Il vuoto tra i banchi
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Negli ultimi tre anni, in Italia, undici studenti*esse universitari*e, nove ragazzi e due ragazze tra i 19 e i 30anni, si sono suicidati*e quando il castello di bugie costruito per far fronte a una pressione sociale, familiare e personale – esami dati come superati in realtà mai sostenuti, feste di laurea in programma senza che ci fosse una laurea da celebrare – stava per infrangersi contro la realtà. Un grido di aiuto che non può restare inascoltato.
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Una corona d’allora adornata da un nastro verde, colore del benessere fisico e psicologico, e un discorso lucido ed emozionante: così, lo scorso febbraio, Emma Ruzzon, Presidente del Consiglio degli Studenti dell’Università di Padova, ha inaugurato l’anno accademico del suo ateneo. “Siamo stanchi di piangere i nostri coetanei e vogliamo che tutte le forze politiche presenti si mettano a disposizione per capire, insieme a noi, come attivarsi per rispondere a questa emergenza”. Le vibranti parole della studentessa di Lettere, pronunciate alla presenza della rettrice Daniela Mapelli e alla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini e riprese poi da tutti i media nazionali, hanno acceso i riflettori sul disagio degli*lle studenti*esse e sui problemi strutturali del mondo universitario “in cui fermarsi vuol dire rimanere indietro”.
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Un dolore diffuso
Una ricerca condotta dall’Università Statale di Milano in collaborazione con il Centro funzionale di ateneo per l’orientamento allo studio e alle professioni (Cosp), rileva che su un campione di oltre 7mila studenti*esse “il 42 percento soffre di ansia da prestazione, il 12 percento presenta sintomi depressivi e il 62 percento è preoccupato da fattori economici”. Ilaria Cutica, una delle autrici dello studio e professoressa di Psicologia generale presso l’Università di Milano, spiega che “alcune delle problematiche dei*lle giovani sono connesse all’ingresso nell’età adulta”. Oltre a questo, è sempre più presente l’ansia legata alla performance. Lo sottolinea Gabriele Di Fazio, studente di Giurisprudenza, Presidente del Consiglio degli Studenti dell’Università di Trento e membro dell’associazione studentesca UNITiN. “Tra gli studenti la competitività è molto accesa, esasperata anche da una narrazione malsana fondata sul successo.” Di Fazio fa riferimento alla retorica che i media alimentano riportando notizie di giovani che si laureano in pochissimo tempo. “Queste storie promuovono l’idea che l’assoluta eccellenza sia lo standard a cui dobbiamo fare riferimento e così cresce la paura di fallire, negli studi e nella vita.”
Virna Garosi, psicoterapeuta del servizio di Consulenza psicologica della Libera Università di Bolzano-Bressanone, ateneo che conta circa 4.100 iscritti*e, conferma l’analisi dello studente di Trento: “I recenti casi di cronaca fanno emergere la fragilità di una generazione che si confronta costantemente con il tema del fallimento”. Il servizio di consulenza psicologica di unibz è uno dei 70 sportelli a disposizione di studenti e studentesse nei 66 atenei statali e in quattro istituti universitari privati in tutta Italia. Nel 2013, primo anno di attività del servizio, il numero delle richieste di colloquio era ridotto a 20. Oggi registra più di cento accessi per le sole consulenze in lingua italiana, prese in carico da Garosi. Insieme a lei collaborano altre tre psicologhe: due si occupano dei colloqui in tedesco e una di quelli in inglese. Le richieste vengono evase in un massimo di tre giorni e il primo colloquio viene fissato entro una settimana. Le sedute previste sono quattro: tre incontri di consulenza e un ultimo appuntamento di verifica e feedback. Quando si confrontano con un disagio psicologico profondo, le psicoterapeute procedono con un invio ai servizi specialistici del territorio. Questa procedura incontra però alcuni ostacoli, visto che “il Servizio psicologico non prende in carico i*le non residenti, che sono la maggior parte dei*lle nostri*e clienti, e in ogni caso i tempi di attesa sarebbero lunghissimi”.
Tra le problematiche maggiormente riscontrate dallo sportello di consulenza di unibz spicca l’ansia generalizzata legata al timore di deludere la famiglia, alla competizione e alla solitudine. Sensazione, quest’ultima, che secondo Garosi si è acuita molto con la pandemia. Dal 2020 a oggi, infatti, la psicoterapeuta ha osservato una maggiore chiusura da parte dei*lle ragazzi*e, sebbene, sottolinea, “proprio il confronto con gli altri permetterebbe di smontare la convinzione di essere l’unico*a ad affrontare un momento difficile”.
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“Lasciateci sbagliare”
La solitudine è uno stato emotivo che Consuelo Daud, studentessa dell’Università di Trento, ha conosciuto bene negli ultimi tre anni. Nata a La Sirena, in Cile, nel 2019 la giovane ha percorso all’inverso il tragitto compiuto da suo nonno, emigrato dal Trentino in Sudamerica dopo la Seconda guerra mondiale. Per tre anni Daud ha frequentato Ingegneria civile vivendo momenti di grande sconforto, soprattutto a causa delle pressioni esercitate dai professori. “Una volta, durante un esame, un docente mi ha detto con sprezzo davanti a tutti che non ero fatta per studiare Ingegneria”, ricorda. “È stato umiliante e mi sono sentita una fallita”. Anche a Trento studenti e studentesse possono contare sul servizio di sostegno psicologico offerto dall’ateneo. Le richieste di accesso allo sportello negli anni sono cresciute esponenzialmente: se nel 2017 erano 173, nel 2022 hanno toccato quota 386. Lo scorso anno, il 29 percento dei*lle giovani che si è rivolto al servizio dell'ateneo ha dichiarato di soffrire di ansia e attacchi di panico, mentre le difficoltà nello studio e nella carriera universitaria e problematiche di ansia sociale e isolamento hanno coinvolto rispettivamente il 25 e il 19 percento dei*lle richiedenti. Per molti*e gli esami appaiono ostacoli insormontabili, perché, sottolinea Daud, “viviamo in una sorta di 'ansia esistenziale'”. Anche lei in passato ha usufruito del servizio psicologico dell’ateneo, anche se dice che questo percorso l’ha aiutata solo in parte a causa del numero limitato di sedute e dei costi che il proseguimento del percorso psicologico comporta. “A Trento esiste la possibilità di essere presi*e in carico da professionisti*e con cui l’università ha stipulato una convenzione”, osserva la studentessa, “ma ciascuna seduta costa 50 euro, una spesa che pochi*e di noi possono permettersi”.
Dal 2022 Consuelo Daud è entrata a far parte del Consiglio degli studenti di Uni-Trento, dove è delegata per le questioni di Equità e Diversità, e quest’anno ha cambiato corso di studi. La giovane sostiene che queste due scelte “hanno contribuito a mettere ordine nella situazione nella mia testa”. Ora frequenta il primo anno di Economia e Management e riesce a gestire meglio l’ansia e la paura di sbagliare. Non le capita più di studiare per mesi e fare poi scena muta a un esame perché schiacciata dalla tensione. Cambiare corso di studi, però, non è stata una decisione che la 23enne cilena ha preso a cuor leggero.
Inizialmente temeva il giudizio dei*lle colleghi*e e dei suoi genitori, che invece l’hanno appoggiata e sostenuta. Oggi Consuelo Daud non si considera più una fallita. “Dopo tre anni complicati sono felice di essermi rimessa in gioco e alla società che ci vuole infallibili a vent’anni dico 'siamo giovani, lasciateci sbagliare'”.
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Un problema di tutti*e
Come a Bolzano e a Trento, in tutta Italia negli ultimi anni gli accessi ai servizi universitari di sostegno psicologico sono aumentati. Il quotidiano La Repubblica riporta, per esempio, che a Milano Bicocca le richieste di colloquio nel 2022 sono state 2.000 e a Palermo le consulenze individuali e online hanno toccato quota 2.450, 800 in più rispetto al 2019. “Questa crescita è sicuramente spia di un disagio generazionale, ma al tempo stesso indica che chiedere aiuto inizia a non essere più un tabù”, riflette Gabriele Di Fazio, Presidente del Consiglio degli Studenti dell’Università di Trento. Resta lo scoglio del numero di sedute limitate e dei successivi costi per una presa in carico presso i servizi territoriali, ma “va detto che, anche se con grave ritardo, il governo si è finalmente reso conto del problema e nell'ultima attribuzione dei fondi ordinari (FFO) ha previsto un finanziamento trasversale in cui gli atenei possono inserire parte dei costi del servizio di counselling”. Ad affermarlo è Angela Costabile, ordinaria dell’Università della Calabria e responsabile dei servizi universitari di sostegno psicologico degli atenei italiani, che sottolinea, inoltre, l’istituzione di un bando – l’Avviso n. 1159 del 25 luglio 2023 –, che finanzierà per un anno almeno 16 progetti destinati alla promozione del benessere psicofisico e al contrasto ai fenomeni di disagio psicologico ed emotivo della popolazione studentesca.
Nicola Pifferi coordinatore del servizio Student Support unibz ritiene “fondamentale investire sul supporto psicologico, ma è necessario potenziare anche l’attività di prevenzione, formazione e sensibilizzazione”. Di recente il personale accademico e amministrativo dell’ateneo altoatesino ha frequentato in Svizzera il corso “Mental Health First Aid”, che fornisce alcuni strumenti per riconoscere i primi segni di disagio emotivo. “Da questo corso, che non è ancora disponibile in Italia, stiamo cercando di mutuare una nostra versione da proporre a studenti e studentesse di unibz”, spiega Pifferi.Secondo Gabriele Di Fazio il benessere di studenti e studentesse passa anche per i momenti di aggregazione. Quando ha iniziato l’università, nel 2019, si sentiva smarrito perché aveva la sensazione di dover sempre dimostrare qualcosa. Entrare nell’associazione UNITiN lo ha aiutato e per questo è certo che “la costruzione di una rete sociale contribuisce a una migliore qualità della vita”. Le attività di UNITiN sono molteplici: ogni anno l’associazione organizza il “Salvamatricole” – due settimane di orientamento per nuovi*e iscritti*e –, “uman”, festival dedicato alle discipline umanistiche, ma anche semplici aperitivi dove conoscere persone nuove.
Di Fazio è convinto che “cura, prevenzione e informazione sono aspetti fondamentali, ma è altresì vero che il disagio di studenti e studentesse riguarda tutti*e”. Per questo ritiene che la società nel suo complesso dovrebbe ragionare su una pianificazione urbana che favorisca la socialità, adeguati spazi in cui i*le giovani abbiano modo di esprimere sé stessi*e, un sistema sanitario accessibile e un mondo del lavoro che non incentivi la competitività sfrenata. Fino a quando questo non avverrà a studenti e studentesse non resta che continuare a rivendicare i propri diritti, perché, come ha affermato lo scorso febbraio Emma Ruzzon a conclusione del suo discorso, “forse la sfida più grande consiste nel non adeguarci al poco che ci viene concesso, pretendendo sempre di più”.
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