Economy | Neoliberismo

Stato sociale da difendere

Da quando il neoliberismo è la dottrina economica dominante lo stato sociale è sotto tiro.
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Foto: Rassegna

A seconda degli interessi in campo è troppo costoso, disincentivante e alla lunga insostenibile economicamente. Le prestazioni vengono lentamente intaccate e le persone invitate a investire privatamente per coprire i rischi sociali. A questo punto va ricordato che lo Stato sociale è il frutto di lunghe lotte sindacali. Da tempo molte di queste conquiste sono messe in discussione. Basta pensare a tutte le riforme delle pensioni e alla strisciante riduzione delle prestazioni in caso di disoccupazione. Molte prestazioni sono poi legate allo status di lavoratore. Chi ha un'occupazione sicura e ben remunerata avrà una pensione dignitosa, chi fa il precario rimarrà precario anche dopo il pensionamento. Chi non ha mai lavorato non percepisce l'indennità di disoccupazione. Sono due esempi eclatanti di problematiche che con i cambiamenti del mondo del lavoro vanno affrontate. Il numero degli occupati e la qualità del lavoro sono perciò il perno attorno al quale gira il nostro Welfare.

Bisogno poi chiedersi cosa è lo stato sociale in concreto. Non è altro che una risposta ai grandi rischi della vita ai quali ognuno di noi va incontro. Malattie, mancanza di lavoro e vecchiaia - per citarne i più importanti - riguardano tutti. Esso dovrebbe garantirci dall'esclusione sociale e dalla povertà. Solitamente fornisce anche risposte in caso di altre necessità come la mancanza di una casa adeguata o per l'educazione dei bambini e dei giovani. Per questo è il patrimonio pubblico più importante. In Italia la spesa è sotto la media europea. Solo alcune Regioni, tra l'altro anche la nostra provincia, spendono un numero elevato di risorse, garantendo prestazioni migliori ai propri cittadini in aggiunta a quelli previsti dalle norme nazionali. Lo stato sociale in passato ha anche stabilizzato l'economia in caso di crisi. Dopo il crollo del 2008 è aumentata la spesa sociale per la crescita della disoccupazione, ma nel contempo i redditi privati non sono crollati con innegabili vantaggi sui consumi. Questo si potrebbe pure evincere dallo sviluppo della nostra economia altoatesina che è diventata tra le più floride in Europa forse anche grazie ad una buona copertura sociale.

Ora, dopo anni di austerity, si punta molto sulla ricerca del consenso elettorale, aumentando le opportunità di accesso al welfare, ad esempio sulle pensioni o introducendo prestazioni nuove come il reddito di cittadinanza. Una riforma della Fornero è da sempre un obiettivo del sindacato e la lotta alla povertà una necessità. Purtroppo a quanto si apprende a livello politico si discute piuttosto di misure di respiro corto invece di pensare a quello che sostiene lo stato sociale: il lavoro. La migliore prevenzione contro la povertà rimane l’occupazione. Ma il welfare non può solo fornire prestazioni materiali, ma deve anche cementare la coesione sociale e garantire l'equità tra le generazioni. L'esclusione e la strategia della paura oggi in voga non sono certamente ricette che portano lontano: al massimo provocheranno rabbia, invidia e una sorta di lotta tra poveri, che metteranno nel medio e lungo periodo in discussione la pace sociale e la solidarietà spaccando la nostra società.

Nessuno nega la necessità di verificare l'attuale sistema per garantire le prestazioni a chi ne ha veramente bisogno. A un sistema funzionale fa fatta ogni tanto una manutenzione, ma non per tagliare quanto conquistato con dure lotte. Il welfare non va sacrificato a cuor leggere perché patrimonio di tutti i cittadini. A questo è strettamente legata la necessaria riforma del sistema fiscale e la lotta all'evasione ed elusione sociale sono una priorità. Solo così sarà possibile ridurre il carico fiscale sui singoli cittadini e ridurre il costo del lavoro per recuperare competitività. La Flat tax non è certamente la risposta giusta perché iniqua e a favore dei redditi più elevati.

Anzi, anche una tassazione ad hoc per i patrimoni milionari va presa in considerazione per garantire investimenti pubblici in infrastrutture e lavoro. Questo non inciderebbe sui consumi, ma darebbe un po’ di ossigeno alla nostra economia e alla tenuta del welfare, che deve rimanere pubblico e universale. Spostare sul singolo la responsabilità di coprire certi rischi attraverso una copertura privata non potrà mai garantire l'universalità, ma favorirebbe chi ha maggiori risorse. Gli studi in merito evidenziano infine che se a un elevato carico contributivo corrisponde una buona copertura sociale la competitività del sistema economico di un paese non ha contraccolpi negativi e anche le indicazioni degli esperti internazionali vanno in questa direzione.