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“Stop alla toponomastica fascista”

A distanza di 100 anni, il consiglio provinciale discuterà la mozione della Süd-Tiroler Freiheit per l’abolizione dei tre decreti che hanno italianizzato il Sudtirolo.
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Foto: Salto.bz

100 anni fa, esattamente il 12 marzo 1923, il Gran consiglio del fascismo approvò i “Provvedimenti per l’Alto Adige, intesi ad un'azione ordinata, pronta ed efficace di assimilazione italiana”. Nello stesso anno e, successivamente, nel 1940 e 1942, furono individuati attraverso tre decreti ben 10.000 toponimi e microtoponimi ufficiali da introdurre in Alto Adige-Südtirol.

Ognuno di essi, basati sui prontuari di Ettore Tolomei, stabilivano una nuova toponomastica ufficiale in lingua italiana, volta a sostituire quella tedesca e ladina.

È giunto il momento di mettere la parola “fine” a un capitolo di ingiustizia nella storia della provincia di Bolzano che dura da 100 anni

In occasione del centenario, per i consiglieri provinciali della Süd-Tiroler Freiheit è arrivato il momento di metterli in discussione: “Sarebbe più che mai necessario, dal punto di vista di una politica democratica, procedere all’abrogazione di tutti e tre i decreti fascisti in materia di toponomastica – scrivono i consiglieri Sven Knoll e Myriam Atz Tammerle nella mozione che verrà discussa in aula il prossimo martedì 11 aprile –. Dei decreti ostili alle minoranze, risalenti all’epoca fascista, che negano a un gruppo linguistico il diritto di esistere e mirano ad assimilarlo, non possono essere la base per la risoluzione della questione della toponomastica in provincia di Bolzano. È giunto il momento di mettere la parola “fine” a un capitolo di ingiustizia nella storia della provincia di Bolzano che dura da 100 anni e di creare le basi per un’autentica toponomastica plurilingue, affinché i gruppi linguistici possano incontrarsi su un piano di parità e riappacificarsi”. 

 

Per la destra tedesca è importante fare una distinzione all’interno della galassia dei toponimi italiani. Alcuni di essi, sottolineano i due consiglieri, hanno effettivamente un fondamento storico e sono stati tramandati dai tempi antichi, per un totale di circa 200: alcuni meramente informali (come Milbacco, Óltemo, Stérzen), altri limitati al solo uso orale (come Appiano, Brunìco, Laives) altri presenti in documenti ufficiali (come Bolzano, Bressanone, Merano).

La toponomastica nel territorio dell’odierna provincia di Bolzano è rimasta invariata dai tempi del fascismo

“D’altra parte - sostengono Knoll e Tammerle –, nei decreti, con il termine “nomi italiani” si intendevano anche quei toponimi che non hanno alcun fondamento storico e che di fatto sono stati costruiti ad arte per millantare un’italianità che in realtà non è mai esistita. L’ideologia fascista non distingueva quindi tra italianità reale e italianità solo apparente. L’obiettivo era quello di dichiarare ufficiali i toponimi e microtoponimi italiani, o più precisamente, esclusivamente i toponimi e microtoponimi dichiarati “italiani”, dando così attuazione ai già citati “Provvedimenti per l’Alto Adige, intesi ad un'azione ordinata, pronta ed efficace di assimilazione italiana”. In questo modo, vennero automaticamente e ufficialmente cancellati i toponimi e microtoponimi tedeschi e ladini. Dal punto di vista giuridico – fanno notare i consiglieri – la toponomastica nel territorio dell’odierna provincia di Bolzano è rimasta invariata dai tempi del fascismo, in barba al Trattato di Parigi e allo Statuto di autonomia: sono ufficialmente validi soltanto i toponimi e microtoponimi cosiddetti italiani; vale a dire che i tre decreti fascisti costituiscono tuttora l’unica base giuridica in materia di toponomastica in provincia di Bolzano”. 

 Con la richiesta di abrogazione, lo scopo dei consiglieri è quello di spingere il Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano a considerare i tre decreti di epoca fascista “un’ingiustizia che perdura nel tempo e che in nessun modo si può relativizzare” assumendo che l’unico obiettivo della toponomastica sarebbe stato “lo sradicamento linguistico di un gruppo etnico” e pertanto tuttora non incompatibili “con i valori fondamentali della democrazia e dello Stato di diritto” nonché dannosi “alla pacifica convivenza dei gruppi linguistici in provincia di Bolzano”.