Society | Gastbeitrag

Muhammad Ali, "The greatest"

Il noto organizzatore di eventi e storico Vanja Zappetti ricorda il campione di pugilato scomparso la notte scorsa all'età di 74 anni.

Sonny Liston era un mostro.
Un Mike Tyson, ma più grosso, più cattivo, feroce, violento, ineducato.
Uno che aveva imparato a tirare di pugilato in carcere, e che ne era uscito per finire nella scuderia di Frankie Carbo, lo "Zar della boxe", uno sgherro del clan Lucchese finito in carcere quasi venti volte prima della seconda guerra mondiale per reati di stampo mafioso, inclusi assassinii e torture.
Sonny Liston era diventato campione del mondo dei pesi massimi, e ne aveva difeso il titolo, incontrando due volte di seguito Floyd Patterson, e mandandolo a casa due volte alla prima ripresa.
Cassius Clay era un giovane aitante, bello, sbruffone: "Louisville Lip", il chiacchierone che osava sfidare il mostro. Certo aveva vinto le Olimpiadi a Roma quattro anni prima, ma da dilettanti è un altro pianeta. E sì, era veloce, agile e scattante, ma non aveva il pugno per tirare giù Liston, quand'anche questo non lo avesse steso al primo colpo.
E così, 43 giornalisti su 46 diedero il campione mantenere il titolo per KO prima della fine del match, il dubbio era solo a quale round sarebbe successo.
In realtà, ma lo sapevano in pochi, Liston da tempo soffriva di borsite alle spalle, e si allenava male. E poi chissà, i 32 anni d'età che dichiarava probabilmente non erano tali, forse erano 40, forse di più. Ma i suoi ultimi tre match, gli unici tre che aveva combattuto negli ultimi tre anni, erano tutti finiti al primo round ed era convinto, lui e il suo staff, di far di Cassius Clay un sol boccone.
Era la fine febbraio del '64, l'America era ancora sotto shock per l'assassinio di JFK del novembre precedente, Sonny era il negro che grazie ai soldi della boxe era andato a vivere nel quartiere dei bianchi, Clay quello che di integrazione non voleva saperne, anzi, frequentava con grande attenzione i movimenti antisegregazionisti e vantava Malcolm X tra i suoi amici cari.
Ma era anche l'America del trionfo della comunicazione TV, dei Beatles all'Ed Sullivan Show una settimana prima dell'incontro.
E il giorno prima del match andarono in TV i due relativi sparring partner, a promuovere il match. Il clan Liston riportò le parole caustiche del campione, che invitava lo sfidante a non farsi male prima dell'indomani, perché valeva un sacco di soldi.
Cassius Clay fece leggere un suo breve scritto, un attacco in piena regola, quasi un sermone in rima, strafottente, acido, tagliente: per molti nacque in quell'occasione l'hip hop.

Daltronde, non era che l'ennesimo episodio di un pressing psicologico brutale, iniziato già all'indomani dell'annuncio del match, quando Clay si procacciò un furgone, lo fece decorare con la scritta "Liston Must Go In Eight" (Liston perde all'ottava ripresa) lo guidò fino a casa di Liston a Denver, nel quartiere dei bianchi, svegliandolo con urla e strepiti alle 3 di notte, e provocandone comprensibile imbarazzo.
E poi c'era la questione Malcom X, e la Nation of Islam, la cui frequentazione da parte di Clay preoccupava non poco gli organizzatori del match. Malcolm X era ormai noto per i suoi discorsi incendiari, e all'epoca aveva già abbandonato la NOI, ma era un caro amico e frequentatore di Clay, tanto da sedere a bordo ring la sera del match. Però Cassius Clay, su suggerimento dello stesso Malcolm X, non aveva ancora annunciato l'adesione ufficiale al movimento, e tutto proseguì senza troppi turbamenti.
Così si arrivò al giorno del match e alle operazioni di peso della mattina, di norma pratica quasi burocratica e piuttosto noiosa.
Clay - come da immagini testimoniate dal video in fondo alla pagina - diede spettacolo. Arrivò quasi in trance, gridando, agitando un bastone da passeggio in stile africano, insultando Liston e promettendogli di tutto, ancora di più quando Liston apparve: "Someone is going to die at ringside tonight!". Un pandemonio, mai visto prima.
Poi arrivò il match.
Primo round, Liston da subito cerca di finire Clay, Clay schiva tutto, o quasi, e fa sembrare goffo il campione imbattibile. Negli ultimi 30 secondi Clay cotrattacca, e va a segno ripetutamente, sollevando un tale putiferio nel pubblico che l'arbitro non sente la campana e il round finisce per durare 20 secondi in più. Per gli esperti, il peggior round della carriera di Liston fino a quel momento.
Secondo round, Liston riequilibra la situazione, ma Clay regge.
Terzo round, dopo trenta secondi Clay colpisce Liston, e gli provoca una ferita sotto l'occhio sinistro, otto punti di sutura. La prima volta nella carriera di Liston.
Liston capisce che la situazione è grave e assalta Clay, colpendolo in quello che è forse il miglior momento di tutto il match per il campione. Ma al suono della campana, Clay per tutta risposta grida "you big sucka, I got you now!"
Quarto round. Clay mantiene misteriosamente le distanze e basta. Schiva un Liston ormai stanco, ma non controbatte, non si capisce, lo si dà per esausto a sua volta. In realtà al suono della campana si scopre che non ci vede, che qualcuno gli ha spruzzato qualcosa negli occhi, si chiede all'arbitro una pausa, per capire e lavarsi, non concessa.
Quinto round, Clay combatte contro un'ombra, quella che riesce a vedere, e schiva Liston.
Sesto round, Clay ci vede di nuovo. Liston diventa un bersaglio quasi immobile, Clay lo riempie di colpi quasi a volontà.
Al suono della campana, Liston seduto al suo angolo dice "That's it", e sputa il paradenti.
Quando il gong chiama al settimo round, Clay è il primo ad accorgersi del paradenti sputato e della rinuncia a proseguire da parte del campione. E corre verso centro ring, anzi balla, a braccia alzate quello che passerà alla storia come "Ali shuffle". E dopo la festa, le altre immagini rese immortali dal loro stesso impatto, Clay che si sporge dalle corde verso i giornalisti e dice "Eat your words, I'm the greatest, I'll shook up the world!"
Trascinato quasi a forza alla conferenza stampa finale, dà degli ipocriti ai giornalisti e saluta la compagnia.
Due giorni dopo, annuncia la sua appartenenza ufficiale alla Nation Of Islam, e diventa Cassius X, con il cognome scelto da tutti coloro che rifiutavano il cognome imposto da famiglie schiaviste.
Una settimana dopo, prendeva il nome di Muhammad Ali.
E avrebbe continuato a fare molta altra Storia.

 

 

Vanja Zappetti