Culture | giovani critici

Un coinvolgente Richard Strauss

Emozionante interpretazione dell'Orchestra Haydn guidata dal suo direttore artistico Arvo Volmer
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Foto: Orchestra Haydn

Buona performance quella dell’Orchestra Haydn, lo scorso martedì 27 febbraio all’Auditorium di via Dante a Bolzano, che ha condotto il pubblico in un viaggio partito con l’esecuzione da La forza del destino di Giuseppe Verdi, passando per Richard Strauss con Morte e trasfigurazione per approdare al Concerto per orchestra di Béla Bartók. In altre parole, un percorso dal pieno Ottocento romantico delle grandi passioni che, percorrendo il tardoromanticismo, giunge fino al selvaggio Novecento. Anche in questa occasione, a dirigere l’orchestra è stato l’abile direttore estone Arvo Volmer.

Il concerto, dicevamo, ha esordito con l’ouverture della Forza del destino, composta da Giuseppe Verdi nel 1892. Nell’opera, particolare attenzione viene prestata alla parte strumentale, la quale rinvia ad una parte solenne caratterizzata da un richiamo di ottoni fino ad arrivare a creare un’atmosfera sinistra ed inquietante che evoca l'unione tra morte ed amore, creata da un motivo ascendente negli archi bassi. L'interpretazione della Haydn ha evidenziato in particolare un dibattito degli archi con i fiati e le percussioni, che sembrava lasciare sempre l’ascoltatore in sospeso, come se tra loro in sottofondo vi fosse un vuoto, una componente mancante.

Dopo quest’inizio non particolarmente grintoso, l’orchestra ha decisamente caricato sfogato le potenzialità espressive con l’esecuzione di Morte e Trasfigurazione di Richard Strauss. Composta tra il 1888 e il 1889, l’opera è articolata in quattro parti: Largo, Allegro molto agitato, Meno mosso e Moderato. Da subito il pubblico è stato travolto da un’atmosfera misteriosa, tetra, con una venatura malinconica, sostituita in seguito dal suono dolce, angelico, quasi fiabesco, dei flauti e dell’arpa. Successivamente, le dinamiche sono leggermente mutate con l’entrata dei timpani fino ad arrivare ad un finale più pacato e rasserenante. Bene la sottolineatura del direttore Volmer nel mantenere costantemente percepibile quel sottofondo angoscioso e cupo ha di fatto incorniciato l’opera, metafora forse di una minaccia perennemente in agguato.

Molto impegnativo è stato, sicuramente, l’ascolto del Concerto per Orchestra di Béla Bartók, composto tra il 1942 e 1943. L’opera si suddivide in: Andante non troppo; Gioco delle coppie: Allegretto scherzando; Elegia: Andante non troppo; Intermezzo interrotto: Allegretto; Finale: Pesante-Presto. A seguito di un’introduzione cupa e seriosa, ogni gruppo strumentale ha potuto trovare un momento di effettivo protagonismo: un virtuosismo è stato riservato agli archi e agli ottoni, mentre nel secondo movimento, i piani strumentali si sono moltiplicati e contrapposti, con una divisione di fagotti, oboi, clarinetti e trombe. In quest'occasione, la musica di Bartók ci ha trasmesso un'energia rude e sinistra, coinvolgente e spiazzante nello stesso tempo.

Nonostante l'interpretazione un po' sottotono dell'ouverture verdiana e la fatica che richiedeva l'ascolto della musica di Béla Bartók, l’orchestra Haydn ha anche in quest'occasione dato prova di grande professionalità, lasciando il pubblico più che soddisfatto e ricevendo da questo un lungo meritato applauso.

Il prossimo appuntamento con l'Orchestra Haydn è per martedì 6 marzo con il celebre direttore d’orchestra Ottavio Dantone e con lo speciale ospite contralto Delphine Galou. Le musiche, tra barocco e classicismo, saranno quelle di Antonio Vivaldi, Georg Friedrich Händel, Christoph Willibald Gluck e Joseph Haydn.

Martina De Noia, Giulia Milan

Liceo Pascoli classe 5M - indirizzo musicale