La montagna può essere luogo d'incontro
Ad ogni gruppo linguistico la propria realtà associativa, e guai provare a uscire da questo schema consolidato negli anni che, all’apparenza, sembra far funzionare tutto alla perfezione.
Tra le associazioni che propongono attività a contatto con il territorio altoatesino ci sono sicuramente il Club Alpino Italiano e Alpenverein Südtirol. Quali siano le attività proposte ai giovani dopo la pandemia e se vi sia qualche volontà di collaborazione tra le due associazioni, lo abbiamo chiesto al vicepresidente del CAI di Bolzano, Maurizio Veronese, e all'accompagnatore CAI giovanile, Gianluca Antonacci.
Rapporto ottimo, ma poca cooperazione
“L’idea di creare dei momenti di incontro tra le due associazioni è sicuramente molto bella, bisogna però impegnarsi e lavorarci da entrambe le parti” commenta il vicepresidente Veronese. “In alcuni casi, a livello di escursionismo, si è cercato di attivare questo tipo di collaborazione, ma per motivi organizzativi poi la cosa non ha avuto un seguito. Gli spazi, le malghe e i rifugi ci sono, e possono essere dei punti di partenza per lavorare verso questa direzione; poi però ci dev’essere la volontà di continuare. Oggi come oggi - spiega - è difficile prevedere come andrà avanti, ma sicuramente il futuro del CAI in Alto Adige non può che non essere bilingue. Per rendere possibile questa unione bisogna mettere da parte sé stessi, guardano oltre; solo così possiamo creare una comunità da portare avanti insieme. I rapporti tra le due associazioni sono ottimi, ma bisogna impegnarsi a creare più occasioni di incontro.
Convivenza in Alto Adige? “Incominciamo unendo le associazioni giovanili”
Sorpassando la divisione tra il CAI italiano e l’AVS tedesco, sembrerebbe banale dirlo, ma si abbatterebbe il muro linguistico ormai radicato nella nostra società locale. “I benefici di una potenziale unione, all'interno del mondo dell'alpinismo giovanile, sarebbero molti – spiega Gianluca Antonacci, che da anni ha a che fare con la sezione giovani del Cai – oltre a varcare le divisioni linguistiche, si andrebbero a fondere due approcci complementari nei confronti dell'escursionismo in montagna: quello del CAI, con corsi strutturati e quello dell'AVS, fortemente diffuso sul territorio”.
E come abbattere i muri sociali, se non incominciando a lavorare proprio con i più piccoli? “Consentendo una vera convivenza tra i bambini appartenenti ai diversi gruppi linguistici, si potrebbero ottenere più risultati; e la montagna può essere il giusto luogo di incontro. Inoltre, nei giovani non vi è una presenza così evidente e consolidata delle barriere culturali, come nel caso degli adulti. Io stesso, da giovane, – continua Gianluca Antonacci - facevo parte di un’associazione bilingue di orienteering, ma è proprio in quel momento che mi resi conto che quella realtà era un’eccezione. Proprio per questo vorrei che oggi, le attività interculturali, fossero la normalità”.
L’alpinismo giovanile
Negli ultimi due anni le attività del CAI rivolte ai giovani non sono state molte, delle poche realizzate, però, Antonacci sottolinea: “la risposta giovanile dopo le chiusure è stata molto buona, abbiamo notato una forte volontà di ritrovarsi in gruppo”.
Per quanto concerne le prossime proposte, si guarda già a settembre: “Come alpinismo giovanile incominceremo le gite in concomitanza con l’inizio della scuola proponendo, come prima uscita, un weekend con pernottamento in rifugio”.
Tra quarantene e natura
“Il nostro rapporto con la montagna è sicuramente cambiato nell’ultimo periodo. Il lockdown ci ha fatto riscoprire la bellezza che ci circonda e quanto effettivamente questa sia vicina a noi e facilmente raggiungibile. Non essendo possibile allontanarsi dal proprio Comune, o perfino andare in altre regioni, si sono riscoperti molti sentieri vicino a casa che, forse, non si tenevano in considerazione e venivano trascurati” conclude Antonacci.