Society | Onorificenze

Manlio Longon cittadino onorario

Il dirigente dello stabilimento Magnesio fu tra i principali promotori della resistenza armata in provincia di Bolzano dopo l'8 settembre 1943.
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Foto: web

Il Consiglio comunale di Bolzano ieri ha conferito la cittadinanza onoraria a Manlio Longon.

Questa la motivazione: "La Città di Bolzano, memore del grande esempio di fedeltà alla comunità che lo aveva adottato, gli conferisce la cittadinanza onoraria quale riconoscimento per la sua condotta di opposizione e resistenza alla dittatura nazista. La sua memoria per tutti, soprattutto per i giovani, rappresenta un virtuoso modello da perseguire per sviluppare una società nel nome dei valori democratici contro ogni degenerazione dittatoriale. Ricordare la sua azione, finalizzata al bene di tutta la comunità indipendentemente dal gruppo linguistico, non può che rafforzare i capisaldi della convivenza consolidata nel nostro territorio".

Manlio Longon, dirigente dello stabilimento Magnesio, fu tra i principali promotori della resistenza armata in provincia di Bolzano dopo l'8 settembre 1943, divenendo responsabile del locale Cln e organizzatore di gruppi partigiani.  Attivissimo nella lotta contro i nazifascisti, a Longon va riconosciuto il merito di aver cercato il dialogo con gli esponenti sudtirolesi che si ponevano su chiare posizioni antinaziste. Pochi mesi prima della Liberazione, Longon finì per cadere nelle mani della Gestapo, e il 31 dicembre 1944 fu assassinato in una cella del Corpo d'Armata di Bolzano.

La cittadinanza onoraria sarà conferita nei prossimi mesi nel corso di una cerimonia ufficiale alla presenza dei parenti di Longon.
A Manlio Longon a Bolzano sono dedicati una scuola primaria ed una strada.

 

Oggi giovedì 6 luglio, con un minuto di silenzio in Consiglio Comunale, il Sindaco Renzo Caramaschi ricorderà un altro cittadino onorario di Bolzano: Giannantonio Manci eroe della Resistenza, che pose fine alla sua vita il 6 luglio 1944 con un gesto estremo: si lancio dal 3° piano del Corpo d'Armata di Bolzano, allora sede della Gestapo, scegliendo l'orribile volontaria morte al rischio di rivelare sotto tortura i nomi dei compagni di lotta per evitare lo smantellamento della capillare rete di resistenza al nazifascismo sviluppatasi nell'Alpenvorland a cavallo delle provincie di Trento, Belluno e Bolzano.