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Eternamente riproducibile Posenenske

La mostra alla Fondazione dalle Nogare propone per la prima volta in Italia una retrospettiva sulle opere dell’artista minimalista Charlotte Posenenske.
Charlotte Posenenske
Foto: Fondazione Dalle Nogare

“Le cose che faccio sono variabili, il più semplici possibile, ed eternamente riproducibili”. Così nel 1968 l’artista tedesca Charlotte Posenenske descrisse il suo lavoro di scultrice, che così poco ha da spartire con scalpelli, raspe e martelli.
Ora quelle cose variabili, e più semplici possibili, si trovano esposte nella prima mostra retrospettiva dell’artista in Italia, presso la Fondazione Antonio Dalle Nogare di Bolzano, dal titolo “From B to E and More”, curata da Vincenzo De Bellis.

 

 

Posenenske era nata nel 1930 da una famiglia di origini ebraiche e sopravvisse all’Olocausto grazie a degli amici di famiglia che la nascosero dai nazisti. Come molti artisti della sua generazione partì dal modernismo per sviluppare il suo linguaggio, muovendosi sempre più verso l’astrattismo e il minimalismo, fino ad approdare ad una forma di scultura seriale che utilizza materiali comuni, industriali per creare oggetti che possono essere infinitamente replicati a costi bassissimi.
I meccanismi della produzione industriale con tutto il portato di cambiamenti socioeconomici che ne consegue divennero un vero e proprio campo di prova per lo sviluppo di nuove poetiche, una nuova estetica e profonde riflessioni sul ruolo dell’arte per molti artisti dell’epoca. Ma è soprattutto in Charlotte Posenenske che questa riflessione prende la forma di una critica profonda alle gerarchie culturali e al mercato dell’arte.
La mostra alla Fondazione ripropone la produzione dell’artista per stimolare un nuovo confronto sulle dinamiche che governano le strutture economiche mondiali ed il sistema dell’arte contemporanea.

 

Salto.bz: Immagini di dover parlare con un visitatore totalmente profano e digiuno di storia dell’arte e dover spiegare chi sia Charlotte Posenenske e perché le sue opere si trovino in un museo. Cosa direbbe?

Vincenzo De Bellis: Charlotte Posenenske è un’artista tedesca molto importante perché ha trovato il modo di dimostrare che l'arte può essere democratica e può essere realizzata con materiali di utilizzo comune. Le sue opere si trovano nei musei proprio per questa ragione e perché allo stesso tempo sono strettamente in dialogo con artisti dello stesso periodo che da un lato realizzavano opere simili a livello di forme e colori ma dall’altra vi applicavano significati diametralmente opposti.

 

 

Posenenske fu piuttosto critica nei confronti del sistema dell’arte e questa mostra sembra voler riproporre una riflessione sul tema. Quali sono allora i nodi cruciali? Più sfacciatamente: cosa c’è che non va nel mercato dell’arte, ammesso che qualcosa non vada?

Il mercato dell’arte presenta una problematica macroscopica: è da sempre riservato ad un numero di persone molto molto limitato, diciamo soprattutto quella piccolissima percentuale di famiglie che detengono da sole il 43% della ricchezza personale a livello globale. Questi super ricchi pur essendo pochi sono pur sempre molti di più delle opere d’arte disponibili. Si tratta quindi di un mercato esclusivo e tutt’altro che democratico.
Fino a tanti anni fa questo circuito era riservato solo all’Europa Occidentale e USA. Adesso si è ampliato grazie a nuovi mercati – principalmente Russia, Asia Centrale, e Medio Oriente ma anche Sud America e Africa.
Questi mercati emergenti cercano di "recuperare" il tempo perduto e generano un secondo mercato, ovvero un mercato di opere già note che vengono rivendute e acquistate principalmente tramite le aste in maniera del tutto sproporzionata e a prezzi vertiginosi.

 

Il fatto che l’artista in mostra si sia progressivamente disinteressata alla definizione dei suoi lavori come “opere d’arte” – fino al punto da sospendere la sua attività con una certa sfiducia – non pone un grosso problema al lavoro del curatore? Soprattutto nel pensare ad una retrospettiva.

No, assolutamente no. Posenenske non ha ripudiato quel momento della sua vita. Se così fosse non sarebbe giusto neppure fare delle mostre. Ma invece sia lei, prima di morire, sia suo marito successivamente, hanno voluto che si raccontasse e che si continuasse ad esporre la sua opera secondo le sue volontà.
Queste mostre aiutano a dare giustizia alla sua arte.

 

Il boom dell’economia industriale spinse molti artisti a relazionarsi in modo del tutto nuovo e critico alla produzione, ai materiali ecc. Queste istanze sono un tema centrale ancora oggi per l’arte? Oppure sono completamente cambiate?

Diciamo che ora si guarda ad un altro aspetto dell’economia industriale, ovvero al depauperamento e lo sfruttamento delle risorse naturali e all’inquinamento ambientale e di questi temi in modo molto naturale si sono appropriati gli artisti delle nuove generazioni.