Senza Resistenza nessuna Autonomia
La giornata dell’autonomia è stata saluta sabato scorso 5 settembre da una giornata uggiosa che a Bolzano, complice anche l’Altstadtfest, ha tenuto lontane le ‘masse’ da piazza Magnago dove la Provincia aveva allestito stands informativi ed aperto per un giorno palazzo Widmann alle visite per i cittadini.
Sempre sabato però un convegno svoltosi a Castel Tirolo è stato in grado di dare un accento particolare, e in parte inedito, alla giornata dell’Autonomia. La conquista più cara e cruciale ottenuta dalla politica altoatesina è stata infatti affiancata alla Resistenza, attraverso le relazioni dei tre storici Carlo Romeo, Elfriede Perathoner e Stefan Lechner. Davanti a un parterre costituito da giunta provinciale, parlamentari altoatesini, autorità civili e religiose, nonché ex protagonisti del governo nord e sud tirolese come Luis Durnwalder e Wendelin Weingartner, è stato affermato che la Resistenza ha svolto il compito fondamentale. E cioè quello di “difendere determinati valori attraverso un impegno che deve rappresentare la base morale della società”, così come ha sottolineato il Landeshauptmann Arno Kompatscher ricordando i testimoni dell’epoca tuttora viventi come Franz Breitenberger, Erich Pichler e Renato Ballardini, oltre agli scomparsi osef Mayr-Nusser, Josef Ferrari, il canonico Michael Gamper, Friedl Volgger, Josef Noldin, Franz Thaler e Sandro Bonvicini.
“Si tratta persone che non hanno voluto piegarsi alla demagogia, propaganda e populismo, alla scorciatoia delle soluzioni ritenute semplici, ed hanno invece fonti o con il loro atteggiamento coerente e le loro azioni, anche se non coronate subito da successo, un grande servizio e un esempio per l’Alto Adige”.
Kompatscher ha aggiunto che “il concetto di libertà è sempre collegato alla responsabilità -e anche l'autonomia significa responsabilità di autogoverno e impegno alla solidarietà attraverso la competenza legislativa”.
Agli storici è quindi toccato il compito di illustrare le linee guida in cui si sviluppò la Resistenza in Alto Adige, animata da un gruppo relativamente piccolo di persone.
Nel suo intervento Carlo Romeo ha ricordato in particolare un episodio storico che può sembrare un dettaglio nell'ambito della storia militare e istituzionale ma che ha uno straordinario valore politico e morale: si riferisce ai contatti tra il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) di Bolzano fondato (nel 1944) e presieduto da Manlio Longon e Erich Amonn, che sarebbe stato tra i fondatori e primo presidente della SVP. In tre colloqui, prima dell'arresto di Longon e del CLN bolzanino, si gettarono le basi per una collaborazione anti-nazifascista e ci si trovò d'accordo su tutte le questioni locali senza toccare ovviamente quella dei confini. "Revisione delle Opzioni, ristabilimento della lingua tedesca, autonomia: queste le posizioni del piccolo e sfortunato CLN di Bolzano, che coincidono in nuce con lo spirito dell'accordo De Gasperi-Gruber, la Magna Charta dell'autonomia in cui viviamo", ha detto Romeo.
Stefan Lechner ha tra l'altro evidenziato la resistenza di Dableiber (che nel 1939 non optarono per la Germania) per salvaguardare il gruppo etnico sudtirolese e la Heimat. Proprio il significato attribuito dagli Alleati nel 1945 al movimento di resistenza antinazista nella provincia di Bolzano favorì il via libera delle potenze vincitrici alla fondazione della SVP nel maggio 1945. Accanto all'Austria, ha concluso Lechner, la concessione dell'autonomia è sicuramente merito anche dei Dableiber e degli avversari del nazifascismo, gli unici politicamente presentabili e con capacità di azione dopo il 1945.
Sulla resistenza nelle valli ladine si è soffermata Elfriede Perathoner. I ladini non erano riconosciuti quale gruppo linguistico e la resistenza non si svolse in maniera uniforme e organizzata. Dopo la guerra, pertanto, ai ladini non fu data la possibilità di chiedere la riunificazione all'Austria e gli sforzi per ottenere un'autonomia furono considerati nuovo pangermanesimo e agitazione anti italiana. Si giunse al contrario ad accogliere la richiesta del CLN di Cortina per attribuire a Belluno l'Ampezzano con i territori di Livinallongo, Fodom e quindi a suddividere i ladini in tre province. Una ripartizione, ha concluso Perathoner, che minacciò di distruggere l'identità ladina e che negli anni ha influenzato in maniera differente lo sviluppo politico della diverse vallate ladine.