Ode a Jogi
La stabilità della panchina tedesca assomiglia a quella del cancellierato. Dopo due anni come assistente di Jürgen Klinsmann ed un mondiale perso in casa (Grosso e Del Piero, do you remember?) il sereno Joachim ha preso la panchina della Mannschaft nel 2006 e l’ha mantenuta fino al 29 giugno 2021. Un po’ come Angela Merkel, al Kanzleramt dal 2005 fino alle elezioni di settembre 2021. Non è così appariscente Löw, non è una star, non viene ricordato come un grandissimo interprete di questo sport. Anzi, viene preso come zimbello perché quando è nervoso fa una cosa schifosissima che capita spesso anche a noi: scaccolarsi. Quando Thomas Müller fallisce a tu per tu con Pickford il possibile pareggio chi non sarebbe stato nervoso in panchina?
Jogi è stato, nella tradizione tedesca, tremendamente competitivo per 15 anni portando quasi sempre la squadra in maglia bianca fra le prime tre. Gli va riconosciuto il fatto di aver saputo costantemente costruire formazioni competitive basandosi sull’ossatura dei giocatori del Bayern Monaco. E accanto all’agonismo ed atletismo teutonici ha saputo anche costruire un bel gioco di geometrie e freschezza. Il suo capolavoro è stato il Brasile-Germania 1-7 del Mondiale 2014. Oltre alla coppa alzata in Brasile con lui in panchina la Germania è arrivata seconda agli Europei 2008 e uscita in semifinale alle competizioni continentali del 2012 e 2016. Ai mondiali terzo posto nel 2010.
Il fiasco maggiore è stato il Mondiale in Russia del 2018, dopo aver vinto la Confederation Cup del 2017: Germania a casa ai gironi, problemi di spogliatoio, caso Özil.
In generale comunque Löw ha il merito di aver lanciato sempre molti giovani su un’ossatura consolidata di squadra composta dai “bavaresi”, proseguendo quindi nella valorizzazione di quanto effettuato in precedenza da Klinsmann. Ed il successore sulla panchina Dfb, Hansi Flick, vincitore della Champions League 2020 e coallenatore della Germania per alcuni anni dal 2006 con Löw probabilmente proseguirà nel segno della continuità.
Il concetto dello “spazio ai giovani” è sottolineato anche da questi dati del Cies Football Observatory. Tra le migliori squadre della Bundesliga nel valorizzare i propri giovani c’è un certo Fc Mainz, dove è cresciuto Jürgen Klopp come calciatore prima e mister poi. E probabilmente la serie A italiana, dalla sua golden age 1990-2006 è scesa al quinto posto fra le leghe europee (dietro a Inghilterra, Spagna, Germania, Francia), oltre a questioni legate ai capitali, anche alla difficoltà nel valorizzare i nostri ragazzi. Müller per dire in poco tempo passò dalla Regionalliga (terza serie) con la seconda squadra del Bayern alla finale di Champions League. Non è un caso che l’Italia di Mancini abbia un’”iniezione giovanile” che dà speranza e freschezza: Barella, Chiesa, Locatelli, Pessina.
Tornando a Jogi, forse si può paragonare a uno dei suoi primi centravanti nazionali, Miroslav Klose: non così appariscente ed immaginifico per le folle, ma concreto, concretissimo. Fra le curiosità, nel 2017 Löw è stato scelto dal suo Land, il Baden Württemberg, per andare a votare il presidente della Repubblica federale tedesca a Berlino. E se a settembre dopo tanta panchina scendesse in campo?