Politics | Schützen, rap

Mamma Tirol e Vater Jürgen

‘Mamma Tirol” è un progetto per il quale i nostri fan balleranno sui tavoli.’
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Come scriveva Karl Kraus, il grande commediografo e scrittore austriaco, ‘il diavolo è ottimista, se pensa di potere peggiorare gli  uomini’. Kraus non ha potuto conoscere per motivi di anagrafe il Comandante degli Schützen Jürgen Wirth Anderlan. Ma se ne avesse avuto occasione, avrebbe probabilmente ottenuto l’ennesima prova per convincersi dalla bontà della sua massima. L’ultima provocazione del barbuto emulo di Andreas Hofer è un brano musicale intitolato ‘Mamma Tirol’, in cui, nei panni del novello rapper, esalta i valori del patriottismo avversando i traditori delle tradizioni con toni marcatamente maschilisti e discriminatori nei confronti di tutto ciò che esula dalla sua concezione ultraconservatrice del mondo. Il testo è talmente pesante che diversi Schützen hanno reputato opportuno dissociarsi ufficialmente dal loro comandante in capo.

Si potrebbe naturalmente infierire lungamente sul comportamento dell’Anderlan, e sul suo desiderio di sentirsi protagonista di un’epopea di liberazione di un popolo che gode degli standard di vita migliori del mondo. Ma conviene lasciare il nostro comandante al suo destino di condottiero di un esercito immaginario per affrontare un altra questione. Quella di chi sono gli Schützen e quale è il loro significato in un’epoca di crisi sociale, economica e ambientale senza precedenti. Che cosa devono difendere i cappelli piumati e da cosa devono soprattutto difendersi per tenere alto il proprio onore?

Anche se il tentativo dei dirigenti dell’associazione degli ultimi anni è stato quello di conferire loro il ruolo esclusivo di attivisti politici della causa dell’irredentismo, gli Schützen sono sempre stati e ancora sono molto altro. Durante il primo lockdown l’azione più eclatante delle compagnie sudtirolesi non è stata  per esempio l’innalzamento di cartelli e striscioni inneggianti l’autodeterminazione ai confini e sulle  strade della provincia. Qualche fuoco sulle montagne nel 2020 fa al massimo folklore e porta benzina al fuoco delle contrapposizioni etniche su cui la politica locale ha fatto le sue fortune. Ma di altro resta poco. Cosa rimane è piuttosto la disponibilità di centinaia di  cappelli piumati volontari in abiti civili resisi per durante  il primo lockdown disponibili per sanificare le strutture delle RSA, resta l’impegno di altre migliaia di volontari impegnati nella protezione civile, nel corpo dei pompieri, nella solidarietà. 

Sulla stampa e i media italianofoni non ci sono grandi informazioni al riguardo, probabilmente perché fa più audience mostrare alcune centinaia di Schützen con fucili a tracolla alla commemorazione dei terroristi sepolti al cimitero di San Paolo. Eppure oltre che all’esagitato e eversivo comandante Anderlan e ai suoi fans più sfegatati, esiste un altro mondo di uomini e donne dedite alla tutela delle tradizioni, alla solidarietà e al bene comune che non ha niente a che spartire con gli atteggiamenti discriminatori nei confronti delle minoranze e di chi non condivide la dottrina del pensiero unico neohoferiano. Probabilmente molti capiscono bene che rivendicare i diritti di una minoranza, stigmatizzando chi la pensa in modo diverso non è un’opera di ingegno intellettuale particolarmente apprezzabile anche se fino a oggi le reazioni di distinguo sono state minime. Ma come per ogni cosa anche per le perfomance del comandante in capo c’è un limite.

Klaus Gatterer, forse il più grande scrittore sudtirolese del Novecento, aveva dipinto nel suo ‘Bel paese brutta gente’ un affresco memorabile delle genti locali. Il libro è il racconto della gioventù dell’autore trascorsa in alta Val Pusteria, a Sesto, dopo l’annessione della provincia di Bolzano all’Italia. Gatterer descrive la vita della gente normale che deve combattere contro uno stato invasore che non rispetta le tradizioni, impone leggi incomprensibili, che cerca di estirpare le radici, la cultura e l’economia della terra. Nel libro non è la divisione tra tedeschi e italiani a avere però il sopravvento, ma la distanza tra un mondo autentico e il tentativo di strumentalizzarlo per fini nazionalistici e autoritari. I protagonisti del racconto sono così tedeschi saggi e italiani ottusi, ma anche italiani generosi e tedeschi sciocchi e prepotenti. Da una parte e dall’altra si trovano fascisti fanatici e simpatizzanti del nazismo di eguale nullo spessore umano che sono i veri nemici della vita buona. L’odio etnico, la rabbia nei confronti del diverso, la supponenza verso chi non condivide le proprie idee non hanno spazio tra la gente autentica che vede nelle sue tradizioni, nella sua lingua e nella  sua cultura qualcosa da tramandare alle nuove generazioni, ma non da imporre con violenza e prepotenza sugli altri.

Gli Schützen, ottanta anni dopo l’avvento del fascismo, riproducono eguali nel tempo le stesse dinamiche e le stesse tensioni. Da un lato, ci sono coloro che credono in certi valori, che rispettano le generazioni che li hanno preceduti, che tutelano l’ambiente, difendono la vita dei più fragili, rispettano i diversi sapendo che ciascuno nel rispetto reciproco fa parte  di questo mondo. Dall’altro, ci sono i fanatici e gli ottusi, coloro che seguono le convenzioni senza mai chiedersi se sia giusto o sbagliato quello che stanno facendo, convinti che la ragione stia sempre e solo dalla loro parte.

Sono mondi così lontani e incomprensibili gli uni agli altri che spesso l’unica strada di convivenza è l’indifferenza. Ma ci sono anche momenti in cui restare silenti non basta. Erika Mann, figlia del grande Thomas, nel 1934 direttrice del cabaret politico ‘die Pfeffermühle’ in uno degli ultimi spettacoli prima della chiusura da parte del regime e dell'avvento del demone nazionalista era salita sul palco con il suo costume da pierrot, introducendo la serata con questi versi: “Immischiatevi! Si tratta della vostra terra! E siete voi solo voi a avere tutto il potere! Fate in modo che diventi un pò più caldo in questa brutta notte di inverno” .

Se un augurio alle genti autentiche di questa terra si può fare per il nuovo anno è che si sentano finalmente forti e tonanti le voci di chi non approva che la difesa delle tradizioni si trasformi nella diffusione di messaggi di irrisione e disprezzo verso il diverso. Le voci di qualcuno che dica a chiare lettere: Comandante Anderlan, non è del tuo oscuro e ossessivo patriottismo dei confini chiusi che abbiamo bisogno, ma di un mondo che si fondi su valori autentici di solidarietà, rispetto e tolleranza. 

 

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alfred frei Wed, 01/13/2021 - 11:13

"un popolo che gode degli standard di vita migliori del mondo"; a parte di una opportuna analisi della stratificazione sociale della popolazione locale, questa affermazione meriterebbe una riflessione storica che non si limita a ‘Bel paese brutta gente’, o no caro Luca ?

Wed, 01/13/2021 - 11:13 Permalink