La divina sfera del Carlo Martinelli
È cosa buona e giusta che il 7 ottobre, al Festival dello Sport di Trento, l’”Antialmanacco del calcio” di Carlo Martinelli sia presentato insieme a una biografia del mitico terzino dell’Inter Giacinto Facchetti, una leggenda a cominciare dal nome di battesimo. Ed è anche scherzo del destino perché Martinelli è un inguaribile juventino, seppure dissidente.
Pur essendo un ragazzo del 1957, il giornalista (ex libraio) Martinelli (già all’Alto Adige, poi all’ufficio stampa della Provincia ma sempre calciante sul Trentino e Alto Adige e altrove tra libri e sport) non ha smesso di essere ragazzo. Curioso, appassionato, ludico come un ragazzo d’antan. I libri e il calcio sono i suoi ludi preferiti e tra libri calcio e cronache naviga leggero e ironico, con lo stupore di quegli eterni bambini che restano gli appassionati autentici dello sport-religione nazionale. Unico lato malinconico, quando se ne va un mito, del pallone del libro o della musica, il Martinelli gli augura sempre buon viaggio nel Grande Nulla, che è una bella contraddizione: se aldilà c’è solo il Grande Nulla, niente paradiso dei Divini del gol, è fatica sprecata qualsiasi augurio…
Martinelli – come tutti quelli del Cinquantasette… - non è esente da qualche difetto acquistato in tenera età: è juventino, per dire, e prova a difendersi così: “Se cresci mentre domina l’Inter di HH1” (l’allenatore Helenio Herrera, per i non adepti) “tu devi stare per forza con la Juve di HH2” (cioè Heriberto Herrera). Rivendica peraltro il carattere proletario del suo tifo bianconero e siccome tra i suoi pregi c’è la fedeltà al situazionismo teorico e applicato, gli si perdona tutto.
Detto questo, l’Antialmanacco del calcio (Edizioni inContropiede, 174 pp., 18,50 euro) è un modo curioso, e molto martinelliano, di celebrare Fratello Football: per ogni giorno dell’anno (non bisestile) c’è un ricordo, un fatto, un souvenir, una curiosità. 365 dolcetti/scherzetti, da degustare, ricavati dallo straordinario “archivio dell’inattualità” che coltiva il Carlo, reo confesso “devoto alla carta”. Sarebbe perfino incongruo segnalarlo in questo giornale che di carta non è, se non fosse che lo stesso autore è curioso di tutto e dunque non disdegna navigazioni e incursioni in rete, sempre di rimbalzo con qualche pezzo di carta.
L’Antialmanacco (sottotitolo eloquente: “Delitti, partite, amori e pettegolezzi”) è irraccontabile, perché ogni almanacco va sfogliato e gustato senza inutili tentativi di inquadramento logico-induttivo. Con la casualità che è propria dei calendari e dei giochi. Si può solo, per incoraggiare i lettori a tuffarsi nella disparata cronologia di Eupalla (la dea del principe dei football-cronisti, Gianni Brera), fornire qualche assaggio.
L’Antialmanacco (figlio della rubrica “Pallonario” curata dall’autore per un anno su “Portiere volante”) reca in copertina un disegno dell’immortale bionda Marilyn perché anche lei – il 12 maggio 1957 – ebbe la sua sbandata per il soccer, come gli americani disgraziatamente chiamano il football: in quell’anno fatale, all’Ebbets Field di New York, la Monroe (allora sposata ad Arthur Miller, drammaturgo ebreo) fu la madrina di una partita tra una selezione statunitense e una squadra israeliana, lo Hapoel di Tel Aviv (che vinse 6 a 4, punteggio tennistico). È solo un esempio delle mille scoperte disseminate nei 365 giorni almanaccati da Martinelli, le cui fonti vanno dall’Alto Adige a Tuttosport, passando per El Grafico, L’Equipe, Mundo Deportivo e via tirando.
Dal primo gennaio (lo svedese Gunnar Gran corteggiato dal Talmone Torino, 1959) al 31 dicembre (una testa di capretto in un pacco infiocchettato per il direttore sportivo del Palermo, episodio minaccioso del 2006), gli appassionati di pallone ma anche i curiosi delle cose del mondo (che, com’è noto, ha anch’esso forma sferica) troveranno motivi di divertimento e di apprendimento, come una piccola storia involontaria del Novecento sub specie calcistica, con incursioni nel secolo precedente. Si veda, a titolo esemplificativo, il 3 agosto: in quel giorno del 1956, Dante Bianchi, super esperto di calcio, al quiz televisivo “Lascia o raddoppia?” perse ben 5 milioni delle allora lire per aver sbagliato la risposta alla fatale domanda “In quale anno gli inglesi inventarono il parastinchi?”. Era il 1874, ma lo sciagurato Bianchi (tifoso bianconero) rispose: 1878.
Il citazionismo martinelliano, insomma, dischiude orizzonti che dal pallone rimbalzano tra cultura e politica, business e cronaca nera, filosofia e costume. E tragedie vere. Come quella ricordata il 24 maggio del 1964. A Lima c’è Perù-Argentina, l’arbitro annulla un gol dei padroni di casa, il pubblico si scatena, la polizia lancia i lacrimogeni e chiude le porte dello stadio: 318 morti.
Come dire che il calcio, in quanto specchio e riflesso della vita sua contemporanea, è impastato di sublime e di infernale, di misteri gaudiosi e misteri dolorosi. Perciò l’Antialmanacco del calcio è di quei libri da tenere sullo scaffale delle enciclopedie, perché anch’esso è utile a offrire, in 174 pagine, una piccola summa delle croci e delle delizie del rotondo mondo in cui andiamo quotidianamente, e talora rovinosamente, rotolando.