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Si fa presto a dire rivoluzione

La legge approvata dalla Camera in via definitiva risolleverà le sorti dell’industria cinematografica italiana o i benefici saranno solo a favore delle imprese?
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Foto: Film

Occorrerà munirsi di una certa dose di pazienza - in quantità minore, si auspica tuttavia, rispetto a quella spesa per attendere un impianto legislativo sistemico del settore - prima di attestare il compimento della “metempsicosi” del cinema italiano con l'ausilio della legge approvata giovedì 3 novembre dalla Camera con 281 voti a favore, 97 contrari e 17 astenuti. “Si tratta di una riforma attesa da oltre cinquant'anni e ben preparata nei lavori della commissione Cultura al Senato - ha dichiarato con soddisfazione il ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini - che prevede la creazione di un fondo completamente autonomo per il sostegno dell'industria cinematografica e audiovisiva e pone fine alla discrezionalità”.

I punti fondamentali della legge
A partire dal 2017 sarà istituito il “Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo”. I finanziamenti saranno aumentati, nello specifico le risorse saranno ottenute grazie alle tasse pagate da chi opera nel comparto e non potranno essere inferiori ai 400 milioni di euro l’anno (in percentuale: 60% delle risorse in più). Per quel che riguarda gli incentivi fiscali va segnalato il tax credit che sarà applicato fino al 40% per i produttori indipendenti e per le imprese estere. La quantificazione dei contributi automatici dipenderà da parametri oggettivi che tengono conto dei risultati economici, artistici e di diffusione: dai premi ricevuti al successo in sala. I contributi selettivi: ci sarà una commissione di 5 esperti valuterà le opere prime e i lavori di giovani autori “meritevoli” cui andranno tra il 15 e il 18% (tra i 60 e i 75 milioni di euro) del Fondo. Alla promozione sarà invece destinato il 3% del totale.

Due i piani straordinari previsti dalla normativa: 30 milioni l’anno fino al 2019 e poi 20 fino al 2021 che verranno utilizzati per ridare vita alle sale cinematografiche chiuse o abbandonate; e 10 milioni di euro l’anno fino al 2019 per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo. Inoltre il 3% del fondo sarà riservato ad azioni di potenziamento delle competenze cinematografiche ed audiovisive degli studenti delle scuole. Sostegno anche alle piccole imprese e start up che sviluppano prodotti legati all’audiovisivo (5 milioni l’anno). La sezione cinema della Consulta per lo Spettacolo sarà abolita; il nuovo organo, composto da 11 persone che resteranno in carica 3 anni, si occuperà di fornire consulenza e dell’elaborazione delle politiche del settore. Degno di nota il passaggio sul tema censura: ora, attraverso una delega al governo spetterà all'esecutivo riformare aspetti come la tutela dei minori (non saranno più commissioni ministeriali a valutare i film, ma verrà definito dal governo stesso un nuovo sistema di classificazione che responsabilizza i produttori e i distributori cinematografici), la promozione delle opere europee e la regolamentazione dei rapporti di lavoro.

Cauto ottimismo
“La legge c’è ma ora bisogna vederne l'attuazione, lo scarto tra le intenzioni e i fatti, insomma. Sembrerebbe molto positiva l'abolizione delle famigerate commissioni di censura, mi sembra, invece, che rimanga inevasa la regolamentazione delle videoproiezioni”, afferma Andreas Perugini, presidente del Cineforum di Bolzano. “Accogliamo con soddisfazione il punto della legge che riguarda il tax credit, anche se esistono già da anni delle agevolazioni fiscali riguardo le produzioni cinematografiche, non vedo dunque grandi novità per quel che ci riguarda rispetto a questa nuova legge”, osserva Oswald Lang, direttore del Filmclub, che aggiunge: “Confidiamo piuttosto che venga risolta una questione per cui avevamo chiesto anche l’intervento dei 'nostri' deputati, ovvero che nelle zone dell'Alto Adige le minoranze linguistiche vengano riconosciute in modo tale da poter finalmente attingere ai mercati europei e ottenere film che possano essere sincronizzati nella loro madrelingua”.

Ora, quel che resta da appurare è come verranno realmente distribuiti questi contributi annunciati e quali saranno i decreti attuativi della legge appena approvata, come sottolineano anche Chiara Zanini e Leonardo De Franceschi sul Manifesto. Secondo i due autori dell’articolo la normativa strizza l’occhio alle imprese ma “ciò che serve ai cineasti italiani è altro: un reale sostegno in tutte le fasi della vita di un film”. E ancora: “La nuova legge dichiara di garantire il pluralismo dell’offerta cinematografica e audiovisiva ma non propone misure efficaci per riequilibrare i rapporti di forze all’interno di un mercato che emargina quei cineasti espressione della composita area delle diversità: donne, soggetti Lgbt, migranti e seconde generazioni, persone disabili, autori che provengono da ambienti svantaggiati”. Si tratta dunque di un segnale di un grande riscatto o della crepuscolare reiterazione di moduli di sostanziale immobilismo? Davvero si concederà la sponda per defibrillare il sistema cinematografico italiano - del resto già Fellini aveva parlato di crisi del cinema nostrano in un’intervista concessa mentre girava   - e dare finalmente spazio a un “altro cinema”, formicolante, sperimentale, innovativo e indipendente (tenendo conto che alcuni dei migliori film degli ultimi anni sono stati girati da connazionali oltreconfine, leggi Uberto Pasolini, Andrea Pallaoro, Roberto Minervini, Alessio Cremonini)? L’attesa di risposte si concretizza - paradossalmente - in un atto di fiducia. O di fede. Talento naturale, fortuna vuole, di tutti gli impallinati di cinema, sognatori certificati.

 

Immagine di copertina: frame dal film "Nuovo Cinema Paradiso" di Giuseppe Tornatore, 1988.