La musica è un atto d’amore

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Ex libris
Questo estratto dal libro di Claudio Chianura fa parte del nuovo formato “Ex libris” su SALTO.
Dieser Auszug aus dem Buch von Claudio Chianura ist Teil des neuen Formats "Ex libris" auf SALTO.
Sì, La musica è un atto d’amore mi sembra il titolo perfetto per raccontare la vicenda artistica e umana del grande direttore d’orchestra Carlo Maria Giulini. È un’affermazione che racchiude l’essenza della sua dedizione, della sua passione e della sua missione – del suo “servizio”, avrebbe detto lui – non solo nel mondo della musica, ma lungo la sua intera vita. È stato il suo modo per gettare un raggio di luce nel buio mistero di un’esistenza trascorsa da un continente all’altro, dalle guerre del Novecento alla stanca modernità, fino agli ultimi, solitari anni trascorsi tra Milano e l’Alto Adige, nell’attesa di raggiungere l’amata moglie Marcella, scomparsa dopo una lunga malattia.
È stato un uomo che ha rappresentato un modo di “fare musica”, ma soprattutto di partecipare alla vita della musica e degli autori, in una maniera così speciale che ancora oggi ci chiediamo chi sia stato veramente Carlo Maria Giulini.
[Angelo Foletto] -
L'arte e la vita di Carlo Maria Giulini: La vicenda artistica e umana di Carlo Maria Giulini (Barletta 9.5.1914 – Brescia 14.6.2005) è lo specchio di un carattere austero e riflessivo, di uno spirito che manifestava nella musica la sua appassionata complessità, ma anche del fascino e del mistero che da sempre avvolgono l’ineffabile figura del direttore d’orchestra. Un racconto impreziosito dalle testimonianze esclusive e dagli aneddoti del primo violino della Scala Franco Fantini, del critico musicale Angelo Foletto e del grande direttore d’orchestra Yoel Gamzou, che di Giulini è stato giovanissimo allievo. Foto: Edizioni Alphabeta Verlag
Questo titolo – una citazione dello stesso Giulini – spiega tutto, o almeno tutto quel che è lecito spiegare. Perché nessuno saprebbe veramente diradare le nebbie che avvolgono il fenomeno della musica, della composizione, dell’interpretazione, della particolare magia che lega il direttore all’orchestra, come anche districare il “mistero” di una vita molto più complessa e tormentata di quanto non sia possibile riassumere e raccontare.
«La musica è un atto d’amore» ha detto Carlo Maria Giulini, e in prima battuta tutti pensiamo di comprendere bene il significato di una simile affermazione. Forse non altrettanto bene cosa egli abbia inteso con la parola “amore”, che indica molte e diverse forme di relazione nei confronti delle cose, delle persone, dei fatti della vita. Subito dopo, però, anche i concetti di “musica” e “direzione d’orchestra” ci appaiono meno semplici e trasparenti. Già, quale groviglio di questioni irrisolte è la direzione d’orchestra… tutt’altro che facile da spiegare.
Avrei detto inizialmente: il Maestro tranquillo, avrei detto inizialmente. Poi però, a un secondo sguardo, Giulini non pareva affatto tranquillo. Una tensione continua e un’inquietudine costante lo abitavano. Un tratto che lui notava soprattutto negli altri, nella Callas, in Benedetti Michelangeli, nei grandi compositori che si trovò a dirigere, tutte figure che a Giulini apparivano geniali eppure assai fragili. Perché le persone di fede pensano spesso di essere più forti, di non essere sole, di sapere qualcosa che gli altri non sanno. E Giulini era una persona di fede.
Iniziavamo a provare e dopo solo qualche minuto, per il suo modo, il suo garbo, il suo linguaggio del corpo, la sua emozione contagiosa, il suono dell’orchestra cambiava.
[Franco Fantini]
I miei personali interessi musicali non si sarebbero forse mai incrociati con l’arte e la vita di Giulini – conosciute grazie agli incontri con Angelo Foletto, Yoel Gamzou e Franco Fantini – se non si fossero realizzati alcuni fortunosi eventi che dalla scena contemporanea, dai circuiti della sperimentazione e della ricerca sonora, mi hanno invitato sul solido impiantito della grande musica lirica e sinfonica del secolo scorso. Lì, su quel terreno che oggi sembra appartenere a un altro mondo, più che a un altro secolo, Carlo Maria Giulini ha vissuto da vero protagonista. Un uomo e un musicista speciale.
A renderlo unico non è stata soltanto la sua attività di direttore – sono molti i grandi direttori d’orchestra del secolo scorso, alcuni anche più noti e più ammirati di lui – ma soprattutto la sua storia personale, la sua “bellezza” artistica e umana.
Di alcuni musicisti emoziona il frutto artistico, il talento, ciò che arriva all’ascolto. Di altri, meno frequentemente, emoziona l’intera visione di un mondo, un’esperienza profonda e originale – qui possiamo dire a buona ragione “religiosa” –, una grandezza che stupisce e commuove. Incontriamo un’arte la cui magia corrisponde all’incantesimo della persona che l’ha prodotta.Sette Grammy Awards fra il 1965 e il 1989: Nel 1920 si trasferisce con la famiglia a Gries, Bolzano, dove studia violino e viola alla civica scuola musicale (futuro Conservatorio Claudio Monteverdi) e si diploma all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. In quell’ambito ha l’occasione di suonare sotto la direzione dei più grandi musicisti e direttori dell’epoca, tra cui Richard Strauss, Bruno Walter e Wilhelm Furtwängler. Si diploma in composizione al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma e consegue, nel 1941, il diploma di perfezionamento in direzione d’orchestra. Nel 1978 ha diretto, nel Music Center di Los Angeles, la prima assoluta di “Andirivieni” di William Kraft. Giulini è stato insignito di molti premi e onorificenze, tra cui sette Grammy Awards fra il 1965 e il 1989. Problemi di salute lo hanno obbligato ad abbandonare la direzione d’orchestra nel 1998, ma ha continuato ad insegnare fino a poco tempo prima della morte. È sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero di Bolzano. Foto: WikipediaL’integrità di Giulini è la stessa di una medaglia, le cui due facce, opposte, sono complementari a formarne l’unità. L’una non è possibile senza l’altra. E l’una non tradisce l’altra, ma la rende possibile con uguali superficie e perimetro. In Giulini il direttore d’orchestra e l’uomo sono a volte sconosciuti l’uno all’altro, come se l’uno voltasse le spalle all’altro, al pari dell’uomo allo specchio, un falso specchio, che guarda se stesso nel dipinto La reproduction interdite di René Magritte del 1937, anno in cui Giulini, appena diplomatosi in viola a Roma, si avvia a intraprendere la sua avventura nel mondo musicale.
Giulini era un sacerdote della musica. Non era un prodotto o un marchio commerciale. Lui non “lavorava” come musicista, lui serviva una religione.
[Yoel Gamzou]
Quelle due figure d’uomo, una di spalle all’altra, sono la stessa persona e sentono allo stesso modo. L’una sospinge l’altra. Con un solo obiettivo e verso un’unica direzione, come una moneta che rotola sul piano inclinato dell’esistenza.
Così mi appariva Carlo Maria Giulini man mano che mi avvicinavo, con discrezione e meraviglia, alle stanze private della sua esemplare vicenda biografica, incontrandone la luce e il mistero. Come ha detto bene il critico musicale Angelo Foletto, «di Carlo Maria Giulini, di questo grande artista, di questo grande direttore d’orchestra si possono ricordare molte storie, perché diversamente da tanti altri artisti Giulini è stato un uomo che ha rappresentato un modo di “fare musica”, ma soprattutto di partecipare alla vita della musica e alla vita degli autori nei teatri nei quali ha lavorato, in una maniera così speciale che ancora oggi forse ci chiediamo chi sia stato veramente Carlo Maria Giulini».More articles on this topic
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