Riecco il mitico St. Pauli
Rieccoli. Da oggi e fino al 16 luglio i Pirati sono in Alto Adige, a San Martino Val Passiria. Ritiro precampionato, con due amichevoli, per il St. Pauli di Amburgo, una squadra che non assomiglia a nessun’altra. Che gioca nella Zweite Liga tedesca, la serie B, e nella Bundesliga c’è stata, nella sua pur lunga storia solo otto volte (l’ultima nel campionato 2010-2011, concluso all’ultimo posto) e che vanta però milioni di tifosi in tutto il mondo: c’è chi sostiene siano più di dieci. Sostenitori in ogni dove: in Italia a Genova c’è il St. Pauli Club Zena e tra i 665 “soci onorari” (ultimo rilevamento in internet il 4 luglio) trovate anche trentini ed altoatesini. Peraltro “soci onorari” lo sono tutti: l’uguaglianza è la parola d’ordine. Attivissime poi le Brigate Garibaldi FC ST. Pauli, Associazione Sportiva e politica.
Perché mai una squadra di serie B di Amburgo è diventata così popolare ed amata? Proviamo a dipanare la matassa di una storia ai confini della realtà. A partire dal fatto che se dici di tifare per il St. Pauli non v’è italiano, generalmente maschio, che non ti guardi stupito e profferisca: “ma è il quartiere a luci rosse di Amburgo?”. Com’è come non è, il fronte del porno anseatico sembra assai conosciuto. Tu, allora, per cominciare, ricordi loro un episodio. Qualche anno fa i supporter del St. Pauli impedirono che in uno dei bar interni allo stadio le cameriere servissero i clienti in topless. Questo avrebbero voluto coloro che avevano vinto l’appalto per gestire il locale. Pensando che quel che regna in alcune strade del quartiere potesse andare bene anche al “Millerntor”, lo stadio del St. Pauli. “Siamo contro lo sfruttamento sessuale e la mercificazione della donna, o chiude il bar o noi chiuderemo lo stadio”, dissero i tifosi. Ha chiuso il bar, ovviamente.
Forse lo spirito St. Pauli lo si coglie nella foto qui sopra. È una delle magliette più vendute nei negozi che propongono i prodotti marchiati St. Pauli, tutti rigidamente contrassegnati dal simbolo della squadra: ovvero il teschio dei pirati, il Jolly Roger. È la maglietta che celebra i vincitori della Coppa del mondo, i giocatori del St. Pauli, ovviamente. Più precisamente quelli che il 6 febbraio 2002 sconfissero il Bayern Monaco per 2 a 1. Sul retro, la maglietta elenca tutta la formazione.
Perché tra gli acerrimi rivali della squadra che come colori sociali ha il bianco e il marrone, c’è ovviamente l’altra squadra della città, l’Amburgo: che da quattro anni è finita in Zweite Liga e non riesce più a risalire il che, per la compagine ricca di Amburgo, vincitrice di una Coppa dei Campioni come ben ricordano gli juventini, è smacco non da poco. Ma acerrima rivale è anche il Bayern Monaco stellare: i suoi dirigenti non gradirono affatto, anni fa, che la rivista del St. Pauli, distribuita prima di una partita con i bavaresi, portasse questo titolo: “Klassenkampf”, ovvero “lotta di classe”.
Ancora: i libri pubblicati in Italia, argomento FC St. Pauli. Un approfondito saggio storico di Marco Petroni, ad esempio. Il suo “St. Pauli siamo noi” (Derive Approdi editore) racconta giustappunto di pirati, punk e autonomi allo stadio e nelle strade di Amburgo. Oltre duecento pagine fitte fitte. Scrive: “Immer weiter mit St. Pauli: il nome del quartiere portuale di Amburgo e della sua squadra di calcio. Un quartiere segnato da mille contraddizioni: da sempre punto di forza dello sviluppo commerciale della città e luogo di lotta; focolaio di resistenza all’ascesa delle squadre naziste e sede di insurrezioni sempre fallite. Nella prima metà degli anni Ottanta il quartiere è segnato da miseria e abbandono, ma rinasce attraverso i palazzi occupati della Hafenstraße, roccaforte del movimento autonomo e crocevia di tutte le battaglie politiche e sociali dell’epoca, e il Millerntor, piccolo stadio di calcio, all’interno del quale, sotto la bandiera dei pirati e al grido di "Mai più guerra, mai più fascismo, ma più serie C", prende forma una nuova tifoseria e un nuovo modo di intendere il calcio. Il St. Pauli FC, squadra con la fama di "club di perdenti", diventa così la bandiera calcistica della sinistra radicale, della scena squat, degli antagonisti e dei punk dell’intera Germania. Grazie ai tifosi e alle loro battaglie contro il razzismo e il sessimo, prima sulle gradinate e poi all’interno della struttura societaria, il St. Pauli FC diventa il simbolo di una comunità sincera che esprime la passione popolare per un calcio liberato da ogni forma di discriminazione”.
St. Pauli è un modo di vivere, è un modo di sentire lo sport e la vita quotidiana in maniera differente
Altra lettura, per i curiosi. “Ribelli sociali e romantici” - sottotitolo: “FC St. Pauli tra calcio e resistenza”(edizioni Bepress). L’ha scritto Nicolò Rondinelli, giovane novarese, calciatore - dirigente di una delle tante realtà di calcio popolare italiane, l’ASD CRSC Cuore. Storia, sociologia, economia, calcio, cultura, curiosità per raccontare la squadra che più di tutte è riuscita a sviluppare il progetto del calcio popolare. Nicolò ha vissuto quella realtà, ha calcato le gradinate del Millerntor Stadion. Racconta: “Ho approfondito gli aspetti storici e sociali che a metà degli anni 80 hanno portato un club mediocre a diventare un fenomeno cult grazie all’intreccio tra politica di strada, lotta alle discriminazioni e calcio. Se dovessi descrivere il St. Pauli in poche parole direi di un cordone ombelicale che lega in modo stretto la comunità del quartiere, solidale e alternativa, alla cultura del club e dei suoi tifosi, imperniata su valori come la lotta alle discriminazioni, lo spirito sociale e la partecipazione attiva. St. Pauli è un modo di vivere, è un modo di sentire lo sport e la vita quotidiana in maniera differente”. 360 pagine. Una volta terminata la lettura forse si può intuire il senso dello slogan caro ai tifosi dei bianco - marroni: “St. Pauli ist die einzige Möglichkeit”. Il St. Pauli è l’unica possibilità.
Altri indizi. Sulle gradinate del “Millerntor”, enorme, la scritta “Kein Fussball den Faschisten”, che non ha bisogno di traduzione. Scritta che compare anche sulle magliette della squadra. La cui dirigenza ha anche deciso di togliere, sui programmi ufficiali delle partite, la sigla RB quando l’avversario è il Lipsia. Come ben sa chi frequenta il calcio tedesco quel RB sta, nelle intenzioni del Lipsia, per RasenBallsport. Anche i muri sanno però che quell’RB è la sigla della bevanda, pare assai ingurgitata in giro per il mondo, che sponsorizza il Lipsia, e altre squadre come il Salisburgo. Ecco, anche le compagini delle “lattine” non riscuotono certo simpatia dalle parti di St. Pauli.
Ancora: quando le squadre entrano in campo, per gli incontri al “Millerntor”, risuonano a tutto volume le note di “Hells Bells”, le campane dell’inferno degli AC/DC. Anche se è amatissima la canzone degli italiani Talco, gruppo ska punk che in “St. Pauli” cantano: “Danzan sulla storia di giorni conquistati / Figli della memoria, pirati a St. Pauli / Danzano sulla gloria di giorni conquistati / Figli della memoria, banditi a St. Pauli”.
La squadra del quartiere a luci rosse di Amburgo è diventata il simbolico punto di riferimento di ribelli, punk, anarchici, squatter
Insomma, squadra a suo modo unica e originale, quella dei Pirati. Squadra “cult” come nessun’altra. Una compagine che nella sua storia - è stata fondata nel 1910, ma nello stemma del club si legge “non established since 1910”, come a dire: fuori dal sistema già da allora - non ha registrato alcuna vittoria significativa. Eppure il St. Pauli, attraverso una vicenda sportiva fatta di migliaia di soci e sostegno militante, è non solo la squadra del quartiere a luci rosse di Amburgo, ma è diventata il simbolico punto di riferimento di ribelli, punk, anarchici, squatter, guevaristi, internazionalisti, no global, antisistema di tutto il mondo. Nel Millerntor – 30 mila posti, molti in piedi, sempre tutto esaurito, arduo trovare un biglietto - è vietato l’ingresso a razzisti, fascisti, sessisti, omofobi.
Infine, altre perle. Tre anni fa il rifiuto di usare durante le partite i tabelloni luminosi pubblicitari a bordo campo. Per la squadra ci sarebbe stato un introito di un milione e mezzo di euro. C’è stato un sondaggio tra i tifosi che hanno detto: no, grazie, durante la partita si guarda la partita e non la pubblicità. Certo, si potrà discutere sul fatto che a suo modo anche questo è marketing, alternativo e ribelle, ma pur sempre marketing. Ma che dire di quel che è successo nel giugno 2016, allora? Si presentava il nuovo acquisto del St. Pauli, Marvin Ducksch, attaccante classe 1994 dal Borussia Dortmund. Al suo fianco il direttore sportivo e l’allora allenatore del St. Pauli, il granitico Ewald Lienen. Uno chiamato Lenin per via delle sue idee politiche, attivista pacifista, vegetariano, fondatore del sindacato tedesco dei calciatori professionisti. Però... c’è un però. Quello non era Lienen. L’allenatore era impegnato, per fatti suoi. Non poteva essere presente alla conferenza stampa. Il St. Pauli ha scelto allora di prendere uno che passava per strada e gli ha messo una maschera con l’effigie di Lienen. E tanti saluti a tutti.
E sapevate che la società “non established since 1910” è anche una polisportiva della quale fanno parte le sezioni rugby, football americano, baseball, bowling, scacchi, ciclismo, pallamano, softball, roller derby e tennis tavolo? Da qualche anno c’è pure una squadra di calcio dei rifugiati: l’hanno chiamata FC Lampedusa. Lo spirito piratesco che regna dalle loro parti è confermato da quel che hanno combinato nel 2006 quando hanno ospitato nel loro stadio la FIFI World Cup (Federation of International Football Indipendents): mancava una settimana al Mondiale vero, quello della FIFA, che si svolgeva proprio in Germania. Cinque nazioni al via: Groenlandia, Tibet (con vibrate proteste dell’ambasciata cinese), Zanzibar, Gibilterra e Cipro del Nord (che ha poi vinto battendo in finale ai rigori Zanzibar). Ha partecipato anche la squadra del St. Pauli, per l’occasione denominata “Repubblica di St. Pauli”.
D’altronde, nel luglio 2017, quando il G20 si tenne ad Amburgo e non mancarono le proteste no global, vari enti locali diedero il loro supporto ai manifestanti. Tra loro, guarda caso, FC St. Pauli che mise a disposizione 200 posti letto, oltre a servizi igienici e docce, nel suo stadio, il Millerntor. In una dichiarazione, la squadra di calcio affermò che l'offerta era una risposta diretta all’"assurdo" divieto imposto dalla polizia di campeggiare sui luoghi ufficiali della protesta. Il comitato direttivo del club disse di voler "mandare un segnale chiaro per i diritti umani, la libertà di opinione, e il diritto di manifestare".
Benvenuti a St. Pauli. Dove il calcio è “altro”, molto altro.