Politics | Jimmy Milanese

Perché le elezioni ci fanno tanto schifo

Una analisi sulle cause che hanno portato a questa campagna elettorale dai toni aspri e modi rudi.
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La campagna elettorale è quella attività svolta dai candidati alle elezioni per una carica di tipo elettivo, la quale, attraverso una opera di propaganda delle idee, si pone come obiettivo la conquista della fiducia degli elettori al fine di conquistarne il voto. In Italia, esiste una normativa avanzatissima che regola questo particolare momento della vita della Stato, rappresentata da una legge - la N.28 del 22 febbraio 2000 - la quale regola nei dettagli il comportamento dei mezzi di informazione, al fine di assegnare ai contendenti in campo gli stessi spazi ed ambiti di intervento.

Dal punto di vista formale e regolamentativo, si direbbe, siamo una delle nazioni più avanzate dell'Unione Europea, almeno in questo ambito.

Nella pratica, invece, siamo italiani in tutto e per tutto, con il nostro fardello di isteria collettiva, faziosità e assenza di memoria a lungo termine, oltre ad una notevole, quanto diffusa, capacità di manipolazione politica ed intellettuale. Uno dei motivi di ciò sta nel fatto che il nostro ordinamento legislativo non prevede una disciplina nazionale che regolamenti l'attività dei partiti e dei suoi rappresentanti, lasciata quindi totalmente nelle mani delle leadership. In altre parole, non esiste in Italia un minimo comune denominatore di principi etici e disciplina associativa che accomuni ed ispiri il funzionamento dei partiti politici.

Queste caratteristiche, è ben evidente, confluiscono tutte nelle modalità della comunicazione politica italiana la quale, a sua volta, mette in relazione uno specifico sistema dei partiti con la costellazione dei mass media e - sempre più coinvolti dallo sviluppo dei social come strumento di comunicazione - i cittadini.

Sono le caratteristiche intrinseche di questi tre ambiti dell'agone pre-elettorale, così come il prodotto del loro continuo intersecarsi, a definire le coordinate di questa complessa campagna elettorale.

Certo, poi ci sarebbe la questione legge elettorale, verso le quali distorsioni sembra essere riversata la intera colpa per una campagna elettorale aspra nei toni e ruvida nei modi. E' proprio questa, paradossalmente, la coalizione trasversale politica più coerente, in Italia: coloro che puntano il dito su una legge per giustificare i motivi di scelte politiche dissonanti rispetto alla storia personale o di partito, ovvero, incoerenti dal punto di vista diacronico.

La comunicazione politica nell'Italia che si prepara al voto del 4 marzo, è strettamente correlata ad una recente svolta nel panorama politico italiano, ovvero, la perdita totale di riferimenti ideologici come strutture fondanti il sistema dei partiti. Questo fenomeno, ben conosciuto ed analizzato, ha generato una notevole fluidità delle organizzazioni politiche, non solo in Italia. Basti pensare ai successi della Grande coalizione in Germania (2013-2018), tra due partiti quali CDU/CSU, di matrice cristiano-democratico e liberale con la SPD di estrazione social-democratica.

La perdita generalizzata di orizzonti ideologici di riferimento ha portato i soggetti politici alla isterica mappatura della costellazione di quelle istanze popolari e più popolari, oggi efficacemente veicolate dai social network. Una arena visuale e virtuale sempre più frequentata dai soggetti politici.

In questo, il sistema dei partiti che una volta si basava su una forte differenziazione interpartitica, oggi, invece, presenta ampie aree di sovrapposizione delle varie offerte elettorali. La esistenza di leader più o meno carismatici, in luogo di idee contrastanti rispetto a politiche pubbliche specifiche, sono motivo stesso della presenza di una formazione politica piuttosto che un'altra.

In questo scenario, si inserisce un ulteriore elemento, ovvero il ruolo dei mass media italiani i quali, a differenza di ciò che in genere avviene in altri paesi europei, molto spesso più che organi di informazione sono dei veri e propri strumenti nelle mani della propaganda politica. Quando non esiste una proprietà editoriale chiaramente di matrice politica o afferente a un gruppo economico specifico, spesso, per la sua stessa sopravvivenza, l'organo di informazione è costretto ad identificare un elettorato di riferimento e produrre un tipo di informazione che garantisca la sua fidelizzazione. Ovviamente, tutte queste sono logiche che penalizzano l'imparzialità della informazione, nonostante la sopra citata legge che impone ai media regole stringenti relative agli spazi elettorali concessi ai partiti.

In altre parole, il combinato disposto di una legge sulle pari opportunità di comunicazione dei partiti e diffuso orientamento politicizzato dei media, realizza in pieno un sistema di comunicazione speculativo che produce l'effetto di rendere l'Italia il paese a più alto tasso di diffusione di fake news e propaganda politica scambiata per informazione.

Nel gioco della parti, il posto dei cittadini in questa arena comunicativa è fortemente influenzato dalla campagna mediatica di strutturazione e rafforzamento dei pre-concetti e delle opinioni, ad opera dei c.d. veto players, ovvero, tutti quei soggetti che a vario titolo, ma per interessi personali o di partito, cercano di influenzare le preferenze di voto degli elettori. Una opera di influenza dell'elettore che trova le sue coordinate nella interrelazione appena descritta di sistema dei partiti-mass media-cittadini. La speculazione diffusa e continua sui fatti di cronaca e la presa che questa ha sul sistema della comunicazione mediatica, oltre alla corsa verso improbabili promesse elettorali come elemento di intercetto delle istanze diffuse, sono i segni più evidenti della malattia comatosa di una nazione incapace di uscire dalla cecità prodotta dal tifo politico.

Infine, a completamento del quadro politico e mediatico descritto, è giunta una legge elettorale che, ad oggi, produce il solo effetto di obbligare soggetti politici disomogenei verso il raggruppamento pre-ettorale o post-elettorale come condizione necessaria e sufficiente per potere aspirare alla conquista o della maggioranza dei seggi o al raggiungimento di questa in sede di contrattazione post votazione.

Sull'incidenza dei sistemi elettorali sul mutamento dei sistemi di partito, la letteratura è pressoché concorde nello stabilire l'elevato grado di manipolazione di quelli sul funzionamento di questi. Il danno di una legge elettorale ambigua nel prevedere un criterio maggioritario ma di fatto obbligare a una campagna elettorale come se il paese fosse nel pieno del suo proporzionale da prima repubblica, è difficile da calcolare, posto che il sistema politico sul quale impatta la legge elettorale è relativamente poco consolidato e incapace di retoragire, difendendo i propri spazi.

Ecco quindi l'obbligo, nella comunicazione politica dei leader di partito, della impossibilità o quasi di escludere a propri anche quelle alleanze con altri soggetti politici, percepite dai cittadini però come disomogenee se non addirittura intollerabili.