Popolazione e debito ambientale
Il 23% supera i 65 anni e solo il 13% è composto da giovani al di sotto dei 15 anni. Dati che ovviamente fanno riflettere e si moltiplicano le proposte per una serie di incentivi, anche finanziari a chi procrea.
Anche se questo è un dato di fatto bisognerebbe comunque allargare l’orizzonte. L’andamento demografico, nell’era della globalizzazione, non può solo fermarsi alle analisi locali. Dobbiamo adottare una visione complessiva anche di fronte ai fenomeni di migrazioni di massa, che coinvolgono ormai ogni angolo del mondo.
Sono coinvolti in prima linea i paesi dai quali si emigra e quelli che devono gestire questi flussi. Sono problemi che difficilmente potremo fermare e non esiste frontiera che regga queste ondate. Se questo è lo scenario anche il lamento sul decadimento demografico nei paesi più sviluppati va analizzato in una dimensione più globale.
Senza ombra di dubbio siamo di fronte alla necessità di una decrescita demografica globale, per garantire all’umanità un futuro più sostenibile. La popolazione mondiale dall’inizio dell’era industriale è cresciuta da 750 milioni di persone a due miliardi nel 1930.
Nel 1974 il numero degli individui era raddoppiato per arrivare ai 7,5 miliardi di oggi. È una realtà che in alcune parti del mondo è in regressione, in altri come in Cina si è fermata, ma in India e in Africa, per citare solo alcune società, galoppa e le previsioni parlano di 10 miliardi di persone nel 2100.
Questa evoluzione ha ovviamente sconvolto gli assetti socio-economici delle popolazioni e portato a un’urbanizzazione a discapito delle zone rurali montane, con agglomerati urbani come Lagos con oltre 16.000.000 di abitanti. Citiamo Lagos piuttosto che alcune città cinesi, perché fa parte di un paese povero come la Nigeria con una crescita demografica molto alta.
Già oggi più di metà della popolazione mondiale vive in aree urbane, un dato destinato a crescere ulteriormente.
Le preoccupazioni a questo punto sono la scarsità di materie prime e le montagne di rifiuti. Già oggi le sostanze inquinanti che avvelenano l’aria in tante città, soprattutto nel terzo mondo, e l’inquinamento dell’acqua costituiscono una minaccia per la vita delle popolazioni ivi residenti e in ultima istanza di tutto il pianeta. Detto con brutalità: in natura esistono questi meccanismi e di fatto una crescita demografica eccessiva potrebbe essere di fatto frenata dalla natura stessa, pensiamo, solo per fare alcuni esempi, alle conseguenze della scarsità di viveri e delle risorse idriche.
Oggi di fronte a fenomeni migratori si tenta di tornare al concetto d’identità nazionale. È un concetto difficile da dimostrare. Nel corso della storia intere popolazioni sono scomparse mescolandosi con altre. Etruschi, Longobardi, Goti e vandali hanno calpestato il suolo italiano ed entrati nei libri di storia.
Del resto le considerazioni da fare sono anche pratiche. In Italia registriamo una densità abitativa di 200 persone per chilometro quadrato, calcolata al lordo delle superfici non utilizzabili di varia natura. Ognuno di noi ha dunque, attualmente, a disposizione mezzo ettaro. Dai calcoli statistici emerge che, in termini di cibo fornito e smaltimento di rifiuti, viviamo circa quattro volte al di sopra delle possibilità. Lo possiamo fare perché viviamo sulle spalle di altri territori per quanto riguarda il nostro fabbisogno di materie prime. E, soprattutto, stiamo pesantemente intaccando le ricchezze destinate alle generazioni che verranno, che giustamente incominciano a protestare. Debito pubblico e debito ambientale sono i temi caldi, ma per quello ecologico purtroppo non c’è Banca centrale che ci possa salvare.
Come accennato prima siamo grosso modo 7,5 miliardi di umani e cresciamo al ritmo di 80 milioni. Secondo autorevoli modelli demografici la popolazione mondiale salirà a 9,7 miliardi nel 2050, arrivando a fine secolo sui 10-11 miliardi. Si stima che il nostro pianeta può sopportare non più di 8 miliardi. Per fortuna il miglioramento produttivo dell’agricoltura ha consentito di far fronte finora alle necessità di cibo che, ad oggi, sarebbe sufficiente, ma che purtroppo è distribuito in maniera iniqua con sperpero in certi paesi e fame in tanti altri.
Già ora la popolazione mondiale consuma le sue intere disponibilità annuali in poco meno di sei mesi. Per andare in pareggio dovremmo avere il 70% di terreni agricoli in più. Si sta inoltre riducendo la quantità di acqua potabile disponibile pro capite, e oltre alla fame è facile prevedere che in un futuro ormai prossimo il numero dei morti per sete sia destinato a salire. Il livello di anidride carbonica presente nell’atmosfera sta aumentando e non a caso si paventa la devastante previsione dei 4 gradi in più di temperatura globale. Anche la sovrappopolazione aggrava questo problema.
Quali sono le azioni più efficaci per ridurre le emissioni di anidride carbonica? Da studi autorevoli emerge che la riduzione del numero di abitanti sulla Terra aiuterebbe molto al contenimento dei gas serra. Dunque il problema demografico non è secondario. Il richiamo di procreare con consapevolezza è una visione saggia e responsabile. Un uccellino non fa la primavera e una leggera flessioni nella natalità in qualche Paese non sarà in grado di contrastare la corsa dell’espansione demografica.
(*) secondo gli ultimi dati Istat.