Chronicle | La replica

“Pronti a ricevere altri pazienti Covid”

Il direttore sanitario di Villa Melitta Rupert Waldner sulla nuova proposta in cantiere, i rischi attuali, la paura da gestire e le polemiche da spegnere.
Rupert Waldner
Foto: raiffeisen-nachrichten.it

salto.bz: Waldner, lei afferma che nella sua clinica bolzanina, Villa Melitta, che oggi ospita 25 pazienti Covid, sia tutto sotto controllo, fra i suoi dipendenti c’è chi dice il contrario. Vuole chiarire?

Rupert Waldner: A Villa Melitta lavoriamo seguendo le procedure indicate dall’Organizzazione mondiale della sanità nonché dall’Istituto superiore di sanità nazionale e dalla Provincia di Bolzano. È chiaro poi che la preoccupazione c’è per tutti, per gli operatori e per i dirigenti, anche noi la sera torniamo a casa dalle nostre famiglie.
Poniamo il caso che riceviamo un paziente non Covid, il quale, effettuato il tampone, risulta oggi negativo. Ebbene non è detto che dopo 48 ore lo stesso caso non diventi positivo, questo è il problema. Sa, il vero rischio è avere pazienti non Covid in reparti non Covid. Se entra in clinica una persona non contagiata e viene sottoposta alla fisioterapia in vari locali nel reparto non Covid, dove per inciso si rispettano regole ancora più restrittive perché il periodo lo richiede, può capitare anche con tutte le protezioni del caso che si sviluppino ugualmente casi positivi. 

Ecco, è necessario allora che pazienti Covid vengano accolti nelle cliniche riabilitative che ospitano in larga parte persone in età avanzata? Non è come accendere un fiammifero in un pagliaio?

La possibilità è stata studiata insieme con la Provincia, abbiamo spiegato che gli accessi sono sicuri, abbiamo organizzato insieme le procedure da intraprendere e ci è stato dato il via libera. Posso assicurare che il reparto Covid è più sicuro di quello non Covid, c’è un gruppo di operatori che lavora esclusivamente con i pazienti positivi. Hanno accessi differenziati e non entrano in contatto con i degenti non affetti dal virus. Ma, come detto, il rischio di infezione c’è lo stesso, motivo per cui stiamo valutando anche un’altra soluzione.

Potremmo ospitare, oltre i 25 pazienti Covid che già si trovano alla Melitta, altre 30 persone positive

Quale?

Chiederemo alla Provincia di poter mettere a disposizione nella nostra clinica altri posti letto per i Covid, qualora ce ne sia la necessità. Un’ala è già dedicata a questo tipo di pazienti, l’altra, scollegata dalla prima, l’abbiamo per ora riservata agli ospiti che hanno bisogno della riabilitazione. Visto che ci sono persone che risultano in un secondo momento positive ed è difficile stabilire come avvenga esattamente questo contagio (e cercare delle colpe non ha nemmeno senso), queste rischiano di infettare anche gli altri, nonostante il rispetto assoluto di tutte le regole.
Potremmo ospitare, oltre i 25 pazienti Covid che già si trovano alla Melitta, altre 30 persone positive. L’idea, da discutere con la Asl, è quella di accogliere solo pazienti affetti dal virus perché non ha senso tenere chi è positivo e chi non lo è nella stessa struttura. 

E i degenti non Covid dove andranno?

Coloro i quali risultano negativi andranno progressivamente dimessi in modo da svuotare l’ala relativa della clinica nelle prossime settimane, se invece non sono dimissibili saranno messi in quarantena, ma i dettagli sono ancora da studiare. 

Lei nega che ci sia un focolaio di coronavirus nella sua clinica?

Focolaio è un termine esagerato, la situazione, ribadisco, è sotto controllo. Un medico dell’Asl nello scorso fine settimana è venuto anche a fare i tamponi sui pazienti. I casi sospetti si trovano tutti in stanze isolate, le porte sono chiuse e davanti alla camera è affisso il regolamento che spiega quali precauzioni prendere per entrarvi.

Sono stati fatti i tamponi anche a coloro che avrebbero avuto contatti con i pazienti infetti?

Abbiamo richiesto il tampone per tutti coloro che sono in servizio, esclusi chi è in cassa integrazione e chi è in ferie da molti giorni. 

Il personale è stato dotato di adeguati dispositivi di protezione anche prima dell’arrivo dei pazienti Covid?

Sì, sono stati distribuiti dalla caposala tra il 25 e il 27 febbraio scorso. Sono state fornite mascherine con la certificazione europea CE, due per dipendente, doppi guanti, ed è stato spiegato ai nostri come usarli. Il rischio di contrarre il virus esiste, ma da questo punto di vista nessuno è sotto controllo al 100%, nemmeno in ospedale. Si lavora secondo le linee guida che ci sono state dettate e bisogna sperare che tutto vada bene. 

Focolaio è un termine esagerato, la situazione, ribadisco, è sotto controllo

Non ha mai pensato di chiudere la struttura di fronte al rischio di un aumento dei casi positivi?

Con questo criterio allora dovrebbe chiudere l’ospedale.

Suvvia, non è certo la stessa cosa…

Era un esempio paradossale ma comunque anche la Bonvicini o altre cliniche allora dovrebbero chiudere. In una situazione estrema come questa dobbiamo piuttosto cercare di lavorare al meglio insieme a chi vuole seguirci all’interno del team, chi ha paura è il primo che può incappare negli errori sul lavoro e a quel punto può diventare un elemento negativo sia per i colleghi sia per i pazienti. Meglio allora che vada in ferie. 

Alle cliniche private che si sono offerte di accogliere i pazienti Covid spettano 500 euro al giorno a persona, 400 se il letto non viene occupato. Come vengono utilizzati questi soldi?

Con queste somme copriamo i costi vivi della gestione della clinica, ci sono per esempio i dispositivi di protezione da organizzare, i servizi di cucina e lavanderia, e poi ci sono i premi che abbiamo deciso di erogare alle persone che lavorano nel reparto Covid. Vorrei ricordare che in Germania, alle case di cura private vanno 540 euro a persona al giorno, per il letto occupato e per quello vuoto. E non dimentichiamoci che lì gli stipendi per infermieri e operatori socio-sanitari sono più bassi rispetto a quelli dell’Alto Adige.