The search
Vorrei suggerire un film da andare a vedere in questi giorni: "The search", del regista francese Michel Hazanavicius (lo stesso di "The artist"). Siamo nel 1999, nel contesto della cosiddetta seconda guerra cecena. Un bambino di nove anni (Hadji) assiste dalla finestra al massacro dei suoi genitori, pensa di aver perso anche la sorella e quindi si carica in braccio il fratellino neonato per abbandonare il suo villaggio, nel frattempo devastato dalle truppe russe di occupazione. Raïssa, la sorella, però non è morta e, non trovando più in casa i fratelli, si mette sulle loro tracce. Ecco spiegato il titolo del film. Nel frattempo Hadji è costretto ad abbandonare il piccolo, non sapendo come accudirlo, giunge in una città in cui è situato un campo di accoglienza per orfani e qui conosce Carole, una ragazza che lavora per il dipartimento dei diritti umani dell'Unione europea. Molta parte della storia è dedicata al rapporto che si sviluppa tra Carole e Hadji. Rapporto reso difficilissimo dal trauma provato dal bambino (che si rifiuta di parlare) ma anche dall'atteggiamento iniziale della giovane donna, che esprime tutta la distanza delle istituzioni e della percezione europee dall'orrore che si sta consumando in quei luoghi. Altro protagonista del film il giovane soldato russo Kolia, arruolato per non finire in prigione (era stato sorpreso da una pattuglia di poliziotti con una minima quantità di Hashish), quindi socializzato in modo estremamente violento durante il suo addestramento nell'esercito russo.
Il film è un vero pugno nello stomaco, presentandoci in modo crudo e a mio avviso non sentimentale (anche se parte della critica l'ha giudicato addirittura una sorta di melò bellico...) una realtà di sconvolgente brutalità, e soprattutto ricordandoci che ogni conflitto moderno è in primo luogo un conflitto contro la società civile. Nessuno, vedendo il film, potrà infatti più riposare nell'ipocrita acquisizione secondo la quale la tecnologia di cui disponiamo rende l'uso della violenza mirata alla rapida risoluzione di problemi inerenti la geo-politica o altri complessi rapporti tra gli Stati (come quello prevalente: la lotta per il controllo di determinate risorse). La violenza non è mai mirata, ma si diffonde in modo incontrollato generando sempre altra violenza, e la risoluzione degli eventuali problemi si scarica poi quasi sempre solo sulla popolazione inerme. Da qui fenomeni come lo spostamento di ingenti quantità di profughi, una condizione che noi riusciamo a percepire soltanto dalla miserevole prospettiva di chi talvolta è costretto ad accoglierli senza mai capire lo stato di profonda necessità che sta alla base di tali spostamenti. Paradigmatico a questo proposito lo sfozo compiuto da Carole nel contesto istituzionale in cui opera: la sua relazione sulla situazione cecena avviene in un Parlamento europeo vergognosamente distratto, annoiato, quasi infastidito dal doversi confrontare con eventi di questo tipo.
Altra critica ingiustificata al film: troppo lungo. No, non è davvero lungo o mai troppo lungo un film che ci costringe a fare i conti con la nostra scarsa attenzione, imponendoci di guardare ciò che ci siamo sempre rifiutati di guardare, magari accontentandoci di formule semplificatorie o, peggio, di un palese travisamento degli accadimenti. Certo, la guerra cecena è solo un esempio tra i molti, ma proprio per questo potrebbe fornire l'occasione per mettere in questione il nostro atteggiamento generale, spronandoci a leggere di più, a conoscere di più, a valutare meglio, a richiamare le nostre istituzioni al loro "dovere" quando il mondo dolente ci chiama in causa (e mi pare che il film voglia fare proprio questo: chiamarci in causa). Se potete, andatelo a vedere.
Grazie per questo squarcio.
Grazie per questo squarcio. Credo che non andrò a vederlo. In questo periodo della mia vita non riesco a tollerare l'idea della violenza contro bambini così piccoli. Comunque per uno dei miei impegni sociali ho a che fare con profughi e veramente: non c'é fine all'orrore. Recentemente un mio assisitito mi ha racontato la sua epopea dalla Nigeria a Bolzano. Sua madre e sorella erano state uccise in un attacco di Bocu Haram... Quí a Bolzano vive per strada. Ma tant'é: quando le massime autorità operative dell'assessorato professano, che non dobbiamo trattarli (i profughi!) troppo bene, perchè altrimenti restano in Alto Adige...
Sarebbe bello che lo
Sarebbe bello che lo vedessero quei politichetti stile salvini che sui profughi stanno costruendo, a suon di disinformazione e sciacallaggio mediatico, delle fortune elettorali (ieri, per dire, ho sentito per caso la indigeribile meloni all'opera).