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Schiavo, a Bolzano

Sfruttato e mai pagato. Il macellaio di piazza Vittoria vince la causa contro il datore di lavoro che però se l’è data a gambe. L’avv. Crisafulli: “Episodi frequenti”.
Nadir
Foto: Privat

Ottantadue ore di lavoro a settimana, 7 giorni su 7, per un salario inesistente. Succede nell’opulenta provincia di Bolzano, nel capoluogo, a due passi dal salotto buono della città, nell’ex macelleria Atlas food in piazza Vittoria. Protagonista, suo malgrado, un cittadino marocchino di 37 anni, Nadir (nome di fantasia), sfruttato per 3 mesi da un suo connazionale che gli ha dato in mano la gestione del negozio - e nel cui sgabuzzino la notte andava a dormire -, finché un giorno non ha deciso di ribellarsi, uscendo dalla palude dell’invisibilità.

 

 

Oppressi e oppressori 

 

Prima di approdare a Bolzano Nadir viveva a Firenze, dove conosce Sami (anche questo un nome di fantasia), di professione commerciante che rileva a Bolzano la macelleria islamica chiusa nel 2017 dopo che si scoprì essere base operativa di un vasto traffico di droga. Sami non può però occuparsi dell’attività avendo i suoi affari in Toscana, e il 12 agosto dello stesso anno affida a Nadir, che l’italiano lo mastica poco, il negozio. Resta con lui i primi due, tre giorni e poi lo lascia da solo a gestire la bottega. Come unico addetto della macelleria, Nadir serve i clienti, tiene i rapporti con i fornitori, batte gli scontrini, provvede agli incassi.

L’orario di apertura al pubblico va dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 22.30, il sabato dalle 8 alle 21 e la domenica dalle 10.30 alle 19.30. Tradotto: Nadir lavora mediamente 82 ore a settimana, per 42 ore di straordinario settimanali, totalmente in nero. Finita la giornata di lavoro Nadir scende con un montacarichi fino a uno sgabuzzino, dove trascorre le sue notti alla meglio, sopra un materasso direttamente appoggiato a terra, accanto a un frigorifero. La mattina ricomincia il consueto, identico tran-tran, come un Bill Murray nella versione drammatica di Ricomincio da capo. A Bolzano Nadir non conosce nessuno, né ha l’occasione per farlo, visti i ritmi con cui lavora.
Sami, il proprietario dell’attività, si fa vedere il tempo necessario per ritirare l’incasso. Nadir intanto non vede un soldo. 

 

 

La speranza si accende quando, il 20 ottobre 2017, la guardia di finanza effettua un controllo sugli scontrini, Nadir non rivela ancora nulla sulle sue condizioni di lavoro, ma ora c’è un verbale, la prova tangibile che egli lavora nella macelleria. Il 25 ottobre si decide a denunciare all’Inps di Bolzano che non ha il contratto. Il 7 novembre arrivano gli ispettori del lavoro. Quattro giorni dopo Nadir sporge denuncia anche alla guardia di finanza e a quel punto viene messo in regola dal datore di lavoro con effetto retroattivo (dal 1° ottobre 2017). Le cose però non cambiano dal punto di vista della retribuzione, dello stipendio mensile ancora nemmeno l’ombra. 

La situazione precipita il 18 novembre, Sami, che si trova a Bolzano, ha uno scontro verbale con Nadir che pretende di essere pagato e si rifiuta di consegnargli le chiavi del negozio. Il datore di lavoro lo accusa di intascarsi i soldi dell’incasso e gli intima di andarsene una volta per tutte. Interviene una squadra volante della questura, poi raggiunta anche da una pattuglia della guardia di finanza, Nadir restituisce le chiavi e finisce a dormire per strada. Non demorde, tuttavia, e decide di fare causa al suo datore di lavoro.

 

Bagliore nel buio

 

Ad assistere il giovane marocchino, che intanto è tornato in Toscana, sono gli avvocati Gianni Lanzinger, Luca Crisafulli e Carlo Lanzinger che vincono la causa, grazie anche alle testimonianze di diversi avventori della macelleria. Al processo, che dura più di un anno, dal maggio 2018 al luglio del 2019, Nadir vuole esserci, e si presenta a quasi tutte e 8 le udienze, che iniziano alle 9 del mattino. Da Firenze qualche volta riesce a prendere un treno notturno per presentarsi il giorno dopo in tribunale, in un paio di occasioni giunge la sera prima a Bolzano e dorme in stazione. Una volta, al termine di una di queste udienze si sente male, sviene, e finisce in ospedale. 

 

 

Il 25 luglio scorso arriva la sentenza di primo grado (ancora appellabile) del giudice del lavoro del Tribunale di Bolzano Francesca Muscetta. Il magistrato accerta che Nadir ha iniziato a lavorare nella macelleria il 26 agosto, la data a partire dalla quale risulta la sua firma sul registro delle celle frigorifere in cui viene conservata la carne, un documento obbligatorio per i rilievi della temperatura. Il giudice certifica inoltre che Nadir prestava servizio quotidianamente, dal lunedì alla domenica, che ha svolto lavoro straordinario per 42 ore alla settimana e che in 3 mesi ha maturato crediti retributivi per un importo di 13.480,91 euro. In più ha accertato che il 18 novembre tale rapporto di lavoro si è concluso per licenziamento verbale, e dunque, stando all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, Nadir ha diritto alla reintegra nel posto di lavoro, a tutte le mensilità non pagate fino a oggi, contributi compresi, e a sostituire la reintegra con l’indennità sostitutiva, pari a 15 mensilità. In tutto fanno 88.575 euro.

 

Un amaro lieto fine 

 

Sami nel frattempo si è volatilizzato. Ha chiuso la macelleria, fatto piazza pulita del negozio nottetempo e ha lasciato Bolzano. “Sappiamo che è tornato in Toscana ma non siamo ancora riusciti a rintracciarlo - riferisce a salto.bz l’avvocato Crisafulli -. Nadir è un nuovo schiavo, non appena ha segnalato le sue terribili condizioni di lavoro è stato mandato via a calci. E questa è solo una storia, un caso, ma ce ne sono tanti altri che non emergono perché le persone vessate restano mesi e anni senza denunciare, diventando meteore della nostra città”. 

 

 

L’obiettivo è ora quello di trovare Sami, a carico del qualche ci sono anche le spese legali, pari a 8.815 euro, e tentare di ottenere il denaro. “Ma è una partita già persa, sappiamo già che quei soldi non li vedremo mai e nemmeno Nadir”, dice l’avvocato indicando una pila di fascicoli stipati in un ampio armadio dello studio legale, “quelle sono tutte cause relative a situazioni di sfruttamento del lavoro in Alto Adige. Sentenze di questo tipo, a favore dei ricorrenti, ce le possiamo perlopiù appendere al muro, perché i soldi si recuperano raramente”.

E la presa di coscienza, infarcita di amarezza, sul caso di piazza Vittoria è solo l’ultima in ordine di tempo. “Ci abbiamo perso tutti, lo Stato, attraverso il magistrato che ha lavorato di fatto per nulla, così come gli avvocati, e Nadir che si è fatto sfruttare per 82 ore alla settimana senza mai un giorno libero - nota Crisafulli -. Ma ha perso anche la città che ha visto un attività aprirsi e chiudersi nel giro di pochi mesi. E non c’è nell’ordinamento un sistema per impedire che tutto questo avvenga”.