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La “blackface” degli Sternsinger

In Spagna, Austria e Germania la pratica di truccare di nero il volto dei Re Magi è oggetto di critiche perché ritenuta razzista. E in Sudtirolo?
Sternsinger
Foto: KJS

Anche quest’anno ci sono state polemiche in Spagna per la tradizionale “Cabalgada de Reyes Magos” del 5 gennaio, che celebra la vigilia dell’Epifania con rievocazioni in costume della visita dei tre Re Magi a Gesù bambino, cui portano oro, incenso e mirra. La figura di Baldassarre, rappresentata dal folklore popolare come un re d’Arabia, viene spesso interpretata da persone che si tingono la faccia di nero per sembrare di origine africana. È la cosiddetta “blackface”: “un gesto ritenuto razzista”, ricorda un articolo del Post sul caso spagnolo, “per i legami con lo schiavismo e il colonialismo”. Già nel 18° e 19° secolo, attori bianchi si dipingevano il viso di nero con l’intento di prendere in giro le persone nere e degradarle a schiavi, considerati sempre allegri ma stupidi.

 

 

Ad Alcoy, sempre in Spagna, oltre a Baldassarre ci sono altre persone con il volto colorato di nero, labbra rese grandi e rosse dal trucco e vestite da schiavi coloniali. Le associazioni antirazziste spagnole, spiega ancora il Post, hanno denunciato la natura “disumanizzante” di queste pratiche. Il collettivo di persone afrodiscendenti Afroféminas, ad esempio, fa notare come “se ti tingi la faccia di un colore che non è quello della tua pelle, è una cosa razzista” e ha organizzato una manifestazione di protesta vicino Alcoy. Baldassarre ha il blackface anche nella sfilata di Igualada, in Catalogna, e perciò il canale catalano TV3 si è rifiutato negli ultimi anni di trasmettere l’evento in diretta televisiva.

Nel 2021, la questione esplose anche in Austria. In una lettera aperta inviata alla Katholische Jungschar austriaca e al presidente della Repubblica Alexander Van Der Bellen, i promotori della “Iniziativa Black Voices" avevano chiesto di porre fine al blackfacing degli Sternsinger, i “cantori della stella” tipici del mondo di lingua tedesca - Sudtirolo compreso - che raccolgono di casa in casa donazioni per progetti di beneficenza. La tradizione di annerire i volti dei bambini bianchi dovrebbe essere evitata, sottolineava la lettera, in quanto “non è un atto di apprezzamento, ma una svalutazione delle persone di colore”.

 

La Jungschar: “Ci stiamo riflettendo”

 

La Jungschar si era difesa sostenendo che non ci fosse “alcuna intenzione razzista” , che i bambini “si impegnano ad aiutare altri bambini nel Sud del mondo” e questo non avrebbe nulla a che vedere con il razzismo. In ogni caso è stato avviato assieme alle parrocchie austriache un processo di revisione della pratica. Il Bund der Deutschen Katholischen Jugend (BDKJ), ente responsabile della campagna degli Sternsinger in Germania, raccomanda da anni di evitare il trucco nero. Nel 2020, il BDKJ ha dato seguito alla propria raccomandazione con un appello ancor più netto: "I cantori rappresentano la diversità senza che i bambini si trucchino di nero”. Un appello analogo è stato diffuso dalla Chiesa svizzera.

 

 

E in Sudtirolo? In un documento del 2019, lasciando libertà di coscienza ai singoli gruppi, la Jungschar altoatesina difendeva la pratica: “Insieme agli altri due, il bambino truccato simboleggia l'unità e la completezza dell'umanità e rappresenta una parte della società. Il messaggio è: tutte le persone, a prescindere dal colore della pelle, possiedono gli stessi diritti e dignità”. Frase poi cancellata nelle linee guida dell’anno successivo, dopo l’uccisione di George Floyd. Nel documento del 2020, dal titolo “Sternsinger und das Schminken”, la Katholische Jungschar sostiene la necessità di confrontarsi meglio con questa tradizione e invita a una maggiore sensibilità affinché essa non risulti in alcun modo discriminatoria. Non c’è però un invito esplicito a rinunciare al blackface.