Society | Politiche di sostegno alla famiglia

Trincanato e Gallo: gli asili nido non possono essere sostituiti da un assegno

Continua il botta e risposta tra comune di Bolzano e Provincia sull'aumento delle rette degli asili nido del capoluogo e sui negativi effetti della legge sulla famiglia.

Controreplica del comune di Bolzano alla Provincia che aveva risposto alle accuse del capoluogo in merito agli effetti negativi della nuova legge provinciale sulla famiglia. La Provincia aveva respinto le critiche ricordando che "il nuovo sistema tariffario per i servizi alla prima infanzia è frutto di un accordo tra provincia e consorzio dei comuni" ed affermando che "il ruolo degli asili nido pubblici non viene ridotto bensì sostenuto grazie a regole particolari". Per la Provincia l'aumento dell'assegno familiare garantirebbe "una maggior disponibilità finanziaria per le famiglie che utilizzano i servizi di assistenza".

La controreplica del Comune di Bolzano, firmata dagli assessori Patrizia Trincanato e Luigi Gallo, ribadisce di fatto le critiche ponendo una serie di interrogativi alla Provincia.  
In particolare gli assessori chiedono alla Provincia quale sia il senso di un aumento di 16 milioni di euro per quanto riguarda il budget destinato ai contributi a pioggia alle famiglie con reddito fino a 80 mila euro (!), quando poi i comuni sono costretti ad aumentare le tariffe a partire dal 1° gennaio 2014.
La sensazione è che la concertazione con il Consorzio dei comuni, alla quale fa riferimento la provincia, abbia coinvolto solo parzialmente il comune di Bolzano non tenendone in giusto conto le specifiche esigenze. 

Trincanato e Gallo rincarano la dose, ricordando che "per ottenere l'assegno familiare vige l'obbligo dei 5 anni di residenza" e chiedendosi se "vi è la consapevolezza che questa situazione comporta dei gravi problemi soprattutto a Bolzano" dove maggiore è l'incidenza dei bambini con background migratorio. 

Gli assessori del capoluogo denunciano anche il fatto che microstrutture e tagesmutter vengano messe dalla Provincia di fatto sullo stesso piano rispetto agli asili nido e alle scuole per l'infanzia, pur svolgendo compiti molto diversi soprattutto dal punto di vista educativo. 

A proposito di fondi il comune di Bolzano torna a ricordare che "da alcuni anni le spese di investimento per la costruzione dei nidi non vengono più finanziate dalla Provincia ma rimangono solo sulle spalle dei comuni, ed in particolare del comune che ancora ha bisogno di costruire nidi e cioè Bolzano". Gallo e Trincanato si chiedono polemicamente qual è il motivo di questa scelta.

Il comune di Bolzano torna anche a criticare con forza la decisione della Provincia di ammettere alle scuole per l'infanzia anche i bimbi di 2 anni e mezzo, ufficialmente presa per "venire incontro alle famiglie". Anche in questo caso le visioni di Provincia e comune di Bolzano differiscono nettamente. Trincanato e Gallo affermano senza mezzi termini che la scelta della Provincia è stata fatta unicamente per risparmiare, perché le materne costano molto meno dei nidi, ma che per "venire incontro alle famiglie sarebbe stato meglio (anche dal punto di vista educativo) ridurre le tariffe dei nidi nell'ultimo anno di frequenza".

Il comune di Bolzano critica ancora aspramente il tentativo (sventato) che la Provincia aveva fatto per cercare di introdurre nella legge sulla famiglia una soglia dei 6 mesi per l'iscrizione ai nido. Gli assessori Trincanato e Gallo si chiedono se vi fosse consapevolezza da parte della Provincia degli effetti che tale approccio avrebbe potuto avere sulla vita delle donne in termini di partecipazione al mercato del lavoro e di autonomia. 

In definitiva per il comune di Bolzano i contributi a pioggia alle famiglie sarebbero "uno specchietto per le allodole volto a portare forse a qualche consenso immediato, di corto respiro, per di più in un periodo preelettorale". Ma nel lungo periodo provocherebbero "una crisi dei servizi pubblici legata ad una privatizzazione strisciante". 

La presunta 'libertà di scelta' delle famiglie, insomma, si rivelerebbe un danno. E la trasformazione di preziosi servizi pedagogici in 'assistenza sociale monetizzabile' un errore politico.