Culture | Tausend Kraniche

Ricordando Werner

Un incontro letterario "ZeLT", a più voci e in due lingue, ricordava qualche giorno fa a Werner Menapace (1950-2023). Il contributo di Roberta Dapunt.
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Foto: Daniela Radmüller
  • Considero questo incontro insieme a voi, insieme a te Josi, un dono dell’insieme. L’insieme delle nostre voci, dei nostri ricordi rivolti a Werner. Un dono inteso come qualità spirituale e fisica della memoria, che è la capacità nostra di conservare l’esperienza di ciò e di chi ha preceduto il tempo del qui e ora.
     

  • Bressanone nella biblioteca: Ricordando Werner, in data dei suoi natali Foto: Daniela Radmüller

    Vi dico questo, perché sono una delle ultime persone entrate nella vita di Werner. Ci sono entrata per mezzo della poesia. Credo di poter dire che essa è stata un ottimo motivo di legame tra me e lui. Non solo le lingue ci hanno uniti, ma la trasposizione di una nell’altra e l’altra nell’una attraverso il canale poetico della scrittura. E dunque la lingua poetica, o meglio il linguaggio poetico.
     

    Per me Werner è stato l’uomo più quieto che io abbia avuto la fortuna di conoscere.


    Questa mia di Werner è un po’ una descrizione astratta. E però come non partire dal silenzio nel ricordo a Werner. Penso alla parola: tacere. Che significa in primo luogo non parlare, restare zitti. Ma anche non fare rumore. La parola “tacere” apparteneva a Werner, lui è stato un taciturno, un sentimentale introverso. Una creatura rara in un mondo di estroversi. Ora, i taciturni spesso possiedono le menti più interessanti. Passano inosservate, e sono loro che osservano, esplorano i sensi, navigano nelle profondità della realtà. Sono immaginative, non si fanno trascinare dalle opinioni altrui, e spesso si sentono più a loro agio con le parole scritte.
    Per me Werner è stato l’uomo più quieto che io abbia avuto la fortuna di conoscere. Figura di silenziosa sembianza, il suo aspetto sereno, cauto nel comunicare. Sapeva ascoltare, rifletteva e in seguito, solo in seguito rispondeva. Ciononostante le sue traduzioni non erano percorsi lenti, succedevano invece con una certa schiettezza. Sullo scopo del traduttore scriveva:
    Meine Auffassung: größtmöglicher Respekt vor dem Text und dem Autor/der Autorin; so treu wie möglich, so frei wie nötig. "über setzen", unter Wahrung von Inhalt, Aussage, Sprache, Stil, Rhythmus, Melodie (usw). Ohne unnötige Experimente, ohne Bemühen um das Besondere (das vielfach zum Unrichtigen wird), ohne Selbstinszenierung, ohne Untreuheiten.

  • Foto: Daniela Radmüller

    Ecco, credo di poter dire che l’uomo e la traduzione erano di simili sembianze. Seduti al tavolo di casa mia, tra fogli che riportavano i testi di origine, altri fogli che restituivano i versi alla lingua d’arrivo, più volte  mi fissavo a guardare i capelli bianchi di Werner. Lì sotto succedeva in poche parole precise il suo atto d’interpretazione. Era rock, Werner era anche rock!
    Taciturno e rock. Verrebbe da pensare ad un’antitesi. E però nella persona di Werner questi due caratteri diventavano armonia mantenendo entrambi la propria coerenza. Fedele a se stesso insomma e senza distinzione. Durante i nostri incontri dediti alla traduzione dei miei versi, vedevo in lui la stessa capacità di concentrazione di quando suonava la batteria. Entrava in relazione con suono e ritmo e seguiva le vibrazioni dell’intuito. Così il verso, così la musica. È questa l’immagine che Werner mi ha lasciato. A lui non gliel’ho mai detto, lo dico a voi questa sera.

  • Tra tanta gente: Siegfried Höllrigl, Sepp Mall, Josef Oberhollenzer, Vera Zwerger Bonell, Roberta Dapunt, Christoph Franceschini, Ludwig Paulmichl, Stefano Zangrando, Gentiana Minga, Giovanni Kezich, Renate Mumelter, Gotthard Bonell, Hans Heiss, Sabine Gruber, Brunamaria Dal Lago Veneri, Kurt Lanthaler und Lorenza Rega. Foto: Daniela Radmüller
  • Das "Menapace"-Konzert
    Die Gedichte des Südtiroler Schriftstellers Klaus Menapace (1954-1990) standen im Oktober 2009 im Mittelpunkt des Projekts „timecode“ im Bozner Stadtviertel Haslach. Auch die legendäre „Betlehem Revival Band“ hatte einen Auftritt – Werner Menapace (Bruder von Klaus) saß am Schlagzeug, Literatur-Kollege Kurt Lanthaler war am Mikro.