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Cervello: qualche mito da sfatare

La percentuale di utilizzo delle capacità cerebrali, la differenza fra i due emisferi e l’importanza dei neuroni specchio. Quando la cultura pop scavalca la scienza.

Usiamo davvero solo il 10% del nostro cervello? Accade spesso che risultati sperimentali siano oggetto di interpretazioni speculative e si trasformino progressivamente in credenze popolari. Questo è uno di quei casi. Il mito, infatti, ha radici lontane, nel XIX secolo per la precisione; un neurofisiologo francese, Pierre Flourens, condusse una serie di esperimenti innovativi rimuovendo da animali come piccioni, polli e rane abbondanti porzioni di tessuto cerebrale e scoprendo che effettivamente le loro facoltà cognitive restavano intatte. Tuttavia, l'idea secondo cui il potenziale del nostro cervello sarebbe largamente non sfruttato è oggi rifiutata dalla comunità scientifica, del resto i metodi di Flourens si rivelarono col tempo grezzi e non applicabili alle funzioni mentali umane.

Un'altra confutabile convinzione è quella che interessa i due emisferi del cervello e la loro interazione. La parte sinistra è apparentemente la sede della logica, quella destra della creatività e della passione ma la distinzione non è così netta: pur essendoci innegabili asimmetrie fra i due lati l’area cerebrale funziona in modo sostanzialmente compatto, con la partecipazione di entrambi gli emisferi alla maggior parte delle attività, specie quelle che riguardano, per l'appunto, i processi logici e creativi.

Recentemente si sta diffondendo ancora un’altra curiosa suggestione, quella per cui i neuroni specchio permetterebbero di spiegare fisiologicamente (e indiscutibilmente) la capacità di comprendere le intenzioni e le emozioni degli altri, generando empatia. Nel 1992 un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma scoprì una classe di neuroni nella corteccia cerebrale premotoria di un macaco che entrava in azione sia quando l’animale afferrava un pezzo di cibo, sia quando vedeva un altro individuo (uomo o scimmia) compiere lo stesso atto motorio. Sebbene plausibilmente gli esseri umani abbiano in dotazione questo sistema di neuroni, non è però possibile ripetere sugli uomini gli stessi esperimenti invasivi svolti sulle scimmie, ed è quindi difficile stabilire con precisione la loro influenza sul comportamento, senza contare che l’attivazione di queste cellule potrebbe essere la conseguenza e non la causa della decodificazione delle azioni altrui.