Politics | Integrazione

Riace è lontana

L'arresto del sindaco di Riace Mimmo Lucano riapre il dibattito sull'accoglienza. Tra decreto Salvini, SPRAR e rimpatri, cosa dicono i sindaci di Bolzano e Laives?
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Foto: from the web

Martedì scorso, 2 ottobre, è stato messo agli arresti domiciliari il sindaco di Riace Mimmo Lucano, noto promotore del “modello Riace”, un sistema virtuoso di accoglienza e integrazione dei migranti attuato da molti anni nel piccolo centro calabrese. Due i capi di accusa: favoreggiamento dell'immigrazione clandestina per la presunta organizzazione di un “matrimonio di comodo” per permettere a una donna di origini nigeriane – cui era stata respinta la richiesta di protezione internazionale – di rimanere in Italia; l’affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti a due cooperative sociali in cui operano dei migranti. Dall'inchiesta della Guardia di Finanza che ha portato all'incriminazione di Lucano non sarebbe però emerso alcun elemento che riconduca a un uso illecito dei fondi per il CAS e lo SPRAR (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) né tantomeno un'appropriazione indebita di denaro pubblico. Il primo cittadino avrebbe pagato la propria disobbedienza civile e, secondo alcuni, lo scontro con il ministro degli interni Matteo Salvini.

Qui Caramaschi

Mi trova impreparato – risponde il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi – Non ho seguito, ho solo visto i titoli: dedico la mia giornata a correre dietro ai problemi della città, ormai sono a venti ore, non scherzo. Non so cosa abbia combinato, di cosa sia stato accusato... Non entro nel merito”. “In Alto Adige esiste lo SPRAR in periferia – prosegue il primo cittadino del capoluogo – mentre noi non lo abbiamo perché siamo over-quota. Ora il governo taglierà i fondi per lo SPRAR, nonostante fosse una soluzione intelligente perché collocava i migranti nei piccoli paesi, dove hanno la possibilità di assorbirli meglio, di integrarli. Bolzano aveva 800 migranti su 500 che poteva accoglierne, la Provincia ne ha distribuiti 300. Se metto 5 persone in un paese è più facile trovare lavoro, c'è l'agricoltura, l'artigianato... in una città è tutto più complicato, per non dire “violento”. Se si taglia lo SPRAR, gli enti locali non potranno sostituirsi allo Stato, pure in Sudtirolo. Spero ci sia una razionalità emotiva: propensione all'accoglienza con buonsenso e razionalità, di numeri e di situazioni diverse. Se si va solo alla polemica, agli slogan, non si va da nessuna parte”.

Caramaschi guarda al futuro prossimo, ovvero alle persone ancora in attesa della definizione giuridica del proprio status, cioè del riconoscimento dell'asilo politico “quando in media il 60-70% delle richieste vengono respinte: lì avremo un problema, perché perderanno il diritto all'assistenza, al posto letto, al cibo. Quando gli arriva il “no” poi dove vanno? Il rischio è che ce li troviamo per strada, in giro per la città”. Il sindaco di Bolzano guarda a Roma: “Salvini parlava di centomila rimpatri al mese, ma solo ora si comincia a dire che bisogna parlare coi governi. Per rimpatriare occorre sia d'accordo il governo di provenienza. Le faccio un esempio: abbiamo problemi persino a rimpatriare persone comunitarie, in Polonia o Ungheria, paesi refrattari a riaccogliere i propri stessi cittadini in stato di bisogno. È come parlare con dei fantasmi, si fatica a rintracciare i funzionari... è una partita micidiale. Il ministero degli interni affronti il problema di chi non sarà più ammesso all'assistenza. Le ordinanze sui luoghi pubblici sono solo palliativi”.

Qui Bianchi

Su Riace mi coglie molto impreparato, non ho né letto né approfondito. Non saprei in questo momento dire di più” risponde il sindaco di Laives Christian Bianchi. “Talvolta come sindaco, nel tentativo di fare qualcosa che potrebbe risultare anche positivo per la comunità, si rischia di fuoriuscire dalle normative cui si è tenuti al rispetto – perché altrimenti il rischio è di interpretare ognuno singolarmente quale può essere il limite. Non conosco il caso, ma con il massimo dell'impegno che ci stiamo mettendo anche noi a Laives, non si può prescindere dalla legge. Se l'ha fatto, anche in buona fede, ha sbagliato”. “Da un anno e mezzo abbiamo un CAS con capienza massima di 60 persone – prosegue il sindaco di Laives – in questo momento sono 48, un numero variabile a seconda delle esigenze e del numero di sbarchi a livello nazionale. Se si riesce a tenere numericamente stretta la quota di nuovi arrivi, la situazione può essere gestita, cosa ben diversa da quando due anni fa arrivò un numero molto alto di persone: come sindaci, come amministratori, a prescindere dal colore politico guardiamo con favore al fatto che si faccia qualcosa per diminuire il numero di persone che arrivano in Italia”.

A detta di Bianchi ci sono due temi fondamentali da affrontare: “In primis la gestione in attesa dell'accoglimento (o non) della domanda e del successivo ricorso, passando da CAS e SPRAR. La ripartizione nei comuni più piccoli ha dato la possibilità di scaricare i CAS e portato i migranti sul territorio: con 8 in un piccolo comune la popolazione ha la possibilità di controllarli meglio e di non concentrare i migranti in questi grandi centri dove li parcheggi e finisci per creare situazioni di difficoltà”. Ma col taglio dei fondi allo Sprar – già in via di attuazione – non si rischia di non poter portare avanti i progetti Sprar in Sudtirolo? “Non è detto. Il fatto che il decreto Salvini cancelli il concetto di Sprar non è detto che cancelli il concetto di diffusione sul territorio. Bisogna capire quali saranno le iniziative alternativi. Se il nuovo governo deciderà di portare avanti una cosa che invece di chiamarsi Sprar si chiamerà in un'altra maniera non lo so, il fatto di non tenere i richiedenti asilo concentrati in grandi aree e di distribuirli sul territorio sino ad oggi ci ha reso la vita un po' più facile. Vero che in un centro unico è più facile il controllo delle forze dell'ordine, ma non tornerei indietro ad averne 700-800 a Bolzano.”

“Altro tema caro a tutti i sindaci – e anche alla Provincia di Bolzano – è cosa succede a tutte quelle persone che si vedranno negare la domanda di asilo: potranno essere tanti, si parla di rimpatri e laddove è fattibile sono favorevole, perché da quel giorno diventano clandestin e dobbiamo evitare che finiscano nelle mani della malavita: la nascita di centri di espulsione in attesa di capire cosa si possa fare è una cosa molto importante. Nel momento in cui ci sono meno arrivi ci si potrà concentrare meglio sui rimpatri” conclude il primo cittadino di Laives.