuale e un discorso aperto.

Eppure nell’emendamento di Pillon non c’è alcun accenno all’educazione sessuale.
 
Invece bisogna insistere sull’educazione sessuale, adeguata alla relativa età, che può dare delle risposte alle esigenze e alla tutela dei giovani, e che ha lo scopo di sviluppare una sessualità autodeterminata, responsabile e piacevole. Il fatto è che i giovani non sono sempre capaci di elaborare psicologicamente certi comportamenti, immagini o filmati. Poi può anche capitare che un minorenne trovi “per sbaglio” o “per caso” contenuti inadeguati, e allora c’è bisogno dell’intervento degli adulti.

E come dovrebbe attuarsi questo intervento?

Bisogna far capire ai giovani che i contenuti pornografici sono una rappresentazione della sessualità che ha molto poco a che fare con quella “reale”, che si tratta di una forma – chiamiamola “d’arte” di sessualità che non ha uno scopo educativo o l’obiettivo di una condivisione delle conoscenze sessuali, ma di divertire gli adulti. È nostra responsabilità quindi proteggere i giovani, ma anche dare loro la possibilità di crearsi delle competenze adeguate, in modo che riescano a classificare meglio le informazioni percepite. Un divieto assoluto spesso non aiuta i giovani, anzi, li conduce a cercare altre scorciatoie dove noi adulti abbiamo ancora meno la facoltà di tutelarli. Quindi la responsabilità educativa è e rimane di chi accompagna bambini e giovani - sia familiari che professionisti.


 
Dunque l’idea del filtro potenzialmente diventa perfino dannosa dato che gli adolescenti potrebbero fare ricorso al deep web, al revenge porn o comunque utilizzare maggiormente foto scattate e video girati senza consenso?
 
Un certo rischio c’è. Negli ultimi anni il cosiddetto sexting per esempio è diventato un fenomeno diffuso. Il 20% degli adolescenti altoatesini tra 14 e 25 anni hanno dichiarato nell’“Indagine sui giovani 2016” dell’ASTAT di aver praticato sexting. I media digitali sono diventati molto importanti per la socializzazione perché, a fianco della vita reale, sono diventati anche uno spazio per risolvere importanti compiti dello sviluppo. A maggior ragione quindi bisogna sviluppare - e non mi riferisco solo ai giovani - una certa competenza nell’uso di questi mezzi tecnologici, anche nell’ambito della sessualità. Il “nascosto” e il vietato attirano ancora di più l’attenzione e l’interesse, per questo occorrono degli spazi adeguati, sicuri e in cui alberghi la fiducia.
Il consenso è un punto fondamentale, sia nel mondo digitale che nel mondo “reale”. La sessualità senza consenso è un’immagine che viene riportata anche nel porno. Pensiamo specialmente a come vengono “ritratte” le donne nei porno: “vogliono” sempre e subito, vivono una forma di sessualità molto tecnica, con un corpo “omologato” che raramente corrisponde a quello di una persona “comune”. Ma anche l’uomo viene visto come un “toro potente” senza emozioni. Non bisogna aspettare il momento giusto, non bisogna contrattare, bisogna solo funzionare quando serve e in un modo che ha molto poco a che fare con una relazione consensuale e che inoltre può creare tanta pressione. E ribadisco: non è attraverso il divieto che tuteliamo i nostri giovani, ma con un’informazione adatta, con la riflessione comune e aiutandoli a filtrare le immagini percepite affinché essi foggino il proprio senso di responsabilità.

Un divieto assoluto spesso non aiuta i giovani, anzi, li conduce a cercare altre scorciatoie dove noi adulti abbiamo ancora meno la facoltà di tutelarli

Gli adolescenti sono attratti dal porno per curiosità, proprio per cercare anche risposte che non hanno dagli adulti?
 
I giovani sono curiosi di natura e al più tardi quando arrivano all’età dell’adolescenza devono confrontarsi con la tematica della sessualità: norme, valori, identità, genere, corpo, emozioni e via dicendo, ed è compito di noi adulti, di tutta la società nella quale viviamo, rompere il tabù e parlare apertamente. Se invece noi stessi non siamo disposti rispetto al tema a riflettere e discutere assieme, è chiaro che i giovani cerchino altre possibilità per informarsi o confrontarsi.

In termini di educazione sessuale qual è lo status quo in Alto Adige?
 
Esistono diverse offerte, sia per le scuole medie che superiori. Ma anche nelle elementari e nell’asilo si fanno degli interventi. Principalmente si affrontano tematiche relative agli aspetti emotivi e sociali. Obiettivi principali sono la promozione della consapevolezza del corpo, la percezione dei propri limiti e sentimenti, e infine la capacità di dire di “no”. Sono le cosiddette “life skills”, le competenze per la vita, che sono fondamentali. Con ragazzi più grandi bisogna affrontare anche aspetti “tecnici” come la contraccezione e la protezione dalle malattie sessualmente trasmissibili. In Alto Adige si nota però anche che l’educazione sessuale ancora al giorno d’oggi non è parte integrante dell’accompagnamento dei bambini e questo è un peccato oltre che una mancanza. Per il futuro è molto importante allargare le offerte a tutti gli interessati.
 
A suo parere gli adolescenti altoatesini in generale sanno come vivere il sesso in sicurezza?
 
Dipende dai requisiti che hanno, in quale ambiente crescono, quanto aperti sono i genitori a parlare e a riflettere, quali sono le esperienze relazionali (e non parlo di quelle amorose) e gli strumenti che hanno a disposizione. Le informazioni fondate in combinazione con l’autostima, la capacità di esprimersi, la conoscenza del proprio corpo e dei sentimenti, il rispetto dei propri limiti e quelli degli altri sono la miglior prevenzione - e non solo per la vita sessuale.