Politics | Elezioni Europee

Ce lo chiede l’astensione

La disaffezione alla politica, anziché punirli, premia i partiti. Le europee ne saranno l'ulteriore dimostrazione.

Ieri sono stati presentati in pompa magna i manifesti del PD per le elezioni europee, col marchio di fabbrica di Matteo Renzi (“L’Europa cambia verso” e soprattutto ci chiama per nome: “Ce lo chiede Chiara”) e dell’agenzia di comunicazione che curò la sua corsa alle primarie, Proforma. Mentre sul web circolavano in anteprima le prime immagini dei testimonial democratici, i Freiheitliche nostrani stringevano l’alleanza strategica con la Lega Nord di Matteo Salvini, presentando il simbolo comune (il solito Alberto da Giussano con in piccolo la F dei liberali sudtirolesi). I sondaggi sono favorevoli ai due partiti guidati da un Matteo: il Partito Democratico è dato ben oltre il 30% - percentuale superata solo alle politiche 2008, grazie al voto utile - mentre la Lega torna sopra la soglia psicologica del 4%, attestandosi attorno al 5%.

Eppure, a giudicare dal diffusissimo disinteresse verso l’ormai prossimo appuntamento elettorale, non c’è bisogno di un veggente per prevedere quale sarà il vero vincitore delle europee: l’astensionismo, “primo partito” già da numerose tornate elettorali e alimentato dalla sempre crescente sfiducia verso la classe politica. L’astensione, però, tende comunque a favorire i partiti esistenti – persino quelli travolti da innumerevoli inchieste (vedi la Lega) o da ripetuti fallimenti (leggi: PD). E bastano pochi presupposti per vedere crescere la percentuale del proprio consenso: un “nocciolo” di elettori  fedeli, un’organizzazione capillare, il giusto maquillage generazionale e – questo vale soprattutto per il PD – la sostanziale inesistenza di un competitor minimamente all’altezza della sfida elettorale. A fronte della perdita di milioni di voti, caduti nel vuoto del non-voto, i partiti sopravvivono dunque all’avversione dei propri ex-elettori delusi, magari addirittura aumentando il numero dei propri eletti. Lo si è visto l'anno scorso, quando il centrosinistra ha conquistato alle amministrative praticamente tutti i sindaci delle città capoluogo.

Anche in Sudtirolo – come l’Italia storico campione di partecipazione al voto europeo – potremmo assistere a un tracollo dell’affluenza, soprattutto per effetto dello “scandalo pensioni”, che sta accelerando una sorta di adeguamento del panorama poltico sudtirolese a quello italiano, meno rigido e con forti spinte antipolitiche. Il calo degli elettori sarà dunque un trend fisiologico e costante, accettato dal nostro sistema politico così come avviene in altre democrazie d’Europa. E difatti già ora nessuno, tantomeno il premier e segretario Renzi, sembra minimamente interessarsi alla non-partecipazione quale sintomo di sfiducia, anzi, in un certo senso addirittura la persegue. Detto in modo stringato: è l’astensione a chiedere alla politica di fare qualcosa, ma se le persone non andranno a votare, alla politica andrà benissimo così.