Society | Parità

Una donna in carriera

Quer pasticciaccio brutto della disparità di genere. Si può parlare di diritti senza intrappolarsi nella tagliola della retorica?

Qualche giorno fa Christine Lagarde, direttrice del Fondo monetario internazionale, ha dichiarato che esiste un “insidioso complotto” ai danni del gentil sesso: in troppi Paesi ancora si cospira “contro le donne per impedirci di essere economicamente attive”. Non è solo una questione di ingiustizia e di oltraggio, le restrizioni sul lavoro femminile influenzano anche l’economia mondiale con una perdita in denaro stimata intorno ai 9mila miliardi di dollari, ha avvertito Lagarde.
Della disparità di genere riguardo al salario percepito e di diritti delle donne ha parlato l’attrice Patricia Arquette durante il suo discorso di ringraziamento sul palco degli Oscar dopo aver vinto il premio come miglior attrice non protagonista per il film "Boyhood". Grazie a “tutte le donne che hanno partorito – ha detto l’attrice fra gli applausi (mandando in visibilio Meryl Streep) -, tutte le cittadine e le contribuenti di questa nazione: abbiamo combattuto per i diritti di tutti gli altri, adesso è ora di ottenere la parità di retribuzione una volta per tutte, e la parità di diritti per tutte le donne negli Stati Uniti”.

In Europa il divario medio retributivo tra uomini e donne che hanno un’occupazione è del 16,4% (a favore dei primi); in Italia, secondo un’indagine di Openpolis per Repubblica.it, i lavoratori si mettono in tasca il 7,3% in più delle lavoratrici. Nel 2013 il Belpaese si è guadagnato la 22esima posizione su scala europea (la Germania al primo posto col 4,9% di disoccupazione femminile) per via di queste cifre: le donne senza un impiego erano il 13,1% contro l'11,5% degli uomini.

Dati, solo accennati, che dimostrano quanto la strada per la parità di genere sia ancora lunga e tortuosa, d’accordo, ma anche quanto le piaghe da decubito della retorica a là “no woman no cry” sia ormai esasperante per l’universo femminile stesso, ben consapevole di poter arrivare all'agognata cima con il cambio manuale quando la controparte si muove ormai con il teletrasporto. Bisogna discutere di maschilismo, organigrammi, doveri culturali e politicamente corretto per arrivare a distribuire ruoli e competenze abbandonando vecchi toni e automatismi ridondanti senza la scusa a tempo delle mimose, senza gli esempi di eccellenza femminile buoni solo a ricordare alle donne che devono sempre dimostrare qualcosa. E in questo senso occorre fare politica. La sintesi più appropriata della conquista sta tutta in quella frase di Tess Mcgill (la Melanie Griffith del celebre film “Una donna in carriera”, diretto dal compianto Mike Nichols), che recita più o meno così: “ho un cervello per gli affari e un corpo per il peccato, ci trovate qualcosa da ridire?”.