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Le rivoluzioni in corso nella sanità trentina

Punti nascita e ospedali periferici sono questioni in comune con l'Alto Adige. A sud di Salorno cosa cambierà nella gestione delle emergenze e nel pagamento dei servizi?

Donata Borgonovo Re, assessora alla salute e alle politiche sociali della Provincia di Trento e Ugo Rossi, presidente hanno alcuni punti in comune. Entrambi sono nati a Milano (Rossi in città, Donata Borgonovo Re a Inzago), entrambi hanno studiato giurisprudenza (Borgonovo Re ha poi proseguito nella carriera accademica da ricercatrice), entrambi si sono occupati di salute e sociale (Rossi dal 2008 al 2013, la Borgonovo Re dal 2013 a oggi).
In un certo senso quindi Borgonovo Re si è trovata a dover portare avanti quanto costruito da Rossi nella legislatura precedente. Suffragata dall'ampio consenso popolare (10543 preferenze, seconda più votata assoluta e nel Pd per preferenze dopo Alessandro Olivi, vicepresidente e assessore al lavoro ed economia) è stata investita di responsabilità notevole, quella del primo capitolo di spesa del bilancio provinciale, salute e politiche sociali. Per l'ex difensora civica (2004-2009) significa soprattutto oneri più che onori.

La “mafia” in Trentino
Una donna che non sta volentieri al centro della comunicazione mediatica, ma che quando parla è chiara, schietta, porta con sé effetti deflagranti. Nell'estate 2006, quando rivestiva la carica di difensore civico, uscì sui media criticando aspramente l'atteggiamento degli amministratori pubblici nei comuni trentini, rei di considerare come cosa propria la cosa pubblica. E quel termine “mafia” che la lanciò a diventare un'icona per quei trentini che avevano voglia di cambiare.

La dura realtà dell'amministrare
In un primo tempo, nel 2009, sembrava che la Borgonovo Re potesse correre alla carica di sindaco di Trento, ma si ritirò dalla corsa. Nell'autunno 2013 il salto nell'emiciclo provinciale. E, da subito, una necessità di mettere mano incisivamente a tutto il sistema della salute in Trentino.
Tra le questioni macro la riorganizzazione complessiva degli ospedali, con la costruzione del Not, il nuovo ospedale trentino, su un sedime che ospitava caserme militari a sud del capoluogo. Not pensato come centro di un sistema a ruota, il cosiddetto “hub and spoke”, mozzo e raggi.
Trento al centro del sistema ospedaliero provinciale, con i raggi che portano, in senso antiorario, a Rovereto, Arco, Tione, Cles, Cavalese, Borgo.
Not che non è ancora scontato, dal momento che ci sono dei ricorsi sull'appalto. Sono da considerare anche i chiari di luna finanziari ed i precedenti. Altre grandi opere del periodo dellaiano (Metroland, inceneritore a Ischia Podetti, caserme militari a Mattarello) sono infatti rimaste soltanto sulla carta nonostante per molto tempo siano state considerate praticamente già fatte.
Borgonovo Re si è trovata anche dalle decisioni precedenti nella zona del Not un centro di protonterapia già costruito, in via al Desert. Un'eccellenza internazionale sulla quale però ci sono degli interrogativi: rimarrà – nomen omen – un deserto? La sanità trentina riuscirà ad accollarsene le spese?

Punti nascita, ospedali periferici, gestione delle emergenze
Dolorose questioni nel macro, ma anche nel micro da affrontare. Dalla chiusura del centro diurno di Cinte Tesino ed il suo accorpamento con quello di Strigno in Bassa Valsugana, fino alla decisione di non finanziare più centri diurni.
Dopo aver già accentrato a Trento gli esami di laboratorio, la volontà è quella di portare anche solo a Trento e Rovereto i reparti maternità e concentrare sempre sull'asta dell'Adige anche le emergenze più acute. Il tetto delle 500 nascite annue porterebbe quindi ad una progressiva chiusura dei reparti maternità nelle valli, nonostante le varie raccolte firme, anche in Trentino. Sulla materia è inflessibile pure la ministra nazionale Beatrice Lorenzin, che sul tema è decisamente ricettiva visti anche i bimbi che sta portando in grembo.

Depotenziamento ospedali periferici e nuova organizzazione pronti soccorsi
Sta creando grossi grattacapi anche la riorganizzazione delle emergenze, che punta a concentrare i pazienti acuti a Trento e Rovereto e a portare negli altri 5 nosocomi quelli meno gravi.
Aspetti che per molti sembrano fare a botte con la logica, citando alcuni aspetti. Se Trentino emergenza interviene in Pinè, altopiano dell'Alta Valsugana, porta il paziente al Pronto soccorso di Borgo Valsugana. Se necessita di maggiori cure, viene trasportato a Rovereto. Un tour sull'ambulanza che può arrivare quasi a 100 km.
Sul sito https://servizi.apss.tn.it/statops si può vedere in tempo reale l'affollamento dei pronti soccorsi trentini, per codici bianchi-verdi-gialli-rossi.
Da parte degli amministratori locali però, oltre all'aspetto dei punti nascita, si sta lottando per il mantenimento della funzionalità degli ospedali periferici, i raggi della “ruota” della sanità trentina.
Fabio Dalledonne, sindaco di Borgo, uno degli amministratori locali di orientamento politico di minoranza (sta con Civica Trentina) che più si fa sentire, ad esempio si vuole battere per difendere 14mila firme raccolte e mantenere a piene funzionalità l'Ospedale San Lorenzo di Borgo, che rientra nei parametri Arge Alp siglati nel 2006 come ospedale periferico distante almeno 38km da un'altra struttura. Dalledonne non si batte sul punto nascita, già chiuso a Borgo da tempo, ma vuole che si mantenga la chirurgia h24 e che la Provincia investa a Borgo sull'ospedale i 18milioni di euro promessi.
«Il San Lorenzo – spiega Dalledonne – ha 83 posti letto e va curato come i gioielli di famiglia. Qui si danno servizi per 27mila persone e si può evitare di dare 6milioni all'anno al Veneto per i trentini che vanno a curarsi a Feltre». Seguendo i principi europei che un po' alla volta sanciranno oltre alla libera circolazione di merci, capitali, persone, anche quella dei pazienti, sarà sempre più importante “attrarre” persone che vengano a curarsi più che mandarne in altri centri ospedalieri.

Il disegno di legge 56 sull'integrazione tra settore sanitario e sociale
Negli ultimi mesi c'è stata una consultazione pubblica sul piano provinciale della salute ed il primo dicembre 2014 è stato presentato un ddl di modifica delle leggi provinciali sulla sanità (2010) e sul sociale (2007). Il 17 marzo la quarta commissione consigliare, che si occupa di sanità, esaminerà inoltre la possibilità di introdurre il parametro che misura la condizione economica e patrimoniale di famiglia Icef anche a servizi socio-assistenziali come la retta per le case di riposo.
Il ddl è stato approvato in commissione e arriverà presto in aula. Ha avuto una pioggia di critiche da più parti. Secondo Annamaria Marchionne, presidente della Consulta provinciale per la salute il disegno di legge centralizza le scelte nelle mani della Giunta. Patrizia Ballardini, vicepresidente del Consiglio delle Autonomie e presidente della Comunità delle Giudicarie, ha affermato che le amministrazioni non sono state coinvolte nel Piano della salute ed hanno dovuto prendere atto delle scelte sugli ospedali periferici.