Economy | Solland Silicon

Il futuro di Sinigo è già deciso a Pechino

La Solland Silicon di Pugliese e gli accordi di libero scambio cinesi che ci azzeccano?
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Non conosco nel dettaglio le vicende della SunEdison (ex MEMC) che nel gennaio dello scorso anno ha venduto la fabbrica Solland Silicon di Sinigo all'imprenditore irpino Massimo Pugliese, con un accordo da 26 milioni per la fornitura decennale di triclorosilano. A quanto pare, l'imprenditore è alle prese con una serie di fallimenti o, quantomeno, situazioni critiche all'interno della galassia imprenditoriale Pufin Power da lui controllata.

Inoltre, nonostante le promesse alle maestranze, sembra che Pugliese non sia in grado di pagare gli stipendi e le liquidazioni arretrate ai circa 150 dipendenti della ex Montecatini.

Le cronache si sono occupate a lungo della questione, evidenziando i continui tentennamenti dell'imprenditore irpino, il quale sembra proprio volere trascinare per le lunghe l'agonia della frazione di Sinigo.

Dietro a queste scelte, sicuramente ci sono degli assetti manageriali che sfuggono anche alle cronache più attente, ma c'è un aspetto non secondario che non è stato affrontato.

Infatti, una delle cause del tracollo dell'industria sinighese è nell'irruzione sul mercato siderurgico e della chimica del colosso cinese, all'incirca all'inizio del 2010.

La Cina è sempre più capace di praticare prezzi di vendita/export dei suoi prodotti fuori da ogni possibile competizione con le aziende occidentali.

Il colosso asiatico ha recentemente stipulato accordi di scambio con diversi paesi firmatari del Trattato Trans Pacific Partnership, e sta negoziando con il Giappone per creare la c.d. Regional Comprehensive Economic Partnership che ingloberà tutta l'Asia, oltre all'Australia e Nuova Zelanda. Una specie di hub attorno a Pechino, invincibile e impermeabile alla concorrenza estera. Inoltre, il prossimo 16 settembre la Cina probabilmente uscirà dal novero dei paesi Non Market Economies, quindi, vedrà riconosciuto internazionalmente come legittimo il livello dei prezzi praticato sul suo territorio, oltre che potere finalmente uscire da quella rete di dazi antidumping che frenano il già imponente export. Infatti, la Cina produce il 45% del suo reddito proprio grazie ad aziende a totale controllo statale, in particolare nei settori della siderurgia, chimica ed elettronica. Un dumping praticato grazie al costo basso della manodopera, ad una filiera produttiva a carico dello stato, oltre a politiche di export di prodotti a prezzi perfino inferiori a quelli di costo. Ecco, dal 16 settembre quel sistema di produzione e vendita che determina l'export cinese, sarà perfettamente conforme ai parametri WTO. Quel dumping, appunto, che ha tolto dal mercato la produzione MEMC, e che non si capisce proprio come Pugliese potrà mai contrastare, nonostante le sue infinite promesse.