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Diritto all'oblio: cancellare il passato digitale

Il web è un gigantesco contenitore che si ingrandisce ogni giorno accumulando informazioni, fotografie, spicchi di vita. E se si volesse cancellare qualcosa? Non sempre è possibile.
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Foto: comieco

“C’è bisogno di un tasto Canc per Internet”. Queste parole non sono state pronunciate da un detrattore del web, bensì da uno che grazie al web vive. Si tratta di Eric Emerson Schmidt, presidente del C.D.A. del colosso Google.

Che anche una figura di spicco del web rilevi questo problema, rende sicuramente l'idea della portata della questione. Sostanzialmente si discute della cancellazione (o de-indicizzazione) di informazioni vecchie o personali che si vogliono eliminare dalla rete. Prendiamo ad esempio una persona che va in cerca di lavoro. Una delle pratiche diffuse durante i colloqui di lavoro è la ricerca del nome della persona nei motori di ricerca. A volte google e affini restituiscono informazioni poco lusinghiere o addirittura false, connesse al candidato. Stiamo parlando di vecchie foto compromettenti, blog dimenticati o addirittura post nei quali altri utenti parlano male della persona in questione.

Ma il diritto all'oblio va ben oltre l'imbarazzo individuale. Si tratta di una delle numerose declinazioni del diritto alla privacy e vale soprattutto per i siti d'informazione e le testate online. Una sentenza del 2012 ha determinato gli obblighi delle testate registrate.

Secondo una sentenza della Cassazione, la numero 5525 della Terza sezione civile, i siti di informazione devono correggere le notizie presenti nei loro archivi, anche quando sono vere. Correggerle nel senso di fornire il contesto e l’eventuale aggiornamento.

Il dibattito si sta facendo pressante, anche perché al momento non esiste ancora una legislazione univoca e chiara che permetta da un lato di difendere la privacy delle persone e dall'altro di non incappare nella censura. La Comunità Europea è impegnata in questi mesi nella redazione delle nuove norme in merito, tra le quali compare in maniera esplicita il diritto all'oblio, come annuncia il giornalista Fulvio Saranza sul Fatto Quotidiano.

Alcune Corti italiane avevano riconosciuto l’esistenza del diritto all’oblio in riferimento agli archivi giornalistici on line, mentre in altri casi i Tribunali avevano riconosciuto ad alcuni individui il diritto a non vedere accostati epiteti diffamatori al proprio nome. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, però, sembra voler dare uno stop a tali richieste, prendendo posizione sul caso di un privato che aveva richiesto al Garante della privacy spagnolo di ordinare la cancellazione delle informazioni pubblicate su di un giornale online.

Se la questione del diritto alla cancellazione di informazioni vecchie o errate è così importante, perché allora non è stato ancora fatto nulla? E' presto detto: anche il diritto all'oblio ha una seconda faccia. Il confine tra rispetto della vita privata e censura è davvero labile, come evidenzia un altro grande di Google, Peter Fleischer, capo della privacy in Europa per il colosso di Mountain View.

Sempre più spesso la privacy viene utilizzata per giustificare la censura. In un certo senso, la privacy dipende dal mantenimento delle cose private, in altre parole esse vengono nascoste, limitate o eliminate in un mondo in cui i contenuti sono sempre più online e in cui è sempre più facile reperire il contenuto e condividerlo con altri.

 

 

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Walter Donegà Thu, 08/08/2013 - 16:44

Interessante spunto di riflessione. Secondo me però va anche considerato il fatto che bisogna accettare il web per quello che è ovvero una enorme piazza virtuale. Questo commento che sto scrivendo ora rimarrà pubblico, verrà indicizzato dai motori di ricerca e rimarrà in formato digitale spalmato su chissà quanti server nel mondo. Bisogna accettare che qualsiasi cosa fatta sul web è di dominio pubblico. E' una regola non scritta ma anche ovvia.
Certamente ci sono casi e casi. Se per esempio io venissi ingiustamente accusato di qualcosa, finissi sui giornali e sul web con una certa accusa che poi si rivela falsa, nel web rimarrà l'accusa ma certamente non la smentita.
Dovrebbe però valere sempre il buon senso di capire che non tutto quello che si trova sul web è veritiero. Un esempio è Wikipedia assunta ormai a enciclopedia universale pur avendo però dei grossi limiti, specie nel campo storico sociale dove non esiste una verità ma diverse interpretaizoni della stessa.
Sul web bisogna imparare a essere meno ingenui sia nel leggere che nello scrivere. Un esempio è anche tutto il clamore che si crea con tutte le questioni di privacy di Facebook.
Ma dobbiamo imparare a vivere queste nuove vite online!

Thu, 08/08/2013 - 16:44 Permalink
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Sergio Sette Fri, 08/09/2013 - 16:08

Il principio é assolutamente non discutibile. MA, e il ma é davvero grosso, la sua implementazione concreta cozza brutalmente con quello che é Internet oggi. Proprio nel senso tecnico del termine. Al di là di quanto giustamente ricorda Donegà (ricordiamoci peró che molto spesso non siamo noi che scriviamo sui noi stessi ma altri...) oggi è davvero complesso pensare ad una Internet dove il diritto all'oblio è realizzabile. Ci vorrebbe tutta un'altra impostazione tecnologica che renderebbe la rete molto più bloccata e certamente meno efficace di quanto non sia oggi. Conciliare i due aspetti é una vera sfida: sarà interessante vedere quale sarà il punto d'equilibrio che (necessariamente) si verrà a creare

Fri, 08/09/2013 - 16:08 Permalink