Artioli? No, grazie
Due giorni fa Uwe Staffler (Pd) aveva postato sulla sua pagina facebook il link di un articolo con la chiara intenzione di provocare: Quando D'Alema flirtava con Bossi definendo la Lega Nord come una costola della sinistra. Il riferimento al piccolo terremoto scatenato nel Pd locale dalla notizia di una possibile affiliazione al partito guidato da Renzi della consigliera provinciale Elena Artioli (Team-Autonomie, ma eletta in Consiglio con Forza Italia anche e soprattutto grazie alla sua militanza leghista) non era casuale: se è D'Alema stesso, in passato, ad aver parlato di una convergenza tra i due soggetti politici, com'è possibile pretendere che alla Artioli (peraltro imparentata con lo stesso Staffler, essendo moglie di suo fratello) venga sbattuta la porta in faccia?
La risposta arriva da Antonio Frena, l'ex segretario presente ieri all'infuocata riunione dell'assemblea provinciale, vale a dire il massimo organo elettivo del partito: “Se avessimo dato l'assenso a questa operazione avremmo raggiunto un livello di spregiudicatezza morale degno di altre cause e di altri partiti. Nel nostro elettorato, una volta diffusa la notizia, è emerso disorientamento e molta amarezza, che io personalmente condivido. Ma per spiegare cosa realmente è accaduto mi pare non ci si debba limitare a notificare lo scontato rifiuto rivolto a Elena Artioli. E' chiaro che questo non è il vero problema, semmai la spia di un malessere molto più ampio e profondo”.
Prima di scoprire a cosa allude Frena, è bene comunque comunicare la notizia con la secchezza che la contraddistingue. Il testo preparato per la stampa non usa mezzi toni: “Elena Artioli non è una iscritta al Partito democratico, non ha presentato alcuna richiesta in tal senso e il Pd non ha alcuna intenzione di accettarla. La nomina della consigliera provinciale del gruppo Team-Autonomie a coordinatrice LiberalPd è stato deciso in autonomia dai dirigenti nazionali dell'associazione, secondo quanto previsto dallo Statuto della stessa”. Tenuto conto di questa precisazione, l'assemblea “stigmatizza e prende le distanze dal comportamento della Artioli, che, con spregiudicatezza, ha utilizzato e utilizza il nome del segretario nazionale e premier, Matteo Renzi, senza che lo stesso ne sia a conoscenza, ingenerando una voluta confusione di ruoli”. Quindi la conclusione: la storia politica della Artioli è lontanissima da quella del Partito democratico, un soggetto politico che – pur dichiarandosi “inclusivo e aperto” - rifiuta “scorciatoie o operazioni di mero marketing” in contrasto con i suoi principi e i suoi valori.
Parlavamo però di un malessere che va oltre la stretta vicenda Artioli. Secondo Frena il caso è stato infatti montato ad arte da chi non ha ancora digerito l'esito dell'elezione che ha portato al vertice della segreteria Liliana Di Fede, sperando dunque di seminare zizzania e riaprire con ogni metodo, anche sporco, la questione della dirigenza locale. “Non è un caso – commenta Frena – che a un certo punto Vanda Carbone abbia parlato di un tentativo di far commissariare il partito, mettendo in evidente imbarazzo qualcuno dei presenti, ma suscitando anche un forte consenso in chi ha invece a cuore la democrazia interna”.
Sia come sia, il “pericolo Artioli” è stato adesso sventato? “Forse sì – conclude Frena – ma di certo non è il caso di abbassare la guardia: il talento di farci male da soli è purtroppo una nostra prerogativa”.