“L’antidoping e l’arroganza del potere”
salto.bz: Professor Donati, le e-mail hackerate dai russi di “Fancy Bear” che sembrano aver svelato il cosiddetto trappolone in cui è caduto il suo protetto, Alex Schwazer, danno nuova linfa alla vostra instancabile ricerca della verità, qual è stata la sua reazione quando ha letto il contenuto di questa corrispondenza?
Sandro Donati: Mi piacerebbe innanzitutto capire quanto è stato difficile per i media reperire queste e-mail.
Non lo è stato affatto.
Ecco, sono sicuro che i giornali che le hanno ricevute si siano autocensurati perché è piuttosto singolare che non siano state ancora pubblicate su larga scala. Ma ciò non mi stupisce.
Che intende?
Il giornalismo sportivo è del tutto satellitare alle istituzioni sportive. Ricordo che la Gazzetta dello Sport fu invece la prima a dare la notizia della sentenza del TAS di Losanna che comminò a Schwazer 8 anni di squalifica, trattando quella sentenza come l’oro colato mentre sul Corriere della Sera, lo stesso giorno, venne pubblicato un articolo che quantomeno evidenziava i punti oscuri della vicenda ai quali la sentenza non aveva dato risposta.
"Il punto è che chi questa manipolazione l’ha attuata la difende, mentre le Istituzioni sportive che non l’hanno messa in pratica difendono la IAAF, per tutelare loro stessi e il sistema sportivo, e qui sta la perversione"
Cosa rappresentano queste e-mail in termini di strategia difensiva, a questo punto?
Senza dubbio un contributo nuovo. Intanto mettono in evidenza questo affannoso assemblaggio delle forze che la IAAF ha attuato - probabilmente anche con un forte intervento della WADA - per poter fare pressione sul laboratorio di Colonia perché le provette con l’urina di Schwazer rimanessero dov’erano, e credo che questo genererà nei giudici una pessima impressione su tali organismi. È chiaro che se verrà fuori che c’è stata una manipolazione dei campioni, l’intero sistema antidoping andrà in crisi. Il punto è che chi questa manipolazione l’ha attuata la difende, mentre le Istituzioni sportive che non l’hanno messa in pratica difendono la IAAF, per tutelare loro stessi e il sistema sportivo, e qui sta la perversione. Quando gli stessi avvocati della IAAF riconoscono nelle email che con quelle prove a disposizione non è possibile dimostrare il doping volontario siamo già di fronte a un’ammissione che stride in maniera incredibile con quegli 8 anni di squalifica che sono stati dati a Schwazer. E poi c’è quel nome, che non è un nome qualunque.
Si riferisce a Luciano Barra, presumo. Ma che ruolo ha avuto lui in tutta questa storia?
Barra è stato il segretario generale della Federazione di atletica negli anni ’70-’80, fino al 1987, quando venne sollevato dal suo incarico proprio in seguito alla mia denuncia riguardo la manipolazione della gara di salto in lungo di Giovanni Evangelisti nel campionato del mondo di atletica del 1987 di Roma. In quella circostanza la Federazione di atletica decise che bisognava, come dire, rimpinguare il bottino dei trofei inventandosi delle medaglie. Evangelisti (peraltro all’oscuro della trama) era un grande campione ma quel giorno non era nelle condizioni fisiche di offrire una prestazione di alto livello. La competizione venne quindi truccata, con i giudici che decisero la misura da assegnare a Evangelisti in modo che vincesse la medaglia di bronzo senza disturbare il primo posto, che fu conquistato dall’americano Carl Lewis, e il secondo, agguantato dal sovietico Robert Emmyan. Le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, dunque, non erano state toccate e l’Italia si era “accontentata” di occupare il terzo posto. Io denunciai e dimostrai l’avvenuta manipolazione della gara e ne nacque uno scandalo internazionale di gigantesche proporzioni. La Federazione internazionale fu costretta ad annullare il risultato, il Coni nominò una commissione d’inchiesta e Barra perse il suo incarico e quindi anche la sua posizione di potere all’interno della Federazione. Anche se è passato molto tempo da allora, è evidente dai fatti che questo signore nutre ancora risentimenti e motivi di rivalsa nei miei confronti.
Ritiene che l’ex segretario della Fidal sia stato un interlocutore abituale nella vicenda Schwazer?
Sì, è chiaro dalla serie di atti ostili diretti a Schwazer che ha esplicitato dal settembre 2015 fino all’aprile 2016 e credo che la sua opinione sia stata tenuta in grande considerazione in determinati ambienti. Il suo nome nella e-mail, se non sarà smentito o spiegato adeguatamente, diventa inquietante perché, come detto, Barra si era speso molto per impedire in tutti i modi possibili il ritorno alle gare di Schwazer. All’inizio aveva parlato di un’operazione di marketing, successivamente, una volta fatto fare ad Alex un test di allenamento in cui era andato fortissimo, vestì i panni del tecnico e divulgò urbi et orbi alcuni fotogrammi per dimostrare che Schwazer non marciava ma correva, salvo poi essere smentito dai fatti, quando Alex tornò da dominatore nelle gare con una tecnica di marcia valutata dai giudici come perfetta. E poi ancora Barra è intervenuto il 28 aprile 2016 presso il presidente della Fidal supplicandolo di non mettere l’atleta in squadra per i campionati del mondo. Quali elementi a sua conoscenza gli consentivano di attuare una simile pressione?
Come commenta questa insinuazione, poi di fatto depennata dalle carte ufficiali, della sua presunta connessione con i carabinieri?
È grottesco e gli stessi avvocati della IAAF hanno avuto poi il buonsenso di ometterla nella loro memoria indirizzata al giudice. Quanto all’altra insinuazione secondo la quale i Carabinieri sarebbero pronti ad aiutarlo in quanto ex carabiniere è piuttosto penosa e dimostra anche un’ignoranza crassa dei fatti. Ricordiamoci che Schwazer è stato immediatamente allontanato dall’Arma dopo la positività all’epo del 2012. Mentre altri atleti che hanno avuto problemi di doping, come per esempio il maratoneta Alberico Di Cecco, sono rimasti carabinieri. Se questa è una dimostrazione di favoritismo… L’impressione è quella di un’istituzione sportiva autoreferenziale, abituata a decidere per conto proprio con i cosiddetti organi di giustizia sportiva che in molti casi è assolutamente sommaria e che quando si deve misurare con la giustizia ordinaria mostra insofferenza, volontà di sottrarsi al giudizio, ritenendosi al di sopra o al di fuori di quel circuito.
Come se ne esce, allora?
Credo che su questi organismi sia il caso di riflettere anche perché, muovendosi su scala internazionale, rischiano di porsi al di sopra degli ordinamenti giudiziari degli Stati. È indicativo che nel presentare le loro argomentazioni la IAAF abbia scritto qualcosa come “le provette sono di nostra proprietà, inoltre è il sistema sportivo che ha le competenze per fare le valutazioni del caso”, omettendo di precisare che quelle competenze se le sono auto-attribuite. Sarò ancora più chiaro: i laboratori antidoping, che sono 25 in tutto il mondo, hanno competenza specifica per ricercare le sostanze doping. Ma nel caso Schwazer si tratta di analizzare il DNA, che è un’altra cosa. E il DNA non è compreso nelle ricerche dei controlli antidoping, salvo rarissimi casi, perciò vantare la competenza esclusiva anche su questo aspetto è un’affermazione autoreferenziale che non ha alcun riscontro con la realtà. Al contrario, nei laboratori delle forze di polizia impegnati come sono nelle analisi relative a fatti criminali, l’esame del DNA è una consuetudine consolidata. È chiaro dunque che il gip di Bolzano si sia rivolto al Ris di Parma che è il principale laboratorio italiano per l’accertamento di fatti criminali.
"Tornerò prima o poi sul mio passato rapporto con la WADA, perché se pensano che sia finita qui si sbagliano di grosso"
Ma il laboratorio di Colonia non aveva nessuno motivo per opporsi all’esame del DNA delle provette in Italia, non è così?
Non ne aveva. E di fatto inizialmente Colonia non si è espressa contro un eventuale prelevamento dei campioni. Ciò significa, a mio parere, che il laboratorio di Colonia è estraneo a qualsiasi manipolazione ma nel contempo è diventata sciaguratamente allarmante questa pressione eseguita dalla IAAF. Va anche precisato che il laboratorio non è in una posizione di autonomia finanziaria sia perché dipende dal lavoro che gli viene commissionato proprio dalle federazioni internazionali, sia perché è coordinato e finanziato dalla WADA. Quella di Schwazer è una storia emblematica che fa capire che l’antidoping non è ormai più un’attività da portare avanti per il senso dell’etica e delle regole, ma è potere, e a seconda di come questo potere viene gestito si favorisce l’uno o l’altro, e si ‘eliminano’ a piacimento gli avversari scomodi. In ogni caso, vede, io tornerò prima o poi sul mio passato rapporto con la WADA, perché se pensano che sia finita qui si sbagliano di grosso.
Cioè?
Fornirò tutti i dettagli su ciò che io ho fatto in 13 anni per la WADA e sul fatto che improvvisamente l’Agenzia abbia preso le distanze da me e allora la storia la racconteremo tutta, ma adesso non è il momento perché dobbiamo portare avanti la nostra battaglia per la verità.
Come ha vissuto quest’ultimo anno?
In modo terribile, essere vittime di un atto infame come questo è orrendo. Molti dimenticano che è la seconda volta che vengo coinvolto in uno “strano” caso di doping. Nel 1998 una mia atleta, Anna Maria Di Terlizzi, fu dichiarata positiva alla caffeina, positività che venne contraddetta nelle controanalisi. E fu smentita solo perché alcuni tecnici di laboratorio mi avvertirono di una possibile manomissione del campione di urina e mi dissero di nominare per la controanalisi un chimico che non si allontanasse mai dalle apparecchiature. Il risultato che emerse fu clamoroso: non c’era caffeina nel campione B dell’atleta.
Basta avere un po’ di memoria storica per collegare i fatti, dice.
Esatto. Non è strano che l’unico caso, nella storia dell’antidoping, in cui ci si è trovati di fronte a un campione B risultato diverso dal campione A perché manipolato, abbia riguardato me? E che per la seconda volta, con l’oscuro caso Schwazer, capiti di nuovo proprio a me? Pensi che il caso di Anna Maria Di Terlizzi vorrebbero derubricarlo a un incidente, cercando di accreditare la tesi secondo la quale il medico durante il prelievo abbia involontariamente contaminato un campione. Guarda caso il campione di un’atleta allenata dalla persona che aveva denunciato la scellerata collaborazione tra il CONI, le Federazioni sportive e il professor Conconi. Questa è l’arroganza della gestione del potere da parte dell’antidoping.
"Mi viene da pensare che ormai da tempo o forse da sempre i media non facciano il loro lavoro di osservazione critica delle istituzioni"
Non ha più allenato nessuno dopo Schwazer, come aveva annunciato lo scorso anno?
No, per me non è possibile mettere a repentaglio la carriera sportiva di un altro atleta per il fatto che io sono stato preso di mira. Ma è chiaro che se la vicenda Schwazer si concluderà con l’emersione della verità cambieranno molte cose nel sistema antidoping.
Per esempio?
Farò capire a tutti gli atleti che devono tutelarsi, hanno diritto ad avere una terza provetta che poi potranno consegnare a un laboratorio di loro fiducia, perché ora è tutto nelle mani di questo potere dell’antidoping che evidentemente non dà alcuna garanzia assoluta di correttezza una volta prelevati i campioni. Quella della IAAF è la storia recente di un presidente e di un responsabile antidoping a libro paga dei russi e anche da questo punto di vista i media dello sport hanno fatto una figura penosa.
Per quale motivo?
Perché hanno omesso di raccontare o hanno minimizzato la descrizione di questo sistema di corruttela e le sue conseguenze. Hanno disgiunto il caso Schwazer dallo scandalo dell’alta dirigenza della IAAF corrotta dai russi e allora mi chiedo, il problema sono i russi o le istituzioni corrotte? Questo è il punto di vista sul quale ho fatto ruotare tutta la mia vita, perché fin dall’inizio mi sono reso conto del marcio che c’era nel sistema. Ma anche di questo parlerò in futuro. Mi viene da pensare che ormai da tempo o forse da sempre i media non facciano il loro lavoro di osservazione critica delle istituzioni, e se questo cerca di farlo una singola persona succede che viene bersagliata e si tenta di distruggerla anche sul piano della credibilità, come dimostra la vicenda Schwazer. Ma hanno sottovalutato il fatto che io non avrei mollato la presa. Del resto avevo in mano tutti gli elementi chiave per essere certo che Alex non si era dopato, non ne aveva bisogno, perché è un fuoriclasse e perché era ben allenato. È uscito sempre pulito da quella miriade di controlli a sorpresa che gli hanno fatto da ottobre 2015 a giugno 2016; perché mai avrebbe preso micro-dosi di testosterone, ininfluenti ai fini della prestazione, solo durante le vacanze di Natale? Chiunque avrebbe dovuto capire dall’inizio che questa storia non reggeva.
"Alex per me non è stato una gallina dalle uova d’oro, è un ragazzo che mi ha chiesto aiuto e io gliel’ho fornito e continuerò a fornirglielo in futuro se ne avrà necessità"
Vede finalmente una possibilità di riscatto per Schwazer?
Me lo auguro. Alex è un ragazzo meraviglioso che nel 2012 ha commesso un errore e questo gli rimane come responsabilità. Ma c’erano anche molte persone intorno a lui che sapevano e hanno fatto finta di non vedere, tant’è vero che a Bolzano è in corso un procedimento giudiziario in cui due medici sono imputati per favoreggiamento. Schwazer si è dopato in un periodo in cui era sotto cura con degli anti-depressivi e invece di preoccuparsi di capire le cause di questo suo disagio chi gli stava attorno ha continuato a vederlo soltanto come un produttore di risultati e medaglie. Ho scoperto poi, seguendolo come allenatore, che era stato allenato in maniera ridicola ed era peggiorato al punto da perdere ogni speranza. Nel momento in cui ho iniziato a seguire questo atleta ho capito che aveva un potenziale e delle doti fuori dal comune. Alex per me non è stato una gallina dalle uova d’oro, è un ragazzo che mi ha chiesto aiuto e io gliel’ho fornito e continuerò a fornirglielo in futuro se ne avrà necessità. Il colmo è che io stesso ho segnalato alla WADA i miei sospetti su di lui prima di Londra 2012 con due precise email che sono in grado di esibire in qualsiasi momento. E grazie a queste due mail è scattato il controllo che ha portato alla sua positività. Non bastava questa credenziale per ascoltare almeno un poco le mie parole quando, dopo l’ultimo scandalo, ho affermato con forza che era pulito e che in questa putrida storia si sarebbe dovuto scavare molto più a fondo?
Che schifo! Spero che Alex
Che schifo! Spero che Alex venga presto e giustamente riabilitato e che tutta la immonda spazzatura che ne ha causato il ritiro dall'attività agonistica, venga smascherata e cacciata per sempre dal mondo sportivo.