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Ultima della classe

L’Italia nel report dell’Ocse: ampia la forbice fra Nord e Sud, gli studenti di Bolzano sono un anno avanti rispetto ai campani. I laureati sono pochi e poco valorizzati.
Studenti
Foto: upi

Nel nostro paese i laureati sono pochi (e poco valorizzati) e i lavoratori hanno un basso livello medio di competenze. È questa, in sostanza, la fotografia dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) che in un rapporto diffuso oggi (5 ottobre) certifica che “negli ultimi 15 anni i risultati economici dell’Italia sono stati lenti. Nonostante alcuni progressi nell'occupazione la crescita di produttività è stata stagnante”.

Solo il 20% degli italiani tra i 25 e i 34 anni è laureato rispetto alla media Ocse del 30% e chi possiede una laurea h,a in media, un più basso tasso di competenze in lettura e matematica (26esimo posto su 29 Paesi Ocse). Lo “Skills Strategy Diagnostic Report - Italy 2017”, che è stato redatto in due anni, sottolinea inoltre le differenze fra Nord e Sud: il divario della performance in PISA (Program for International Student Assessment) - il sistema per la valutazione internazionale dei quindicenni scolarizzati -, tra gli studenti della Provincia Autonoma di Bolzano e quelli della Campania equivale a più di un anno scolastico.

L’Ocse insiste su “la variazione significativa nella performance degli studenti all'interno del Paese, con le regioni del sud che restano molto indietro rispetto alle altre. Per esempio, mentre gli studenti della Provincia Autonoma di Bolzano ottengono risultati estremamente soddisfacenti, in linea con quelli dei Paesi che occupano le posizioni di testa nelle classifiche internazionali, quali ad esempio quelli degli studenti coreani, gli studenti della Campania si collocano più in basso, allo stesso livello di quelli cileni o bulgari. Un divario tra aree geografiche ampio richiede interventi sulle politiche per le competenze che siano coordinati, ma al contempo differenziati sul territorio”. 

Lavoro, now what?

Scuola e lavoro, secondo il report i due mondi non si parlano abbastanza. L’Organizzazione di Parigi punta il dito sulle università, che non sarebbero in grado di intercettare a dovere le esigenze del mondo del lavoro; ma anche sulle imprese, che non riuscirebbero a utilizzare a pieno le competenze a loro disposizione investendo inoltre poco in tecnologie e pratiche di lavoro che migliorino la produttività.

Ci sono lavoratori che hanno competenze superiori ma svolgono mansioni che ne richiedono meno (11,7%) e sono sovra-qualificati (18%), e una percentuale alta (35%) di lavoratori occupati in un settore non correlato ai propri studi. Circa il 6% di chi ha un impiego possiede competenze basse rispetto alle mansioni svolte, mentre il 21% è sotto qualificato. Essenziale, si spiega nel rapporto, una maggiore partecipazione da parte delle donne (tra i paesi membri dell’Ocse, l’Italia è al quartultimo posto in quanto a occupazione femminile) e dei giovani nel mercato del lavoro.

La strada è ancora lunga ma qualcosa di buono è stato fatto, e il riferimento è alle riforme strutturali messe in campo come quella del Jobs Act e della Buona Scuola o il Piano nazionale scuola digitale e il Piano nazionale Industria 4.0, riforme che, sostiene l'Ocse, “vanno nella giusta direzione e hanno il potenziale per generare quelle sinergie e complementarietà tra le politiche di cui il paese ha bisogno per rompere l’attuale equilibrio di bassa produttività e basse competenze”. I risultati, dà atto l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, si vedono: “sono circa 850mila i posti di lavoro creati da quando queste riforme sono state adottate” e “il numero di nuovi contratti a tempo indeterminato è aumentato, mentre il numero di nuovi contratti a tempo indeterminato è aumentato e molti contratti di apprendistato e temporanei sono stati trasformati in contratti permanenti”.