Society | Progetto Superlocal

“Il tour delle produzioni locali”

De Chirico promuove il progetto Superlocal: “I designer incontrano gli artigiani di Bolzano per creare una sedia tirolese”. L’invito a Shanghai e il turismo “nuovo”.
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Superlocal
Foto: Andrea de Chirico

Andrea de Chirico, ricercatore della facoltà di arte e design di Bolzano, nonché ideatore del progetto Superlocal, di cosa tratta l’iniziativa?

“SUPERLOCAL 0 miles production” è un sistema per produrre oggetti di uso quotidiano su scala locale. Il progetto parte dal presupposto che ogni spazio urbano è una rete di persone, materiali e processi. Una volta mappate queste reti, esse vengono messe in relazione usando come pretesto la costruzione di un mobile. Il progetto è partito nel 2015 a Eindhoven, in Olanda, per poi essere implementato a Roma, a Londra e ora a Bolzano.

 

Come si è svolta la prima fase?

In ogni città sono stati progettati alcuni oggetti: asciugacapelli, sedie, tavoli, sgabelli e via dicendo. L’iterazione di Bolzano ha prodotto un set per l’ascolto della musica che si compone di quattro oggetti, ognuno espressione di lavorazioni e forme tipiche della zona dell’Alto Adige, la lavorazione del feltro, del legno, della pietra e dei tessuti per citarne alcune. Sono una cassa bluetooth, una sedia tirolese, un tavolino e un tappeto. Ogni oggetto combina elementi di riuso, e manifattura tradizionale unitamente a quella digitale, come la stampa 3D, la fresa a controllo numerico e il taglio laser. La commistione dei due tipi di manifattura costituisce secondo la nostra visione, il futuro dell’artigianato.

 

Riguardo alla seconda fase, in quale modo svilupperà?

La seconda fase dell’iterazione altoatesina, come anche per le altre iterazioni, è costituita dal tour di produzione. Che consiste in una giornata in cui un gruppo di dieci persone effettuano il percorso della produzione, e mentre incontrano artigiani e visitano cooperative e negozi si costruiscono la loro sedia tirolese. Diciamo che l’idea sarebbe quella di offrire un’alternativa al modo tipico di comprare gli oggetti. In questo caso, anziché comprare l’oggetto finito, si compra l’esperienza con cui costruirselo. Oggetto nasce quindi con una memoria personale dell’utente.

 

Quando comincerete?

A metà giugno partiremo con un test di prova, per poi partire con i tour veri e propri da luglio, in cui i partecipanti pagheranno un biglietto per partecipare, che comprende l’oggetto, l’esperienza della sua costruzione, e il pranzo, momento fondamentale a livello sociale.

 

Qual è la valenza del progetto, nell’ottica, se così si può riassumere, della valorizzazione del rapporto tra università, creatività e territorio?

Sì, esattamente. Il valore del progetto sta proprio nel creare collegamenti tra varie realtà locali, sia fra queste e il pubblico che fra di loro. Vorremmo creare una finestra sulla produzione locale come un modo per creare un nuovo rapporto tra le persone e i luoghi. Al turismo tradizionale costituito da visite a monumenti e luoghi di interesse tipici si aggiunge un turismo che potremmo definire “produttivo”, che passa per un contatto fisico con materie e talenti artigianali su scala locale. L’idea è proprio quella di creare un movimento di persone, progettisti e non, che operano seguendo questo modus operandi, in modo da creare un vero e proprio movimento di persone.

 

È un’intuizione, quella del contatto fisico con la filiera produttiva, che sta facendo breccia oltre i confini del progetto?

Superlocal opera territorialmente ma senza dubbio ha un’eco globale grazie alla piattaforma web. Oltre a produzioni locali e ai tour organizziamo anche lezioni e conferenze in varie università e fiere in giro per il mondo per sensibilizzare le persone rispetto al tema della produzione locale. Tali iniziative avvengono in varie università in Europa e anche in contesti fino a questo momento abbastanza lontane da questi temi, come lo scorso ottobre, quando siamo stati invitati dalla MINI a presentare il nostro progetto a Shanghai, in Cina. Credo che anche le grandi aziende stiano iniziando a capire che c’è una necessità di ripensare i nostri sistemi produttivi, sociali ed economici, e questo è un buon segno!