Politics | Secessione, soldi

Gli sputafuoco

Le guerre, si sa, sono sempre lunghe a finire.
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barba, tirolese
Foto: Suedtirolfoto/Helmuth Rier

 

I soldati fantasma giapponesi furono i membri dell’esercito nipponico che non obbedirono all’ordine di resa imposto dagli Alleati il 2 settembre 1945. Gli zan-ryū Nippon hei in giapponese i soldati giapponesi lasciati indietro non si arresero per molti motivi. Per molti fedeli al codice del Bushidō arrendersi al nemico era considerato talmente disonorevole da spingerli a preferire una vita di stenti nella giungla. Molti altri erano così convinti dell’impossibilità di una sconfitta da credere impensabile che il Giappone si fosse arreso. I più disgraziati però furono coloro che semplicemente non vennero a conoscenza della fine del conflitto e rimasero nascosti in zone inaccessibili in attesa di un nemico che non sarebbe mai più arrivato. 

Il comandante Jürgen Wirth Anderlan ricorda molto gli ultimi giapponesi. Inossidabile nelle sue convinzioni, fedele alla tradizione hoferiana della barba contadina ribelle, non ha ancora registrato che la guerra è finita. Fiuta l'aria come il vero cacciatore tirolese e vede nella partita sulle risorse tra Provincia e Stato l'occasione di animare gli spiriti. Non si accorge, come ogni individuo con granitiche certezze, che la sua figura malinconica rischia di stagliarsi su un mondo immaginario che non esiste più. Come accaduto con il tenente Hiroo Onoda, l’ultimo soldato fantasma arresosi nel 1974 sull’isola di Lubang, ancora in possesso della sua spada regolamentare, di un fucile e di alcune bombe a mano funzionanti, qualche ufficiale superiore dovrebbe dare esplicito ordine al novello Andreas Hofer di posare le armi. Il problema è che nella 'Piccola Europa' nessuno sembra veramente interessato a abbassare i toni del conflitto latente che avvelena quotidianamente i pozzi della convivenza. Anzi qualcuno vive di questo conflitto, e lo alimenta, non per motivi ideali. La porta ai Wirth Anderlan, ai Knoll e alle Tammerle Atz, invece di venire chiusa a doppia mandata, rimane allora sempre aperta. Non si sa mai che possano tornare utili per qualche buona causa. 

Sessanta anni fa gli Amonn, i Magnago, i Benedikter che organizzavano la resistenza contro lo stato italiano invasore e il totalitarsismo fascista erano mossi da sincere motivazioni di tutela di un popolo oppresso. Erano i tempi della tragedia che nella tradizione della Grecia classica rimanda al dovere fare fronte a eventi luttuosi in cui i protagonisti sono posti di fronte ad accadimenti terribili. Come nel caso di Edipo, che scopre nel corso del dramma la sua vera identità di assassino del padre e marito della madre, o di Oreste che nella trilogia di Eschilo deve decidere tra l’uccisione della madre o l’affronto nei confronti del dio Apollo. Ancora ai tempi del primo mandato di Durnwalder le ragioni ideali erano forti. Poi lentamente le bandiere del patriottismo sono state tenute alte per nascondere anche altri interessi che sono diventati sempre più magmatici e corrosivi.  

Oggi nel paradiso tra le Alpi della tragedia del Ventennio si sono rarefatte le tracce. Dal 1972 la provincia di Bolzano è diventata una sorte di fortezza-stato in mezzo alle montagne, assalita da milioni di turismi famelici di una boccata di aria, e abitata da una popolazione con standard di vita che l’intero mondo invidia. Trovare un autoctono oppresso dallo stato invasore è opera da entomologi professionisti, più difficile ancora di quella di osservare un lepidottero tra i meleti irrorati da migliaia di tonnellate di disinfestanti. Non che l’oppressione sia svanita ovviamente. I nuovi oppressi sono gli immigrati che lavorano in nero alla raccolta delle mele e i Gastarbeiter precari nel settore turistico. Ma siccome ‘non sono dei nostri’, la loro condizione indigna giustamente di meno. 

In questo scenario da Disneyland alpestre, scintillante fuori e opaca di dentro, i nuovi protagonisti della politica locale sembrano mossi ormai definitivamente più che da grandi ideali da questioni più pragmatiche: la lotta intestina per il potere, la gestione degli appalti, il controllo di quote sempre maggiori di denaro pubblico, la fame insaziabile di quattrini. Nella terra dove regna uno dei più grandi conflitti di interesse in Europa in materia di controllo dell’informazione volano così sempre più spesso i corvi e gli avvisi cifrati. 

In ballo non c’è più la tutela di una minoranza. E nemmeno la prospettiva di costruire una regione ponte tra culture in una vera prospettiva europea. La posta sul tavolo è altra. Chi mangerà di più della grande torta sulla tavola bandita? Il clan dei pusteresi? I fratelli terribili della Dolomiten? Gli amici di Benko? La fotografia dell’assessore Widmann e del DG Zerzer con il volto coperto dagli scaldacollo come i banditi del Far West fornisce la plastica idea che ormai dalla tragedia siamo finiti in una farsa. 

La spregiudicatezza di molti attori che occupano la scena è però pericolosa. Usare il fanatismo neohoferiano come arma per regolare i conti interni al partito di raccolta rischia di gettare scintille su un terreno ancora largamente coperto da chiazze di benzina. Ci sarebbe da chiedersi come mai nessuno si sia preso la briga di sanificare, una volta per tutte, il campo su cui costruire la tanto declamata convivenza. Non ci vorrebbe poi molto per completare l’opera. Basterebbe dire che certi discorsi non trovano più spazio nel dibattito pubblico e cercare un consenso verso un progetto comune e condiviso di una regione che fa delle differenze e delle alterità il proprio punto di forza e non di debolezza e criticità.  

Ma appunto, le barbe al vento fanno ancora comodo. Non per tutelare un popolo oppresso. Ma per regolare i conti interni di un partito che assomiglia sempre di più a un triste comitato di affari. Speriamo solo che i burattinai non perdano il controllo dei burattini, e che nessun buttafuoco si scotti.  Fin tanto che gli editoriali più feroci della Dolomiten, uno dei giornali più cattolici e conservatori d’Europa, saranno firmato dal Krah, il corvo, conviene  essere molto vigili e prudenti. Nell’opera demonologica Ars Goethia che contiene le descrizioni dei settantadue demoni evocati da Salomone, il trentanovesimo è  Malphas, che prima di assumere forma umana prende le sembianze del corvo. Se non altro per scaramanzia, sarebbe opportuno l’editorialista di punta del Tagblatt der Südtiroler cambiasse almeno pseudonimo.  

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Hartmuth Staffler Tue, 06/09/2020 - 18:49

"Nella terra dove regna uno dei più grandi conflitti di interesse in Europa in materia di controllo dell’informazione". Ich habe selten so einen Unsinn gelesen. In Südtirol gibt es überhaupt keinen Interessenskonflikt wegen der Kontrolle über die Information. Warum sollte es auch. Die Information ist beinahe ausschließlich in der Hand einer Familie, die vom italienischen Staat und vom Land Südtirol mit Millionen gefüttert wird und sich vor allem gegenüber dem italienischen Staat dafür äußerst unterwürfig zeigt. An der Landesregierung kann man ja manchmal ein wenig Kritik üben, um den Schein zu wahren und seine Interessen durchzusetzen. Luca Fazzi hat aber vor allem eines nicht verstanden: Der von Italien am 23. Mai 1915 gegen Österreich und damit gegen Tirol entfesselte imperialistische Angriffskrieg ist nicht nur für viele Südtiroler noch nicht beendet, sondern auch für viele Italiener, die glauben, das Eroberungswerk vollenden zu müssen. Es sind die gleichen, die auch den verbrecherischen und rassistischen Vernichtungskrieg gegen Äthiopien heute noch rechtfertigen und mit Bischof Muser Messen im Gedenken an die dort gefallenen italienischen Faschisten feiern. So lange diese Haltung nicht überwunden wird, wird es auch in Südtirol keinen Frieden geben.

Tue, 06/09/2020 - 18:49 Permalink
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Martin Federspieler Tue, 06/09/2020 - 22:12

Jeder malt sich seine Welt in den Farben aus und verteilt unter den Zeitgenossen die Rollen so, dass er sich mit seinen Ideen und Gedanken ruhigen Gewissens auf der Seite der Guten sieht. So offensichtlich auch Herr Fazzi. Der Schützenkommandant mit seinen ethnischen Provokationen als Spielball zur Regelung interner Machtkämpfe in der SVP. Naja.
Jedenfalls in einem hat er Recht: es scheint ihn wirklich noch zu geben, den "letzten Japaner", der noch nicht weiß, dass der Krieg auch in Südtirol vorüber ist. Und gerade dieser hat sich hier selbst geoutet :-))

Tue, 06/09/2020 - 22:12 Permalink