Patriarcato? Parliamone/1
Sono rimasta colpita dalla reazione alla mia citazione di Giulia Blasi “Finché non vedi il patriarcato, il patriarcato sei tu” in un mio pezzo di ottobre. Non mi hanno stupita i commenti riguardo lo schwa, piuttosto un'ignoranza diffusa riguardo alla definizione sociologica di patriarcato. Non fraintendetemi, conosco bene la reazione a questa parola tabù nei luoghi di aggregazione più informali (la sorsata di birra che va di traverso al bancone di un bar), ma presupponevo un sapere generalmente più diffuso del termine. Per evitare ulteriori fraintendimenti e negazionismi, qui sotto ho scritto un breve riassunto - che poi tanto breve non poteva essere - e che quindi ho suddiviso in una miniserie composta da 3 parti per una migliore digeribilità (Emojis not available)
Cos’è il patriarcato?
Si definisce così un “sistema sociale maschilista in cui gli uomini detengono principalmente il potere e predominano in ruoli di leadership politica, autorità morale e privilegio sociale”. Parliamo quindi di un’impostazione sociale basata su uno squilibrio di potere tra uomo e donna, una realtà dove sono gli uomini a decidere. Tant’è che da donna fino al 1970 non potevi divorziare e fino al 1975 avevi un capo famiglia in famiglia. Solo dal 1996 lo stupro è reato contro la persona e non solo offesa della morale, dal 1981 non ci sono attenuanti per chi uccide una donna (anche se a ben pensare, questa consapevolezza non è ancora arrivata ovunque!). Tutt’oggi, anche se a livello normativo parrebbe esserci una parità tra i generi, nella realtà di fatto questa parità non esiste.
Come si misura questo squilibrio di potere?
Il Gender Gap Index, strumento del World Economic Forum, misura il divario esistente fra uomini e donne sulla base di quattro indicatori principali: salute, educazione, economia e politica. Una statistica che valuta il profondo impatto della disparità fra uomo e donna sulla vita quotidiana in diversi ambiti. Questa classifica internazionale vede l'Italia ultima dei cosiddetti paesi avanzati e, ahimè, anche la nostra provincia non occupa nessun posto speciale. L’impatto della pandemia in corso ha anzi accentuato il divario: se prima si stimava di raggiungere la parità di genere nel corso di 99,5 anni, ora ce ne vorranno 135,6.
Diverse ripercussioni, stessa radice
Certo, le ripercussioni di questa disparità di potere fra uomo e donna nella vita di tutti i giorni sono diverse a seconda dell’intersezionalità, cioè la sovrapposizione di diverse identità sociali e le relative discriminazioni e oppressioni. Le discriminazioni vissute da una donna di origini pakistana, vittima di matrimonio forzato, in Val Pusteria sono molteplici e diverse da quelle vissute da una sudtirolese doc mediamente agiata a Bolzano. Ma la violenza strutturale c’è per entrambe e la radice è la stessa: la cultura patriarcale. Ed è proprio questo sistema sociale maschilista a fare in modo che le donne stiano al loro posto svantaggiato rispetto agli uomini. Per riuscire a vivere una vita autodeterminata e libera devono faticare immensamente di più e spesso, a seconda delle diverse identità sociali, semplicemente non ce la possono fare.
Tutto questo può suonare molto teorico e lontano per chi ha sorvolato la riga del “anche la nostra provincia non occupa nessun posto speciale”. Vedremo nella prossima puntata esempi concreti dello squilibrio di potere fra uomo e donna nella nostra provincia.
Dass es weder in der
Dass es weder in der Gesellschaft noch in den meisten Religionen die der Menschenwürde entsprechende Gleichstellung von Frau und Mann gibt, ist ein wesentliches Übel unserer Zeit ! Diese wäre eine Voraussetzung dafür, damit unsere Welt friedlicher und zukunftsfähiger werden kann.