Society | Il commento

La scuola matrioska

Al liceo Pascoli nasce una sezione internazionale in lingua tedesca “vidimata” dalla Germania. È davvero di questo che ha bisogno il sistema scolastico sudtirolese?
Matrioska
Foto: Stephen Edmonds / Wikipedia

La notizia, ai più, sarà passata inosservata: un liceo di lingua italiana a Bolzano, il Pascoli per l'esattezza, avvierà dal prossimo anno scolastico la prima “sezione internazionale” in lingua tedesca patrocinata dal Governo tedesco. Le diplomate e i diplomati di questa classe potranno infatti accedere direttamente alle università della Germania senza dover sostenere un esame di tedesco, in quanto il loro titolo verrà immediatamente riconosciuto dalla Repubblica Federale Tedesca. Tutto chiaro? Forse. Non fosse che pressoché lo stesso trattamento viene già riservato alle maturande e ai maturandi delle scuole tedesche dell'Alto Adige, cui nulla impedisce di studiare in Germania. Qual è la differenza, dunque? La madrelingua di chi sostiene la maturità? O il fatto che l'una rappresenti una semplice scuola di minoranza, mentre l'altra sia una sorta di colonialismo scolastico d'eccellenza?

L'intento, seppur nobile, di ottenere un riconoscimento per gli indirizzi trilingui del liceo bolzanino rende ancora più evidenti i paradossi del sistema scolastico sudtirolese. In un territorio dove già insistono tre scuole separate (due, tedesca e italiana, più la scuola ladina de facto bilingue), gli studenti del gruppo linguistico italiano che intendono immatricolarsi in un ateneo oltre-Brennero – anzi, oltre-Kufstein – saranno invogliati a iscriversi alla sezione tedesca di un liceo italiano anziché diplomarsi, per dire, in una scuola superiore di lingua tedesca. Un gioco di scatole cinesi, o di matrioske, per restare in tema internazionale.

 

Come se a Bolzano non si parlasse tedesco, ma fosse una lingua straniera, parlata perlopiù in Germania; a questo punto viene da domandarsi cosa manchi, alle classi di un normale liceo di lingua tedesca del Sudtirolo, per vedersi riconoscere il titolo di “sezioni internazionali”. È paradossale che una delegazione di ispettori scolastici debba compiere un sopralluogo per conto del Ministero tedesco per l’istruzione, onde certificare la “tedeschità” di un percorso scolastico in Alto Adige, per giunta in una scuola italiana. Dovremmo forse testare pure le scuole di lingua tedesca? L'Austria dovrà inviare gli ispettori per apporre un sigillo sulla nostra Matura?

 

Scuole bilingui che non lo sono

 

Genitori che iscrivono i figli negli asili o nelle scuole dell'altro gruppo linguistico, CLIL e immersione linguistica, anno scolastico in L2 e Intercultura, progetti di scambio linguistico e gemellaggi tra scuole, parificazione del “patentino” ai test al Goethe-Institut, riconoscimento come certificazione linguistica del titolo universitario nell'altra lingua, tentativi (falliti) di equiparare la maturità a una prova di lingua, per non parlare dell'Erasmus in Italia o in Germania – e ora pure la “sezione internazionale” supervisionata dalla Germania: a quanti altri stratagemmi ricorreremo per aggirare le conseguenze della separazione scolastica, ovvero la fatica nell'apprendere la seconda lingua, pur in un territorio sulla carta bilingue?

Quando porremo fine a questo teatro dell'assurdo? Le risposte potrebbero essere molteplici, se davvero volessimo fermare la spirale: dal concepire la scuola non più come unico luogo deputato all'incontro e alla pratica plurilingue – praticando invece le due o più lingue in situazioni “miste” nella vita di tutti i giorni – sino ad arrivare a istituzioni scolastiche compiutamente bilingui.

Sebbene la cosiddetta “scuola bilingue” sia diventata una chimera del dibattito politico altoatesino, un'utopia inseguita oramai quasi da nessuno, come sappiamo nella società resta una domanda di plurilinguismo. Una domanda cui le istituzioni rispondono facendo sembrare questa provincia non un territorio bilingue, quale dovrebbe essere, bensì una comune metropoli monolingue dove occorre aprire “scuole internazionali”. Chiunque frequenti una scuola in Sudtirolo merita di meglio. Ad esempio una formazione linguistica che non ricorra a estenuanti soluzioni tampone, ma sia strutturale. E magari una politica scolastica che eviti di giocare a risiko, di inseguire certificazioni, e lavori invece all'apprendimento della lingua come conoscenza del vicino di casa. Perché il tedesco si parla a duecento metri di distanza dalle Pascoli, non solo a duecento chilometri da Bolzano.