Culture | Salto Weekend

Wally e il gelato al pistacchio

Un intero libro per raccontare perché Arturo Toscanini (1867–1967), l’ineguagliabile direttore d’orchestra, ha dato a una delle sue figlie il nome inconsueto di Wally.  
Titel
Foto: Wolftraud de Concini

È lunga e tortuosa la strada che porta da una ragazza della montagna tirolese, in Austria, alle mondane serate operistiche nell’Italia settentrionale, in particolare a Milano. Con lo spirito curioso di una detective, Wolftraud de Concini cerca di percorrerla, mettendo insieme vicende reali e fatti inventati, avvenimenti importanti e altri a prima vista irrilevanti, per raccontare una storia che a tratti sembra una fiaba: quella del nome di Wally e dell’opera lirica “La Wally”.
Attorno ai personaggi principali – la Anna-Wally reale, la Walburga-Wally del romanzo, la Wally del melodramma, la Wally Toscanini, la scrittrice Wilhelmine von Hillern inventrice della Wally letteraria – ruotano altre figure del mondo culturale-artistico-musicale della seconda metà dell’Ottocento, in Italia, Austria e Germania: in primo luogo Arturo Toscanini e il compositore lucchese Alfredo Catalani.
Un ruolo particolare nella narrazione spetta a Martin, un affabulatore (reale? inventato?), originario della Val Venosta sudtirolese. Appare, sparisce, racconta, rivela.
Le varie Wally di questo libro, siano esse vere o immaginate, hanno, pur nella diversa provenienza, una caratteristica in comune: sono testarde e caparbie, non si sottomettono a nessuno e, anche a costo di privazioni e sacrifici, combattono per la propria libertà e indipendenza.
Dalle donne dell’Ottocento un monito alle donne di oggi che, delle volte, sono ancora alla ricerca della loro emancipazione. 
E l’augurio che l’opera “La Wally” di Alfredo Catalani possa ritornare sulle scene e ritrovare l’attenzione che merita.


Il Maestro, minuto e nervoso, sta dirigendo le prove del «Lohengrin» di Richard Wagner, suo idolo. Giunto al terzo atto, […] alza la bacchetta quando dal fondo della sala gli si avvicina una persona. Bisbigliano per pochi attimi. E il Maestro, dapprima contrariato per l’interruzione, accenna un breve sorriso. Pochi secondi dopo poggia la bacchetta sul leggio. «Signori», dice con enfasi, «le prove sono sospese. È nata Wally.» 
Seguono lunghi applausi da parte degli orchestrali. 
Era il 16 gennaio del 1900. Arturo Toscanini, 33 anni e direttore artistico della Scala di Milano, corse a salutare la nascita della secondogenita Wally. 
Ci piace immaginarlo precipitarsi dalla moglie Carla con in mano una confezione di gelato, di gelato al pistacchio. Era un gusto che piaceva a lui. Quindi doveva piacere anche a lei.

[…]

Neve, nebbia e nevai, abissi e dirupi. Erano racconti che facevano venire i brividi.
E improvvisamente Martin si mise a canticchiare, scandendo bene le parole: «… là fra la neve bianca, là fra le nubi d’or, lontana assai, e forse a te, e forse a te non farò mai più ritorno. Mai più, mai più! Ne andrò sola e lontana, là, fra la neve bianca, n’andrò, n’andrò sola e lontana…»
E dopo una pausa: «La conoscete, vero, questa aria?»
Certo che la conoscevo. Era l’aria, famosissima, cantata da Wally, protagonista dell’opera «La Wally» di Alfredo Catalani – aria che ti stringe il cuore e ti fa sentire tutta la disperata e disperante solitudine della giovane, cocciuta e ribelle, bandita dal padre in alta montagna. L’avevo sentita tante volte, […] eppure non l’avevo mai localizzata, non l’avevo collegata a questi monti tra Italia e Austria. Un mondo che pure conoscevo per lunga, ripetuta frequentazione. 
Ma ecco che il viaggio transumante di migliaia di pecore tra alte, solitarie cime e lo struggente addio di Wally, eroina d’opera, si sovrappongono, diventano tutt’uno.
E spunta anche Wally, figlia di Arturo Toscanini.


[…]

Durante la discesa verso Maso Corto – le greggi continueranno la loro rotta stabilita da millenni alla volta del territorio austriaco – non smetto di pensare a Wally. Alla caparbia, ostinata giovane che, per decidere del proprio destino, aveva affrontato la solitudine di questi luoghi deserti e desolati. E con quante sofferenze aveva pagato il suo orgoglio di voler essere padrona della sua vita. 

[…]

A Vent […] Wally, un giorno di festa, avverte tutta la sconsolazione del forzato distacco dalla vita tranquilla e protetta che ha condotto finora. Infatti, Vent è l’ultimo villaggio prima del suo bando nel mondo dei ghiacci, deciso dal padre e voluto per testardaggine da lei. Dall’alto di un pendio sente suonare le campane. È Pentecoste. La gente, allegra e vestita a festa, si raduna sul sagrato della chiesa. Un idillio che ora a lei non appartiene più. Dopo la cacciata dal maso paterno l’aspettano solo freddo, deserti di ghiaccio e solitudine. Ma Wally, fiera e indomita, si riscuote dall’accoramento e con passo deciso si avvia verso il suo esilio al Giogo Alto. «Ebben! Ne andrò lontana / come va l’eco della pia campana / là fra la neve bianca / n’andrò sola e lontana», canterà Wally nell’omonima opera di Alfredo Catalani. Da brividi.
Qui nel villaggio di Vent, al centro della Ötztal, Wally decide della sua vita. Lei da sola. 


[Nikolaj Figner] dà a Toscanini la partitura dell’”Edmea” da leggere. Poi lo invita in un albergo di Milano dove – come in tutti gli hotel di allora – c’è un pianoforte. E lo invita a suonare, a memoria, qualche passaggio dell’opera. Alla fine dell’improvvisata esibizione si presenta a Toscanini un signore che era seduto a un tavolino in sala: è Alfredo Catalani che, sorpreso dallo straordinario talento del giovanotto, gli chiede di dirigere l’opera a Torino. È fatta. Tra i due, il sanguigno, irascibile Toscanini e l’introverso Catalani, nascerà una profonda amicizia. Che, purtroppo, durerà poco: Siamo nel 1886 e Alfredo Catalani morirà sette anni dopo. A 39 anni. 

[…]

La Ötztal è una bellissima valle austriaca, al di là del crinale di confine con l’Italia, a nord della Val Venosta. Immagini da cartolina, panorami mozzafiato. 
Sono gli stessi paesaggi, gli stessi monti, gli stessi villaggi che si presentarono ad Alfredo Catalani quando vi giunse nell’estate del 1891. 
Era un viaggio di perlustrazione, un sopralluogo. E Alfredo Catalani non era solo. Era in compagnia di Alfred Hohenstein, un pittore, cartellonista e scenografo tedesco [che] dovrà progettare le scene e disegnare i costumi per l’opera “La Wally”. 

[…]

[Alfredo Catalani] si siede in treno. Siamo alla fine di luglio del 1893. È inquieto e avvilito. I pochi soldi gli basteranno solo per un breve soggiorno nella sua amata e confortante Engadina, lassù tra i monti. Alla stazione di Chiasso, in questa anonima cittadina svizzera al confine italo-elvetico, ha un grave attacco di tisi. Deve tornare con urgenza a Milano.
È solo. 

[…]

Anche Wally, la protagonista della sua ultima opera, del suo capolavoro, era spesso sola. L’unica sua vera, sincera compagnia era Walter, il candido fanciullo, cantore e suonatore di cetra. E trovava conforto nei monti.
Ad Alfredo Catalani è negata anche questa consolazione. Non potrà più ritornare in montagna. Non ha parenti, ha pochi amici che lo vanno a trovare. 
Arriva il 7 agosto 1893. Sta farneticando. E nel delirio della morte dice addio alla Scala. Sta morendo pensando alla “Wally”. A Walter e a Wally, queste sue straordinarie creature.
Sarà Arturo Toscanini a porgergli l’ultimo bicchiere d’acqua. 
Pochi anni dopo Toscanini diventerà padre di Walter, nato nel 1898, e di Wally, nata nel 1900.
Tutto ritorna.