Culture | Filosofia

Un'estate con Montaigne

Piccolo consiglio di lettura per diventare saggi in poche ore. Quando vi ricapita un'occasione del genere?

Mi riallaccio a una riflessione che ho lasciato in sospeso (mi viene bene, in questo stato di sospensione da "mezza estate"). Tra quelli che vanno in vacanza, quelli che ci andranno tra poco, senza contare quelli che una vacanza l'hanno già fatta e, perché ci sono anche loro, quelli che quest'estate lavoreranno, tra tutti questi che ho nominato, qualcuno avrebbe mica voglia di conoscere I Saggi di Montaigne? Non lo chiedo per fare lo snob: mi è capitato un piccolo libro tra le mani - l'ha scritto un certo Antoine Compagnon, s'intitola Un'estate con Montaigne  - e mi sembrava carino segnalarvelo. I motivi sono due: I Saggi di Montaigne sono una delle opere capitali della filosofia occidentale, e questo piccolo libro di Compagnon ne offre un agilissimo compendio, come dice il titolo, estivo.

Ovviamente non dirò nulla sul libro, né tantomeno su Montaigne (volevo solo pungolarvi un po'), mi piacerebbe tuttavia tornare a quella riflessione lasciata in sospeso perché niente, più di un libro su Montaigne, appare adatto per farlo. Dunque, poniamo che una persona decida di abbandonare ogni occupazione "pubblica", di lasciare il lavoro, di lasciare persino gli affetti più cari e, quindi, intenda trascorrere il suo tempo, o per meglio dire "il tempo che gli rimane da vivere", chiuso in una dimora di sua scelta, in compagnia dei libri che più ama, con l'unico scopo di occuparsi di se stesso, di coltivare il proprio animo e magari, ma non necessariamente, di stendere qualche nota intorno a tale disinvolta e poco vincolante attività introspettiva. Voi come lo giudichereste? Un privilegiato? Un inetto? Un fallito? Un inutile misantropo? Prima di farlo è forse opportuno sapere che ogni vostro giudizio non turberebbe l'imperturbabilità di quel tizio ipotetico e, anzi, ciò costituirebbe esattamente l'altro lato del suo singolare trionfo. 

Alle volte penso davvero che il "progresso", quel che noi chiamiamo "progresso", non sia che il nome di una guerra onnicomprensiva e di tutti contro tutti rivolta alla distruzione della stessa possibilità che un simile individuo possa, non dico effettivamente, ma addirittura pensare di darsi. I suoi nemici sono infatti ovunque, si levano da ogni luogo e ne minacciano l'esistenza (quella reale e quella virtuale, divenuta nel frattempo più reale di quella virtuale) cercando di rimetterlo a qualche compito di pubblica utilità, o anche di pubblica inutilità. L'importante è scovarlo, renderlo sempre reperibile, ed esporlo a un commercio dissanguante con l'esteriorità del mondo che lo circonda e, mentre lo circonda, lo invade e lo strazia e lo estingue. Fateci caso, visto che ognuno di voi è sicuramente vittima e carnefece nel modo e nel mondo appena descritto.

A questo punto non mi resta che chiudere citando l'ultimo brano di questo libro, che poi coincide anche con la fine de I Saggi di Montaigne, e distillare come si conviene l'unica lezione di saggezza possibile a noi esseri umani. Eccolo qui: "Saper godere del nostro essere così com'è è una perfezione assoluta, e quasi divina. Noi cerchiamo condizioni diverse perché non siamo capaci di fare buon uso della nostra, e usciamo fuori di noi perché non sopportiamo di vedere quel che c'è dentro. Se pure saliamo sui trampoli, dovremo comunque camminare con le nostre gambe. E anche sul più alto trono del mondo saremo sempre seduti sul nostro culo. A mio giudizio le più belle vite sono quelle che si conformano al modello comune e umano compostamente, senza mirabilia e senza stravaganze".  Insomma, come avrete capito, basta sfogliare qualche pagine di un simile autore ed ereditare una cospicua dote di saggezza. Spero non vogliate farvi sfuggire una simile occasione.