No, davvero, in genere l'invidia non è un sentimento che mi affligge. C'è però una rubrichetta del giornale Il Foglio – la seguo saltuariamente da anni - che mi spinge dalle parti di quelle anime addossate alla roccia, rivestite di panno grezzo, appoggiate l'una alla spalla dell'altra, e tutte con le palpebre degli occhi cucite da un fil di ferro (niente paura: è solo la pena che Dante fa scontare agli invidiosi, nel tredicesimo canto del Purgatorio). La rubrica si chiama “Alta società”, la tiene Carlo Rossella, e tratta di gossip elegante, moda, nobiltà e stile di vita di ricchi e potenti. “Tutti i giorni – questo il programma – poche ma necessarie righe per sapere come gira il mondo che conta”. Ve ne cito tre esempi, tanto per farvene comprendere la bellezza. Sentite qua. “Hong Kong, Kowloon. Favolosa, antica e british colonial, la sala da tè del Peninsula. È l’hotel vittoriano che in questi giorni compie 150 anni. Nel salone dai soffitti dorati le signore sorseggiano il tè e mangiano dolcetti al pistacchio. I cagnolini, sulle Rolls Royce verde oliva dell’abergo, fanno compagnia agli autisti. L’umidità è meno alta del solito”. Oppure: “I raffinati clienti italiani, nella farmacia del dottor Harris a Piccadilly, non cercano medicinali. Bensì la stupenda acqua di colonia dalla irresistibile e sexy fragranza agrumata. La usano anche alcuni monsignori anglofili romani. E ne si avverte il profumo quando danno una stretta di mano”. E infine: “Quanto eri bella Roma. Francesco Rutelli e Walter Veltroni: due sindaci davvero indimenticabili. Si stava meglio quando si stava meglio”. La mia occupazione ideale, l'accennavo già qualche tempo fa, sarebbe in effetti questa. Fare l'invitato a feste mondane, riservandomi magari l'estremo lusso di abbandonarle dopo pochi minuti (credo sia inarrivabile per me il privilegio di “farle fallire”), sempre attendendo all'ufficio di annotare in modo scarno chi c'era, chi non c'era, come vestiva, cosa faceva, cosa diceva. Il tre ottobre scorso, per dire, mi sarebbe tanto piaciuto essere a Roma, nel grande giardino di Villa Almone, dove l'ambasciatore di Germania Viktor Elbling, affiancato dalla bellissima consorte Nuria Sanz, storica e archeologa con incarichi di primo piano all’Unesco, ha invitato il bel mondo in occasione della celebrazione del “Giorno dell’Unità Tedesca”. 1500 persone, tutte illustrissime (o come direbbe Pinocchio: illustratissime), a far tintinnare cristalli, a scambiarsi sorrisi, a chiacchierare brillantemente del nulla, mentre l'orchestrina declinava in stile jazz gli inni delle due nazioni sorelle e quello dell'Europa. Cosa avrei scritto, fossi stato lì? Magari questa pennellata: "Incantevole serata romana ieri a casa dell'ambasciatore Elbling. Grande successo, applausi unanimi al discorso che ha unito il lieto ricordo della caduta dei muri in Europa e quello, più aspro, dei migranti morti nel mare. C'erano anche l'onorevole della Lega Filippo Maturi e la bolzanina d'adozione Maria Elena Boschi, sorpresi in inaspettata intimità. Se son rose fioriranno".