Stage | Salto Afternoon
„Duecento ore di musica ben eseguita“
Foto: Steve J. Sherman
Sono stati resi noti in questi giorni i nominativi dei 110 candidati, scelti tra i quasi seicento che hanno partecipato alla prima selezione del Concorso pianistico internazionale Busoni, che accedono così ora alla fase successiva.
Le ultime e più impegnative fasi del prestigioso concorso internazionale, fiore all'occhiello della città di Bolzano che lo ospita fin dal 1949, quando fu istituito, vedranno nel 2023 i finalisti esibirsi in presenza, nella storica sala del Conservatorio Claudio Monteverdi intitolata ad Arturo Benedetti Michelangeli, per aggiudicarsi l'ambito primo premio.
Ma la novità più grande di questa 64esima edizione del concorso è sicuramente la fase intermedia che attende i candidati selezionati.
Dal 7 al 16 novembre prossimo, il nuovo formato Glocal Piano Project, sperimentato per la prima volta in tempi di pandemia nel 2020, trasforma le tradizionali preselezioni in un vero e proprio festival pianistico internazionale e avveniristico, dove i candidati avranno la possibilità di esibirsi localmente per il pubblico dal vivo negli show room Steinway sparsi per il mondo, mentre la loro performance sarà trasmessa globalmente in streaming.
Di questa innovazione a dir poco rivoluzionaria, della propria esperienza di commissario nella prima fase eliminatoria del concorso Busoni appena conclusasi, del suo rapporto con la musica e di quello con la città di Bolzano e il Sudtirolo, dove è venuto a vivere un anno fa, ha parlato con Salto.bz il Maestro Carlo Grante, docente di pianoforte al Conservatorio Monteverdi e pianista noto a livello internazionale, conoscitore come pochi della musica di Ferruccio Busoni, a cui è dedicato il concorso.
Carlo Grante, formatosi a Roma, New York e Londra, vanta una vasta attività concertistica in tutto il mondo con un repertorio che spazia da Godowsky a Schumann e gli altri grandi esponenti romantici e indietro fino a Mozart e Scarlatti. E conta parallelamente una produzione discografica altrettanto importante con più di 60 cd editi finora, tra cui la prima incisione completa delle sonate di Domenico Scarlatti. Entro il 2024, per il centenario della morte, concluderà inoltre la registrazione delle opere pianistiche di Busoni.
Maestro Carlo Grante, come è stata la sua esperienza di commissario nelle prime selezioni per il concorso Busoni? E come avete svolto questo compito?
Carlo Grante: Innanzitutto sostengo la validità di queste selezioni che hanno permesso ai candidati di inviare un video della loro esecuzione, rispettando determinati criteri tra cui la telecamera fissa che ne garantiscono l'autenticità, scegliendo quella che più li rappresenta, in un'occasione così importante. Penso che questo abbia influito non solo sulla quantità delle iscrizioni, ben 590 quest'anno, ma abbia determinato l'altissimo livello delle prove pervenute. Eravamo tre giurati, il direttore artistico del festival Peter Paul Kainrath, la pianista Gülru Ensari ed io. Ognuno di noi ha lavorato in solitudine ed indipendenza di giudizio, ma con spirito collaborativo. Una bella esperienza di commissario di concorso. Ne avevo avute altre, ma mai prima nel segno del mio "magister in absentia" Ferruccio Busoni.
Deve essere stato impegnativo per voi, ascoltare pazientemente tante ore, circa 200 complessivamente, di registrazioni. Qual è stato il suo rituale?
Duecento ore da investire nell’ascolto di meravigliosa musica ben eseguita non costituiscono un impegno gravoso. Quando sono svolte in modalità analitica e valutativa richiedono, è vero, anche concentrazione, calma e silenzio circostante. Tramite vari dispositivi di alta qualità si può predisporre il tempo di ascolto in maniera elastica e razionale, ma mai frugale.
Ora i candidati selezionati dovranno affrontare in novembre la seconda fase del concorso, da cui uscirà la rosa dei finalisti della 64esima edizione, attesi a Bolzano nel 2023. Come si svolgeranno queste preselezioni?
Questa è la vera novità del concorso. La formula Glocal Piano Project è estremamente innovativa. Permette ai candidati di esibirsi localmente per il pubblico dal vivo, nelle sale predisposte sparse per il mondo, e contemporaneamente la loro esecuzione è fruibile in streaming a livello globale, su tutto il pianeta. Da qui il termine glocal. In pratica si tratta di un vero festival pianistico internazionale che sfrutta, finalmente a mio avviso, la tecnologia che abbiamo a disposizione. Io proporrei anche di chiamarlo "festival" più che un "project". Questo ha inciso anche sul nostro lavoro di scrematura. Kainrath infatti ci ha chiesto di selezionare i pianisti per un festival che è diverso dallo scegliere dei semplici candidati a un concorso. Di un partecipante ad un festival si valuta la personalità artistica a tutto tondo, non solo le qualità concorsuali; da qui la dicotomia concertisti/concorsisti, che il Glocal Piano Project riesce a far diventare un binomio. L'algoritmo dell'età, che solitamente assegna a un giovane candidato più valore nei concorsi, ma non corrisponde necessariamente all'evoluzione artistica della persona a lungo termine, qui perde rilievo.
Paradossalmente il genius loci, per noi musicisti che non dividiamo il mondo in confini geopolitici ed etnici, vive a volte lontano da dove è nato.
Ci sono altre iniziative del genere in altre manifestazioni analoghe?
Non mi pare, ma sicuramente verrà copiata. È un'idea geniale, con grandi potenzialità e ricadute positive per Bolzano e questa regione, grazie al Busoni che l'ha attuata per primo.
Veniamo a lei, che ha studiato e vissuto anche negli Stati Uniti e a Londra, oltre a esibirsi in tutto il mondo. Cosa l'ha portata a trasferirsi ora in Alto Adige?
Penso che l'input sia venuto da un richiamo estetico delle vostre montagne, della cura del paesaggio, che ho sperimentato quando mi sono esibito a Erl, nello straordinario auditorium di quella città, un'opera architettonica in perfetta simbiosi con la natura, in occasione dei Tiroler Festspiele. Poi Bolzano è la città del concorso dedicato a quello che io reputo un mio maestro, Ferruccio Busoni e a cui sto dedicando un importante lavoro discografico, con le sue opere pianistiche complete, che conto di portare a termine nel 2024, per il centenario della morte. Così ho chiesto di essere trasferito come docente al conservatorio Monteverdi e sono venuto ad abitare a Merano. Qui un anno fa ho preso anche la residenza e ora posso orgogliosamente chiamarmi cittadino di questi luoghi.
Quanto conta il genius loci nella musica e nell'arte?
Attenzione, se parliamo dell'arte italiana per esempio, mentre folcloristicamente si accentua di più l'estro, la genialità italiana, dobbiamo piuttosto ricondurla a un canone, che è fatto di equilibrio, di chiarezza, di proporzioni. Dove si manifesta questo canone, per me lì vive l'arte italiana, e questo può essere disgiunto dalla geografia, anche se le tracce del passato sono ovviamente più presenti in determinati luoghi. Per quanto riguarda la musica, certe scuole, legate in origine a un paese, mettiamo la scuola russa, vivono dove si trovano i docenti che la trasmettono, e non necessariamente a Mosca o San Pietroburgo. Gli USA, dove io ho perfezionato la mia formazione, sono stati in questo senso un calderone e crocevia di scuole e culture anche musicali, per tutti gli artisti che vi hanno preso dimora, molti sfuggendo a persecuzioni, e lì hanno insegnato. Sempre per quanto riguarda la mia persona, i miei successivi studi a Londra con Alice Kezeradze, depositaria di una severa e secolare scuola russa, sono stati fondamentali per il mio sviluppo artistico e pianistico.
Paradossalmente il genius loci, per noi musicisti che non dividiamo il mondo in confini geopolitici ed etnici, vive a volte lontano da dove è nato. Direi che il genius loci ha il diritto di farsi trasferire dove si sente più apprezzato e rispettato, come ora anche le audizioni per il Glocal Piano Project hanno confermato.
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