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"Esultanza che sognavo da bimbo"

Veronese di padre nigeriano, Odogwu è l'uomo simbolo del Südtirol di coach Bisoli. Il "giocatore con due lauree" che ama viaggiare, da bimbo voleva fare il capo ultras.
odogwu esulta a palermo
Foto: Screenshot

Oguta è una  piccola città della Nigeria nello stato di Imo. Lì ci sono metà delle origini, quelle paterne, di Raphael Odogwu, attaccante simbolo dell'attuale rinascita dell’Fc Südtirol dopo che per tutta l’estate era stato dato in partenza perché giudicato non altezza per la Serie B.  “Ci sono stato solo una volta una ventina di anni fa, ma avevo 10-12 anni e i ricordi non sono nitidi. Ho conosciuto i miei nonni, i miei cugini, è stato molto bello. Lì si vive con ritmi e abitudini completamente diverse da quelle che abbiamo qui”, racconta con un velato accento veronese. Nato 31 anni fa nella città scaligera, occhi limpidi, sorriso sincero, mani enormi, Odogwu ha un eloquio notevole e si è già costruito un futuro oltre il calcio, conseguendo due lauree: una in Economia e Commercio e l’altra in Legislazione d’Impresa. Una cosa non esattamente frequente tra i suoi colleghi.

 

Ma di cose da dire con la palla ai piedi Odogwu ne ha probabilmente ancora diverse nei prossimi anni. Raphael è un colosso di 188 cm per 95 kg, di cui almeno 10 di pettorali. La fisicità fatta giocatore. Una caratteristica della quale si accorgono regolarmente i difensori delle squadre avversarie che finiscono a terra ogni volta che cercano di contrastarlo. Dopo l’ultima incredibile partita vinta a Palermo (highlights) grazie ad un suo gol di rapina, per il quale ha esultato salendo sui cartelloni pubblicitari, ha detto di lui coach Bisoli: “Odogwu è devastante, gli dico sempre che ha buttato via una carriera. Oggi ha fatto una gara eccellente, il Palermo doveva raddoppiarlo e triplicarlo perché non riuscivano a tenerlo. Se mi segue farà tantissima strada”.  “Sì - ha replicato lui in sala stampa  (video)– purtroppo ho buttato anni della mia carriera, demerito mio, ma, forse non solo mio. Da quando sono arrivato qui ho capito cos’era il professionismo e lavoro sodo per recuperare gli anni perduti”. Se riuscirà a tenere questo livello di gioco, dopo una vita tra campi di serie D e C, Odogwu sembra destinato ad essere un uomo chiave di questa prima stagione in Serie B della squadra biancorossa. Dopo quattro risultatati utili consecutivi (tre vittorie e un pareggio) sotto la guida di Bisoli, domenica alle 16.15 l’FC Südtirol ospita al Druso il Benevento del “campione del mondo” Fabio Cannavaro. L'attesa è grande. (Aggiornamento del 5/11, ore 16.30: Nel frattempo i risultati utili consecutivi sono diventati 9 e con grazie a una doppietta casalinga contro il Cagliari Odogwu arriva a quota 4 reti).

 

Salto.bz: Odogwu, come è stata la sua estate con la valigia pronta?

Raphael Odogwu: Dopo la promozione in B non sapevo bene cosa aspettarmi. Ovviamente ho avuto molte domande in testa, il fatto che mi abbiano detto che potevo considerarmi in partenza mi ha un po’ demoralizzato. Quando è iniziato il ritiro a Racines non sapevo se potevo sentirmi parte del gruppo. Poi piano piano ho capito che in questo gruppo potevo starci. La prima svolta c’è stata nel corso di un colloquio con Leandro Greco, il viceallenatore. Mi ha detto: sei venuto qui consapevole che dovrai andare via, ma devi comunque allenarti e devi farlo come uno che vuole restare qui non uno che pensa che se ne andrà. Ho pensato: ha ragione. Quindi ho iniziato a lavorare con uno spirito diverso e da lì è partito il mio vero percorso di inserimento nel gruppo.

Con Lamberto Zauli, poi esonerato prima dell’inizio del campionato, come si trovava? Vedendolo da fuori, a bordo campo sembrava l’esatto opposto di Bisoli, che è una specie di uragano.

A livello umano Zauli è sicuramente una gran persona, mi è piaciuto molto. A livello di campo non posso esprimermi. Sapendo che sarei dovuto andare via, il mister provava i giocatori che dovevano restare. A bordo campo era sicuramente più tranquillo di Mr Bisoli. Lui è un vero un martello, è uno che continua a urlare, a dire, dai-dai-dai. Io, che di indole sono pigro, sinceramente ho bisogno di una persona così che continua ad incitarmi, altrimenti tendo a rilassarmi. Zauli non era uno che ti aggrediva, era più un osservatore esterno. Ci sono aspetti positivi e negativi in questo. Dipende molto dal tipo di giocatore che sei. Alcuni soffrono un mister che tende a spronare con forza, io, invece, ne traggo beneficio. Ma devo confessare che la prima settimana ho detto: un anno così, sarà dura. Poi il mister impari a conoscerlo ed è molto simpatico. In campo comunque le urla si sentono poco, c’è talmente tanta gente che io fatico a sentirle.

Con Bisoli la squadra è cambiata più dal punto di vista tattico o da quello mentale?

A livello tattico c’è stato sicuramente un grande cambiamento. Prima dovevamo giocare più la palla, ma eravamo anche molto aperti. Ora siamo più compatti, è più difficile farci gol, siamo noi a ripartire, e quando ripartiamo, avendo in attacco gente che ha gamba, lo facciamo bene. Io poi in avanti in genere riesco a tenere palla grazie alla mia prestanza fisica.

Ecco, appunto. Rispetto alle ultime giornate della scorsa stagione lei sembra comunque un giocatore diverso. Ora sembra anche più rapido nei movimenti o è solo una sensazione di chi sta comodo in tribuna?

Pochi lo sanno ma le ultime giornate della scorsa stagione le ho giocate con un problema al flessore che di fatto mi impediva di scattare. Poi quest’estate è arrivato un preparatore atletico, Andrea Arpili che mi fa lavorare in modo diverso rispetto a com'ero abituato. Faccio molti esercizi per aumentare l’esplosività e la forza e devo ammettere che mi sento anche io diverso, migliorato, più scattante, più forte. Penso sia merito del lavoro atletico e delle indicazioni del mister.

La partita precedente all'arrivo di Bisoli, contro il Venezia, lei ha segnato di testa il suo primo gol in serie B. Allora partiva già titolare. Come è andata?

E’ stato un momento bellissimo, ho stampato la foto dell’esultanza e l'ho appesa in casa. Fino a pochi mesi fa mai avrei pensato di fare un gol in B. Se avessimo vinto avrei fatto festa una settimana, ma purtroppo abbiamo perso (con un autorete a tempo scaduto, ndr) e questo mi ha rattristato parecchio.

 

Il suo secondo gol, sabato scorso a Palermo, è stato meno bello – come ha detto lei, ci ha messo il “gambone” - ma più importante. Ha infatti regalato la terza vittoria stagionale alla squadra. Dopo aver segnato è andato ad esultare sotto i ragazzi della Gradinata nord arrivati in Sicilia per seguire la squadra. Un giusto tributo, si direbbe.

L’esultanza parte proprio dal sopralluogo per vedere il campo, fatto alcune ore prima della partita.  Stavo percorrendo il tunnel e ad un certo punto sento cantare. Ci sono già i tifosi del Palermo, penso. Poi uscito vedo con stupore i tifosi della Gradinata nord. Mi sono detto: che grandi a venire fin qui. Poi quando si fa gol ci sono quei due tre secondi in cui davvero non si capisce niente. Mi è venuto spontaneo salire sui cartelloni pubblicitari. Devo dire che era da quando ero bimbo che sognavo di fare un gol ed esultare salendo sui cartelloni. I tifosi penso fossero meno di venti, ma nella mia testa era come se fossero tremila.

 

Il Druso ha una buona affluenza di pubblico, più che triplicata rispetto alle scorse stagioni, ma i 500 tifosi avversari sovrastano con i loro canti i tremila tifosi biancorossi. La Gradinata nord al momento conta poche decine di sostenitori che fanno il possibile. Com’è per un giocatore vivere questa situazione un po’ strana.

Io devo dire che a me non disturba affatto. Mi piace sentire il tifo, confesso che da bimbo mi sarebbe piaciuto fare il capo ultras. Le tifoserie che sono arrivate finora mi hanno molto impressionato. Se continueremo a fare bene, credo che attireremo gente nuova allo stadio e sicuramente la tifoseria crescerà, compresa la Gradinata nord.

Quanto è stato importante l’arrivo di un giocatore di esperienza come Andrea Masiello?

Uno così serviva proprio alla squadra. Non lo conoscevo di persona, e pensavo che avendo alle spalle 300 partite in serie A potesse essere uno magari un po’ arrogante. Invece è davvero una gran persona, ha sempre una parola positiva e di incoraggiamento, non è di quelli che si lamentano e sbuffano in continuazione.

Pochi giorni fa è emerso sui campi altoatesini un caso di razzismo. Lei ha passato parecchi anni sui campi di serie C in Veneto e poi in Alto Adige. Le è mai capitato di essere vittima di episodi di razzismo o di avere difficoltà di inserimento in un ambiente.

Direi di no, quando ero ragazzo poteva capitare qualche battutina infelice dei compagni di squadra o sui campi, ma ho la fortuna di essere sempre stato grande e grosso e questo forse ha sempre scoraggiato chi aveva queste intenzioni (ride).

La gran parte degli sportivi ha vari riti scaramantici prima di scendere in campo. Lei?

Sono effettivamente un caso anomalo, prima di ogni partita mi concentro in un modo diverso. A volte penso a mio nonno materno che ora non c'è più. Sono praticamente cresciuto con lui fino a quando avevo vent’anni ed è stato sempre molto importante per me. Altre volte mi concentro pensando a mia moglie. Non ho mai uno schema fisso.

 

Lei è cresciuto in una città del nord, che impatto ha avuto con la città di Bolzano?

Questo è un luogo particolare, ma apprezzo molto la pulizia, l’ordine, l’educazione della gente, la cura dei ristoranti e degli hotel. E’ vero che rispetto ad altre città la gente è più riservata e ci mette un po’ ad aprirsi e a darti fiducia. C’è una cultura leggermente diversa, ma devo dire che qui si sta bene.

Diventando calciatore lei ha coronato un sogno fatto da bimbo o è arrivato a crederci tardi?

Il calcio è sempre stata una malattia per me, giocavo molto, guardavo tutte le partite, i programmi sul calcio. Volevo diventare calciatore o capo ultras (ride).

Da ragazzo era il classico fenomeno o un buon giocatore? Alcuni suoi colleghi hanno raccontato che da ragazzi si sentivano meno forti di altri compagni, che poi, invece, non sono diventati professionisti. E’ successo anche a lei?

In effetti sì, non sono mai stato tra i più forti della squadra. Tra i ragazzi con cui giocavo, forse un paio hanno avuto una carriera più fortunata della mia.

Passioni oltre il calcio?

Mi piace viaggiare, appena ho due tre giorni, o in estate, viaggio più che posso assieme a mia moglie. Mi piacciono molto le serie tv e la musica latina, ma ormai a ballare non ci vado più. Infatti i miei migliori amici me lo fanno notare sempre. La mia vita sociale si limita all’andare fuori a cena o a farmi qualche aperitivo.